Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

mercoledì 9 settembre 2020

TRA LE PROVINCE DI VICENZA, TREVISO, BELLUNO E TRENTO in camper e bici

1° giorno (14/07/2013): Bassano del Grappa (VI) - Asolo (TV)
63 km, 700 metri di dislivello in mountain bike

Visto che tre week-end nel vicentino non erano bastati per scoprire tutte le bellezze di quei luoghi e che la mia sete di conoscenza non ha limiti, come mi ero ripromessa, ho organizzato un’intera settimana di vacanza, non solo nella provincia di Vicenza, ma anche in quelle limitrofe, che pure hanno molto da offrire. Per iniziare le nostre scorribande cicloturistiche, un posto valeva l’altro e così la scelta è caduta casualmente su Bassano del Grappa. Ci siamo arrivati ieri sera, attraverso la A4, uscita Vicenza Ovest, e la SS 11 per Verona, deviando, poi, sulla SP 248. Sempre per caso ci siamo imbattuti nei cartelli segnaletici  color marrone dell’Agricamp, sui  quali era disegnato un camper. Seguendoli passo, passo, ci hanno condotto alla Fattoria Sociale Conca d’Oro (Via Rivoltella Bassa n. 22, Bassano del Grappa (VI) - GPS: N45.786894, E11.729465 - tel.: 0424 512607 - tariffa: 15 euro, corrente ed acqua incluse, doccia calda: 2 euro, wc, scarico cassetta wc e servizi igienici, per lo scarico delle acque reflue e nere bisogna spostarsi al Park Gerosa), gestita da un gruppo che opera per l’inserimento lavorativo di giovani con ritardo mentale. 
Qui i ragazzi coltivano ortaggi ed ulivi biologici, oltre a produrre confetture che si possono acquistare al loro punto vendita. Bellissime le parole che il Sindaco ha dedicato loro e che ho scorto su una targa all’ingresso dell’edificio.
Il posto, gradevole e lontano dal traffico, dista soltanto 2,5 km dal centro storico di Bassano, che si può raggiungere, a piedi o in bici, attraverso una stradina di campagna. Il nostro proposito di farvi una scappatina veloce dopo cena è sfumato per l’arrivo di un temporale, graditissimo, per la verità, che ha rinfrescato un po’ l’aria della torrida giornata. Sarà una mia impressione, ma da queste parti c’è un’umidità esagerata, che rende il caldo ancor più opprimente.
Ora, dall’Agricamp, con le nostre mountain bike, ci avviamo verso il Brenta, per poi arrivare a Bassano. Non c’è segnaletica, ma, cercando di dirigerci sempre verso sud-ovest, raggiungiamo il fiume e, seguendo il suo corso, ci troviamo direttamente in centro città. Decidiamo di visitarla al ritorno e così proseguiamo il nostro giro. Meta odierna è Asolo e, perciò, andiamo alla ricerca di indicazioni stradali che ci conducano a destinazione. Marco parte sicuro verso sud, nonostante gli faccia notare che Asolo si trovi ad Est. Rotonda dopo rotonda, ci allontaniamo sempre più da Bassano. Non c’è uno straccio di cartello stradale e nessuno a cui chiedere informazioni, ma è chiaro che questa non è la direzione giusta. Percorriamo a ritroso alcuni chilometri, fino ad un autolavaggio, dove troviamo un ragazzo che ci illumina sul cammino da seguire. 
Ritorniamo in città, l’aggiriamo verso est, passiamo davanti alla stazione ferroviaria e, poco dopo, giriamo a destra sulla SP 248 per Mussolente. Per evitare questa via, più breve, ma piuttosto trafficata, per Asolo, alcuni chilometri dopo, al semaforo, svoltiamo a sinistra per Semonzo, senza però arrivarci. Dopo il cavalcavia, infatti, deviamo a destra e c’immettiamo su una stradina secondaria, che corre parallela alla catena montuosa che si estende alla nostra sinistra. E’ senz’altro il Massiccio del Monte Grappa. Qui l’ambiente è piacevole. Pedaliamo in mezzo a prati fioriti e all’ombra di piccoli boschi. Due rampe ripide, due discese ardite e, poi, giriamo a sinistra. Siamo a Mussolente, dove troviamo i cartelli di alcune piste ciclabili, distinte con nomi diversi, in base a ciò che si desidera visitare. Noi seguiamo la via dell’Architettura, perché i paesi che dovremo attraversare sono anche quelli che ci avvicinano di più alla nostra meta, che, per la verità, in linea retta dista soltanto 15 km da Bassano, ma noi, alla fine, ne faremo quasi il doppio. 
Ecco Sopracastello e, poi, Fonte Alto. All’incrocio con la statale giriamo a destra e, subito dopo, al bivio, a sinistra, verso  Asolo. Saliamo un paio di chilometri, passando davanti al lussuoso albergo di Villa Cipriani, con il giardino-belvedere adornato di statue e circondato da una balaustra di marmo bianco, finchè sbuchiamo nel centro storico dell’antico borgo, “uno dei più belli d’Italia”, c’informa una targa sul muro. Scendiamo verso la piazza, percorriamo una stretta via fiancheggiata da arcate e poi svoltiamo a sinistra. Poco oltre, sempre alla nostra sinistra, si stacca una stradina che, dopo due chilometri impervi e pendenze intorno al 20%, ci porta alla rocca e ad un punto panoramico. E’ quasi mezzogiorno e il sole picchia forte, ma qui è ventilato e c’è un po’ d’ombra. Ne approfittiamo per mettere qualcosa sotto i denti e per fare, io, quattro coccole ad un bellissimo cagnone. Abbandoniamo a malincuore la quiete di questo luogo, per rituffarci nel centro affollato di turisti. Ritorniamo al bivio per Fonte Alto, che ignoriamo, e procediamo dritto verso Castelcucco, Possagno e Crespano del Grappa. Non c’è in giro anima viva, ma percorrere questo stradone sotto il sole cocente è un inferno. 
Per alleviare l’arsura facciamo una sosta per gustarci un gelato, che consumiamo all’ombra di un piccolo parco, di fronte alla gelateria: un’oasi nel deserto. Poi, riprendiamo a pedalare verso Romano d’Ezzelino, concludendo il nostro piccolo anello a Bassano del Grappa. 
Un giretto nello splendido centro storico, qualche foto al famoso e antico Ponte degli Alpini, un altro gelato, perché no? E, poi, l’acqua del Brenta, che scorre, limpida, a pochi metri di distanza, ci tenta. E’ un invito a cui non possiamo resistere. Troviamo un posticino tranquillo, poco lontano dal centro, nei pressi di una chiesetta. 
Mentre osservo una famiglia di anatre sguazzare nell’acqua, mi accingo anch’io, con entusiasmo, a mettere le gambe in ammollo. 
Caspiterina, l’acqua è gelida come quella di un torrente di montagna! Non credo sia possibile farvi un bagno. Ci basta una rinfrescatina per avere un’illusione di benessere, che durerà quanto una bolla di sapone. Vabbè, sempre meglio di niente.


2° giorno (15/07/2013): Monte Grappa da Semonzo in bici da corsa
(anello di 61 km, 1700 metri di dislivello, di cui 1562 metri la sola salita al Monte Grappa, che è lunga 18,6 km)

Partiamo dall’Agricamp di Bassano del Grappa e, tenendo la sinistra, ci troviamo subito all’incrocio con la strada per Romano d’Ezzelino. Procediamo per 2 Km, fino a Semonzo, dove vediamo l’indicazione a sinistra per Cima Grappa. Ho pensato di scalare il Monte Grappa da questo versante, meno conosciuto, sia perché, pur essendo la salita più corta rispetto a quella di Romano, è più impegnativa, ma, soprattutto, perché mi auguro sia più tranquilla.
Il massiccio del Grappa è immenso e ben individuabile. Sorge tra il Brenta, ad ovest, e il Piave, ad est. Davanti, la pianura trevigiana e, alle spalle, quella feltrina. 
La strada sale subito a tornanti; ne contiamo 21 nei primi 9 km. Sono abbastanza distanti l’uno all’altro e soltanto i rettilinei si trovano all’ombra del bosco, mentre i tratti in curva sono esposti ai raggi del sole. La pendenza è regolare, senza strappi e si mantiene tra l’8 ed il 9%. Man mano saliamo, le pareti della montagna diventano sempre più verticali. Guardo in alto, alla mia sinistra, quegli alberi e quelle rocce che sfidano la forza di gravità. Mi chiedo come facciano a non staccarsi dal suolo che a fatica li trattiene. Alla mia destra, invece, uno strapiombo da vertigine. Passiamo sotto un arco scavato nella roccia. Poco più avanti, eccone un altro. Che posto meraviglioso! 
Tra il 21° ed il 22° tornante incontriamo un paio di chilometri pianeggianti, fino a Campo Croce. Da questa località la strada si restringe e s’impenna. Non c’è più respiro. Circa 8 km sempre tra il 12 e il 16%. Prati, pascoli e un caldo asfissiante, nonostante ci stiamo avvicinando ai 1800 metri di quota. 
All’improvviso ci troviamo immersi in un imprevisto e spesso strato di nuvole. Rabbrividisco, anche perché, per un breve tratto, la strada scende leggermente per poi impennarsi ancor di più. Il paesaggio circostante è celato dalla nebbia. Tutto è ovattato e silenzioso. Un’atmosfera surreale, da thriller. 
L’incrocio con la strada che sale da Romano d’Ezzelino o da Feltre pone fine alla nostra fatica. La pendenza ritorna più umana e ormai siamo quasi arrivati a Cima Grappa. Facciamo una visita all’ossario, dove sono sepolti 55.000 soldati italiani, oltre a 10.000 soldati austroungarici. Spengo il lettore MP3, per rispetto verso questi giovani che persero la vita “per riscattare la libertà e la dignità del nostro Paese”. Dopodiché andiamo a recuperare le bici, decidendo di affrontare la discesa, questa volta, verso Romano d'Ezzelino.
Sono circa 25  km, ma le pendenze non superano mai il 10%. Inoltre la salita (nel nostro caso, la discesa) è intervallata da un lungo falsopiano in contropendenza. E’ bello anche questo versante, ma, essendo quello più noto, è battuto da una moltitudine di ciclisti e motociclisti, nonché da auto e pullman, in particolar modo nei fine settimana. Oggi, invece, è lunedì e c’è poca gente in giro; è quasi tutto per noi. 
Ci godiamo in santa pace lo spettacolo:  le pinete, le mucche al pascolo, le pozze d’acqua dove vanno ad abbeverarsi gli animali, anche quelli selvatici, che vivono su questa montagna, i fiori multicolori che spuntano dalla pietre a bordo strada e, poi, più a valle, vasti panorami sulla pianura. Concludiamo il nostro anello nel centro storico di Bassano del Grappa. Punto come un segugio la gelateria di ieri per un mega cono ipercalorico. Sono monotona, lo so, ma il gelato non mi basta mai. 



3° giorno (16/07/2013): Marostica - grotta di Oliero - Valstagna (VI)

Una visita a Marostica è d’obbligo, visto che dista soltanto 6 km da Bassano del Grappa. Ad ovest del paese e vicino al centro storico, troviamo un ampio parcheggio, dove si può sostare gratuitamente anche con il camper, ma per non più di 72 ore. E’ pure provvisto di pozzetto e rubinetto per lo scarico ed il carico delle acque (Via delle Rimembranze, Marostica - GPS: N45.744110, E11.653050). 
La cittadina sorge ai piedi dell’Altopiano di Asiago ed è nota in tutto il mondo per la partita a scacchi che si svolge nella sua piazza, con personaggi viventi, nel secondo fine settimana di settembre e per questo viene anche soprannominata “la città degli scacchi”. 
Le antiche mura circondano e racchiudono un ampio territorio, che comprende un piccolo colle e la pianura sottostante, unendo così due castelli, quello superiore e quello inferiore. Nella cinta di pietra si aprono quattro porte d’accesso, ognuna delle quali è posta in corrispondenza di un punto cardinale. Il nucleo antico è piccolo, ma grazioso e due passi tra le sue strette vie medievali  si fanno volentieri. 
Ne approfittiamo per fare la spesa e, poi, partiamo, insinuandoci nella stretta valle del Brenta, quasi schiacciata tra il Monte Grappa da una parte e l’Altopiano di Asiago dall’altra. 
Dopo qualche chilometro di statale, ci spostiamo sulla sponda sinistra del fiume.
Lungo la strada ci fermiamo alla grotta di Oliero. La visita costa € 7,50 a persona. 
Dopo aver indossato caschetto e giubbetto salvagente, entriamo con un gruppo di 14 bambini, forse del CRE.  L’ingresso alla caverna, così come l’uscita, avviene attraverso una lunga fessura e per mezzo di una barca che le guide fanno scivolare sull’acqua di un laghetto, profondo 13 metri, grazie alle corde tese sulle pareti laterali e sul soffitto dell’oscuro antro. 
L’imbarcazione ha una capacità piuttosto ridotta, ma, stringendoci, riusciamo a starci tutti. 
Immobili come statue, per non sbilanciare il piccolo natante, attraversiamo la distesa d’acqua e attracchiamo ad un molo, dove veniamo abbandonati insieme alla guida. La barchetta, infatti, deve riportare all’entrata il gruppo che ci ha preceduti.
Non è una grande grotta, ma le spiegazioni del ragazzo che ci accompagna sono interessanti. La visita dura circa mezz’ora e, tutto sommato, è piacevole. C’è sempre qualcosa da imparare e da scoprire. 
Infatti, questa è una grotta-sorgente, dalla quale sgorga gran parte dell’acqua che penetra attraverso l’Altopiano di Asiago sovrastante; classico esempio di carsismo. 
E’ una delle sorgenti valchiusane più importanti d’Europa, versando circa 8 milioni di metri cubi d’acqua al giorno. Gli sbocchi, detti anche “covoli”, sono quattro, due dei quali secchi, mentre il principale è quello che stiamo visitando in questo momento. Nella grotta, dove la temperatura è di 9-12° C,  ci sono diverse stalattiti calcaree, di cui una lunga circa 14 metri.
Usciti sani e salvi dalla bella spelonca, ci avviamo con il camper all’area di sosta di Valstagna, poco distante e posta all’uscita del paese, dopo i campi di calcio, ad 1 km circa dal centro (Via Dalla Zuanna n. 21 - GPS: N45.866310, E11.663110). E’ gratuita e fornita di pozzetto nonchè di colonnette per la corrente. 
Per l’erogazione di quest’ultima, però, è necessario telefonare ad un incaricato. Noi ne facciamo a meno. Il pannello solare è più che sufficiente.
Siamo passati, nel giro di pochi chilometri, dal caldo torrido, umido e asfissiante di Bassano e Marostica, a quello più gradevole della Val Brenta. Il fiume, da cui prende il nome la valle, è percorso da gommoni, canoe e kayak. 
Sembra che i ragazzi a bordo di quelle piccole imbarcazioni si stiano divertendo un sacco. Qui, a Valstagna, uno dei pochi borghi allungati sulla sponda del fiume, c’è la scuola di canoa e si organizzano anche gare e manifestazioni sportive, come il Palio delle zattere, che si terrà a fine luglio.
Dalla piazza parte il sentiero per Calà del Sasso, formato da 4444 gradini. Sarà un’escursione che faremo nei prossimi giorni.

4° giorno (17/07/2013): in bici sull'altopiano di Asiago (VI)
(anello di 86 km e 1300 metri di dislivello in mountain bike)

All’altopiano dei Sette Comuni, forse più conosciuto con il nome di Altopiano di Asiago, vi si può accedere da diverse vie. Una di queste parte dalla piazza di Valstagna e giunge al comune di Foza, che si trova a 1.083 metri di quota.  E’ una bella strada a tornanti, che ci porta subito in alto, tra il verde e le montagne, nel silenzio assoluto. Come sempre, in questi casi, spengo il lettore MP3. Il silenzio, quando c’è, va ascoltato. 
Questi luoghi selvaggi, quasi dimenticati da Dio, sono una manna dal cielo per me. Quando decisi di venire a curiosare in queste zone, non immaginavo di trovare una natura così intatta. E' stata una piacevole scoperta.

In questo periodo, poi, i fiori a bordo strada sono cascate di colori che mettono allegria e il canto degli uccellini, che ci accompagna lungo il cammino, contribuisce a creare un’atmosfera serena, rilassante, che ci fa sentire in armonia con il mondo intero. Un toccasana per chi vuole liberarsi dallo stress. 
Oggi ho optato per la mountain bike. Dovremmo percorrere strade asfaltate, ma non si sa mai. Magari riusciamo a fare anche un po’ di sterrato. Intanto questa salita di 14,4 km e 939 metri di dislivello, pur non essendo particolarmente impegnativa, ha una buona pendenza e non molla proprio mai. 
A Foza continuiamo per Asiago. La strada corre in falsopiano per 14 km: la prima parte in leggera discesa, la seconda in lieve salita. 
All’Ufficio Turistico chiediamo delle mappe per escursioni in mountain bike. Ci dicono che non tutti i sentieri sono segnati. E allora chi si fida? Per percorrere 10 km rischiamo di farne 30. Asiago è un comune grosso e trafficato. Non è il caso di perdere troppo tempo qui. Ritorniamo, pertanto a Foza, passando davanti al sacrario. Marco vorrebbe rientrare dalla medesima strada percorsa all’andata. 
Gli propongo di fare un percorso ad anello, visto che è presto, così possiamo vedere un’altra parte dell’altopiano. Accetta, poco convinto. Della serie: fidarsi è bene … Chissà perché, poi? Alla fine non ci siamo mai trovati nei guai a causa mia, mi pare … o no? Perciò proseguiamo verso Enego, su dolci saliscendi, per 15 km. 
Paesaggi superbi anche qui. Pinete, prati, piccoli borghi e un lungo viadotto, là dove la montagna sembra spaccarsi in due. Da Enego, una discesa di una dozzina di chilometri e 19 tornanti, ci fa perdere oltre 500 metri di dislivello, depositandoci, così, nei pressi di Primolano, frazione di Cismon del Grappa. 
Poco dopo il ponte sul Brenta, ci infiliamo nella pista ciclabile della Valsugana, lunga ben 80 km e che collega Caldonazzo a Bassano del Grappa, dirigendoci verso sud. La stradina, asfaltata, si snoda per alcuni chilometri all’interno di una stretta gola. 
Alla nostra sinistra, il corso d’acqua, che qui non ha ancora le dimensioni che assumerà più a valle. Tra il fiume e la montagna, invece, corre la statale 47, strada infelicemente battuta da camion e TIR. Cerco di ignorarla e mi concentro su tutto il resto del paesaggio, che è splendido. Pedaliamo sempre in leggera discesa e in sede protetta. Man mano scendiamo, la valle si allarga e così pure gli argini del fiume. Ed eccoci, dopo 15 km, di nuovo a Valstagna, “paese delle zattere”, sani e salvi: c’era da dubitarne?

5° giorno (18/07/2013): antica Calà del Sasso (4444 gradini verso il cielo) da Valstagna (VI)

Innanzitutto bisogna dire che questa strada a gradini, affiancata da uno scivolo, sempre in pietra, è stata costruita, alla fine del XIV secolo, per consentire agli abitanti di Asiago di scaricare il legname a valle. I tronchi finivano la loro corsa nel Brenta e poi venivano trasportati dalla corrente verso il mare e Venezia, dove erano usati per costruire le navi della Serenissima.
Non solo è la scalinata più lunga d’Italia, ma anche del mondo, aperta al pubblico, oltre che una delle opere più fantastiche delle Alpi e quasi sconosciuta.
Dal centro di Valstagna partono due strade verso Calà del Sasso. La prima, a destra della piazzetta (dando le spalle all’edificio con il grande orologio e il leone di Venezia), sale con ampi gradini all’interno del paese. La seconda, a sinistra, è asfaltata e conduce anche a Foza e ad Asiago. Le due strade si congiungono all’uscita del paese e per raggiungere l’imbocco dello sterrato per Calà del Sasso si deve camminare ancora per circa 1,5-2 km. 
Nelle vicinanze ci sono due piccoli parcheggi. Noi abbiamo preferito lasciare il camper nell’area attrezzata.
Lo sterrato ci introduce nell’angusta Val Frenzéla e costeggia il letto asciutto di un torrente dove alcuni operai stanno estraendo la ghiaia con un escavatore. Camminiamo ancora per almeno 1 km e finalmente mettiamo il piede sul primo gradino. Bisogna fare molta attenzione, perché il rischio di inciampare è alto. Infatti i gradini sono composti da tante piccole pietre che sporgono dal sentiero. Basta poco per mettere il piede in fallo e procurarsi una distorsione. 
La scalinata è ripidissima; in alcuni tratti sfiora il 40% di pendenza (c’è un cartello che lo indica). Con questa inclinazione, i tronchi, all'epoca, saranno scivolati velocemente a valle e chissà con che trambusto! 
Tutto il tragitto si snoda all’interno 
di un bosco, umido e fresco. Per osservarlo, rallento. E’ bellissimo e con una varietà incredibile di piante e fiori. Sto bene e non sono nemmeno affaticata. Pur essendo il dislivello da affrontare notevole (744 metri metri su 7 km) i gradini sono bassi e permettono di salire con piccoli passettini che non fanno venire il fiatone. 
Non so quanto tempo impieghiamo complessivamente a percorrere questa scalinata, perché, Marco ed io, non indossiamo l’orologio e nemmeno abbiamo l’abitudine di controllare l’orario sul cellulare. 
Pare siano necessarie due ore per la sola andata. Due ore che volano, tra felci, muschi, ciclamini e farfalle, nella pace assoluta, interrotta soltanto dal cinguettio degli uccelli. Un piccolo eden, un posto unico in Europa che, se si fosse trovato in terra francese, sarebbe stato valorizzato e pubblicizzato ovunque. Avremmo trovato le indicazioni per raggiungerlo già a 50 km di distanza. Qui, invece, dopo aver ricevuto i soldi dalla Comunità Europea per rimettere in sesto questo luogo, è stato fatto molto poco. Sulla strada principale non abbiamo visto alcun cartello che lo pubblicizzasse e neppure alcuna segnaletica stradale, se non una volta giunti nel centro di Valstagna, che si trova su una strada secondaria. 
Chi non sa che esiste questo posto, tira dritto ed è un peccato. Il turismo, nel nostro Paese, è uno dei pochi settori che possiede ancora innumerevoli risorse da sfruttare. E allora perchè non valorizzare anche questi piccoli paradisi? Se consideriamo, poi, che a Valstagna scorre il Brenta, un fiume che si presta per il rafting in gommone o kayak, dove c’è una scuola di canoa e dove, da ben 28 anni, si disputa il Palio delle zattere, investire un po’ di soldi per promuovere e far conoscere questi luoghi ameni, attraversati, peraltro, dalla Ciclovia della Valsugana, penso sarebbe fruttuoso per tutti. 

6° giorno (19/07/2013): anello Col Perer e Cima di Campo da Arsiè (BL)
(km 53 - 1253 metri di dislivello)

Ieri sera abbiamo lasciato la bella area di sosta di Valstagna per trasferirci ad Arsiè, che si trova soltanto a 20 km di distanza, dall’altra parte del Brenta, sulla strada per Feltre. Il parcheggio, alle spalle del municipio, è stato l’ideale per la sosta notturna, essendo, tra l’altro, all’imbocco della salita al Col Perer, nostra meta odierna. Oggi nessun dubbio sulla scelta della bici: quella da corsa va benissimo, perché percorreremo soltanto strade asfaltate. Partiamo puntando subito le ruote verso l’alto. 9 km per arrivare al Col Perer (1.026 metri alt.), 19 km, invece, per raggiungere Cima di Campo (1.440 metri alt.). Una volta superate le frazioni di Mallame e Rivai, la strada diventa completamente deserta e tranquilla. 
Però non c’è un metro d’ombra e fa già un gran caldo. Superato il primo colle e attraversato un piccolo altopiano,  ci inoltriamo, con gran sollievo, in una fitta pineta. Siamo intorno ai 1000 metri di quota e circa a metà salita. Mancando i panorami, mi distraggo guardando i fiori a bordo strada. Sono tanti e bellissimi, di ogni colore: viola, bianchi, gialli, fucsia, azzurri ... un tappeto variopinto e di una bellezza unica, che solo la natura sa creare. Ed eccoci a Cima di Campo. Adesso lo sguardo può perdersi più lontano, almeno quel tanto che la foschia permette. 
Scendiamo dolcemente lungo il crinale della montagna fino ad un bivio, in prossimità di un ristorante, dove deviamo a destra per Arina. Percorriamo alcuni chilometri di saliscendi finchè inizia la discesa vera e propria. Si vede che il manto stradale è appena stato rinnovato: è liscio come un velluto e mi verrebbe voglia di mollare un po’ i freni. Non l’avessi mai pensato! Improvvisamente l’asfalto s’interrompe e ci troviamo davanti uno sterrato. Che fare? E chi ha voglia di tornare indietro? Sembra quasi una strada bianca. Beh, io ci provo … speriamo che due camere d’aria bastino in caso di foratura. 
Scendo con cautela, aguzzando la vista, nella ricerca della via migliore in cui far scorrere le ruote. Per fortuna, dopo circa 1 km e mezzo, ricompare l’asfalto. Neanche il tempo di ringalluzzirmi, che ritorna di nuovo lo sterrato e poi uno sterrato con un po’ d’asfalto, che via via prende il sopravvento sullo sterrato, per divenire, poi, definitivamente asfalto. Avvisare che la strada è a fondo misto evidentemente costava troppo. Qui il panorama è davvero grandioso, con le dolomiti sullo sfondo. Laggiù, invece, racchiusa tra i monti, la vallata feltrina. 
Adesso, però, mi devo concentrare su questa lunga, ripida discesa, dai tornanti infiniti e molto stretti. Per fortuna non c’è nessuno, così posso allargare a sinistra e chiudere bene a destra. Quando arrivo al fondovalle mi gira la testa, ma non mi sfugge, al bivio, la strada che sale al Passo Brocon. Che tentazione! Se fossi stata sola ci avrei fatto un pensierino. A dir la verità ci saremmo potuti arrivare anche da Cima Campo, ma, non sempre oso proporre, a chi mi accompagna, una trasgressione al percorso stabilito. Perciò, tirem innanz. Un tratto di risalita e poi sbuchiamo sula SR 50, detta anche del Rolle, ampia e trafficata.
Fine di un sogno: siamo ritornati alla civiltà. Poco più avanti, aggiriamo una galleria, percorrendo la vecchia strada che fiancheggia il torrente Cismon. Giunti ad una rotonda, prendiamo la prima via a destra per Frassenè, un percorso ciclabile segnalato da un cartello marrone. Costeggiamo, quindi, la sponda destra del Cismon, il quale, dopo essere entrato ed uscito dal Lago del Corlo, si getta nel Brenta. Noi, invece, nei pressi del lago, deviamo a destra, verso Arsiè, dove concludiamo anche oggi il nostro piccolo anello. Dopotutto siamo in vacanza e vogliamo concederci pure qualche ora di relax.
Decidiamo di spostarci al campeggio sul lago per trascorrere il resto della giornata in un luogo più gradevole (Lago Arsiè Camping Village, Via Campagna n. 14/I, Arsiè, BL, tel.: 0439 58540 - GPS: N 46° 0' 28".400 / E 11° 17' 2".800) . Il gestore ci informa che con la formula “camper stop” di 15 euro non possiamo rimanere più di una notte (dalle 17 alle 10). Inoltre ci avvisa che non possiamo neppure usufruire dei servizi del campeggio. Anche la voglia di pizza rimane insoddisfatta: quest’anno il ristorante-pizzeria è chiuso. 


7° ed ultimo giorno (20/07/2013): Passo del Brocon da Strigno (TN)
km 59 – 1493 metri di dislivello)

In mattinata, “leviamo le tende” da Arsiè per portarci, con il camper, a Strigno, in Valsugana. Il paesino dista soltanto 28 km, ma passiamo dal territorio veneto a quello trentino. Una delle differenze tra le due regioni, che qui salta subito all’occhio, è l’abbondanza di fontanelle. Avevo adocchiato su un sito web un anello interessante di 100 km e 2600 metri di dislivello da percorrere con una mountain bike per la presenza di molto sterrato. Un itinerario attorno a Cima d’Asta, che comprende due valichi: il Passo del Brocon (1616 m slm) e il Passo Cinque Croci (2016 m slm).
Al Passo del Brocon ci si può arrivare da diverse vie. Noi, a caso, scegliamo di salire da Strigno. Se avessi saputo, però, che l’ascesa effettuata dalla vicina Grigno era più spettacolare, adesso non mi rimarrebbe il rimpianto per un’occasione persa. Peccato che non mi sia informata meglio prima di partire. In ogni caso, a Pieve Tesino, le due strade si ricongiungono e, da quel punto in avanti, si aprono, comunque, bellissimi panorami sulla Valsugana e sulla Cima d’Asta. 
La salita è lunga 31 km, ma non impegnativa e adatta a qualsiasi cicloturista. Purtroppo è abbastanza trafficata e battuta soprattutto dai motociclisti, in quanto il Passo del Brocon collega la Valsugana con la Valle del Vanoi. Continuando, poi, si può raggiungere, da una parte, il Passo Rolle e le Pale di San Martino, mentre, dall’altra, Agordo e il Monte Civetta, nonché il Passo Duran, ecc. ecc. Non c’è ombra su tutta l’ascesa e le temperature anche oggi sono molto alte. A Pieve Tesino la strada scende per un paio di chilometri e poi riprende a salire tra prati fioriti e pinete, ma, essendo quest’ultime un po’ distanti, non possiamo beneficiare della loro ombra. Il bellissimo panorama sulla conca tesina e su Cima d’Asta aiuta, però, ad alleviare il senso di fastidio che l’afa procura. Raggiungiamo un alpeggio, nonché gli impianti di sci, e continuiamo dritto. Strano, ma vero, al Passo ci si arriva percorrendo un falsopiano in discesa di circa 3 km. 
Di certo non mi aspettavo una vista così spettacolare sulle dolomiti bellunesi, immense e maestose. Magnifiche! Sono proprio le Pale di San Martino, le riconosco, e ci danno il benvenuto al Passo del Brocon. Adesso, però, viene il bello, perché Marco sembra rendersi conto solo in questo momento di quello che ancora ci aspetta. A dir la verità nessuno di noi sa esattamente come proseguirà il giro. Io so soltanto che abbiamo davanti ancora circa 60 km, di cui gran parte sterrati, un altro passo con 1300 metri di dislivello, senz’altro un bel po’ di discesa e … ancora tante ore di luce. Mi chiedo perché Marco sia così riluttante. 
Sarà per mancanza di fiducia nelle mie capacità o, effettivamente, sto azzardando un po’ troppo? Non è la prima volta che succede. Se ogni volta gli avessi dato retta, avrei perso tante opportunità di scoprire posti  nuovi. Oggi, però, non riesco ad ignorare i suoi se ed i suoi ma. Forse sto invecchiando: un tempo avrei insistito. Non importa, torniamo indietro, va bene anche così. Poco prima che inizi la discesa, nei pressi degli impianti di risalita, adocchiamo una via a destra che scende verso la Val Mallene. Avevamo visto a Pieve Tesino la deviazione, ma non sapevamo che conducesse quassù. 
Ed è stato un peccato, perché questa stradina è tranquilla e si snoda, con tanti bei tornanti, all’ombra di una bella pineta. Non ci sono neppure i folli motociclisti che, sui tornanti, si divertono a toccare l’asfalto con la mano. Il silenzio è rotto soltanto dal gorgoglio dell'acqua del vicino torrente, che, nella sua corsa verso valle, forma tante piccole cascatelle.
La discesa è abbastanza ripida e arriviamo a Pieve Tesino prima del previsto. Giriamo a destra, risaliamo un paio di chilometri e, mentre stiamo per scendere verso Strigno, notiamo un cartello che indica una ippovia che porta sempre a Strigno. 
Se ci passano i cavalli, ci passiamo anche noi. Va bene, proviamo. Forse così riusciamo ad evitare il traffico della strada principale. E allora giù, per una decina di chilometri di sterrato non proprio facilissimo. Concentrazione al massimo per mantenere un minimo di stabilità sul pietrume e per evitare le insidie nascoste sotto il fogliame. Riesco ad arrivare a valle senza troppi danni, salvo la puntura di un tafano, che mi fa perdere l’equilibrio e abbracciare un cespuglio di rovi. Sicuramente la mountain bike è più divertente della bici da corsa, ma che fatica! Mi merito un gelato: va bene anche quello confezionato, in mancanza d’altro.
La nostra vacanza è ormai agli sgoccioli, ma, tutto sommato, sono contenta. In una settimana siamo riusciti ad esplorare un buon numero di luoghi a noi sconosciuti, sempre immersi in una natura rigogliosa e spesso incontaminata. Ci siamo riempiti gli occhi di splendide immagini e il cuore di belle sensazioni, che porteremo con noi, insieme a tante altre raccolte nel corso del tempo. Sarà  bello, ogni tanto, nelle fredde, grigie giornate invernali, rispolverare qualche vecchia fotografia per rivivere, con un sorriso e un pizzico di nostalgia, le stesse emozioni.



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lunedì 7 settembre 2020

ALTA PROVENZA (Francia, 2011) in camper e bici



 


30/07/2011: Bergamo - Colle della Maddalena - Jausiers (Francia)

Aspettavo con impazienza questa settimana di vacanza in bici e camper nell’Alta Provenza. Marco ed io, infatti, percorreremo qualche breve tratto della Route des Grandes Alpes, “il più affascinante itinerario montano per ciclisti e motociclisti”, che si snoda su 684 km e 17 passi, dal Lago di Lemano, nei pressi di Ginevra, a Menton.

E’ sabato e, attraverso il Colle della Maddalena, raggiungiamo Jausiers (1.213 metri di alt.), nella valle dell'Ubaye, in territorio francese, parcheggiando il camper nell’apposita area, gratuita, ma priva di corrente. Nei pressi, per il carico e lo scarico dell’acqua, c’è una colonnina che funziona soltanto con la carta di credito (GPS: 44.42411, 6.73925). Dopo cena ci rechiamo a piedi al villaggio. E’ veramente piccolo e tranquillo; lo visitiamo in poco tempo, ragion per cui ne approfittiamo per andare a nanna presto ed essere pronti l’indomani a scalare il leggendario Colle della Bonette, salita storica del Tour de France, di 23 km e 2802 metri di quota. 


31/07/2011: Col de la Bonette da Jausiers (2802 metri alt.)

(km 23 di salita – 1515 metri di dislivello – in bici da corsa io, in mountain bike, Marco)

Questo colle è situato all'interno del Parco Nazionale del Mercantour, al confine tra i dipartimenti di Alpes-Maritimes e Alpes de Haute Provence. Stamattina, dopo aver riempito gli zainetti con cibarie varie, agganciamo i pedali delle nostre bici ed imbocchiamo subito la “plus haute route d’Europe”, come indica il cartello stradale all’inizio della salita. Attraversiamo il ponte sul fiume Ubaye, mentre la strada comincia a salire dolcemente tra piccoli borghi e vecchie cascine. Da subito veniamo assaliti da un nugulo inviperito di mosche. Ci circondano dalla testa ai piedi e si depositano a grappoli sui nostri corpi. Che schifo: ho i guantini letteralmente ricoperti di mosche! Non c’è verso di allontanarle. Inutile agitare le mani per scacciarle: dopo qualche secondo le maledette ritornano disciplinatamente ai loro posti. Un vero tormento pedalare così! Marco sostiene che, una volta saliti di quota, le mosche ci abbandoneranno, ma passeranno ancora dieci chilometri prima di liberarcene. Per fortuna la pendenza all’inizio è blanda, intorno al 6-7%. 

Mi distraggo osservando ciò che mi sta intorno: i prati senza fiori, i cippi a bordo strada che indicano i chilometri percorsi, quelli rimanenti e la pendenza media del chilometro successivo. Beh, devo dire che la prima impressione non è entusiasmante: il paesaggio è abbastanza scialbo e desolato, per nulla paragonabile alla vivace bellezza dei passi dolomitici, ma ogni montagna ha un proprio fascino e unicità, come le persone, basta saperli cogliere. Tornante dopo tornante, saliamo di quota. Al settimo chilometro siamo già a 1700 metri di altitudine. E' tutto molto silenzioso; l'unico suono è quello dell'acqua che scorre nei torrenti. 

Superiamo una baita e, dopo un breve tratto in discesa, ritorniamo a salire, ma in modo più deciso. Infatti le pendenze adesso si innalzano all'8-9%, con punte al 12%. Il paesaggio diventa sempre più brullo, con pietre e massi disseminati sul pendio della montagna, mentre, a ricordarmi che stiamo pedalando ad una quota significativa, ci pensano i fischi delle marmotte. Il cielo si è annuvolato, l’aria è diventata più fresca. Qualche moto a farci compagnia, poche auto e alcuni ciclisti. A quota 2000 metri siamo circa a metà salita. Mancano ancora 11 km al Colle e 800 metri di dislivello. Un pianoro, un'altra baita ed altri tornanti. Risaliamo un costone roccioso ed ecco, al sedicesimo chilometro, un piccolo lago alimentato dai ruscelli che scorrono lungo i pendii della montagna. Dopo un chilometro pianeggiante, la strada si dirige con decisione verso sinistra.

Qui, iniziano gli ultimi chilometri più impegnativi al 10-11%. Superiamo alcune fortificazioni militari e, al ventesimo chilometro, ci troviamo nei pressi del Col de Restefond a 2.656 metri di quota. Siamo quasi vicini alla nostra meta e adesso l’ambiente circostante, nella sua selvaggia solitudine, è di una bellezza sconcertante. I due chilometri che ci separano dal colle sono facilmente pedalabili, vista la dolce pendenza. In breve valichiamo anche il colle geografico della Bonette (da non confondere con la vetta), a 2715 metri di quota e ci troviamo all’incrocio con la strada che conduce a Nizza, come indica il cartello segnaletico. Per raggiungere quota 2802, però, dobbiamo continuare dritto e aggirare la cima della Bonette, una piramide rocciosa dall’aspetto cupo, lungo la nuova strada che i francesi hanno tracciato in epoca recente, facendola così diventare la più alta d'Europa. E’ un tratto di circa un chilometro piuttosto ripido. Gli ultimi, aspri tornanti e anche questa è conquistata, con grande fatica, ma altrimenti che soddisfazione sarebbe? 

L’aria è gelida, ma non c’è alcun rifugio o costruzione dove ripararsi; solo una stele rocciosa con una targa nera che, oltre ad indicare la quota di 2802 metri, racconta la storia di questa strada, costruita, per volere di Napoleone, per collegare Nizza a Briançon attraverso i colli Bonette, Vars e Izoard. Dall’altra parte della carreggiata, un irto sentiero consente di raggiungere, dopo un'arrampicata di 10 minuti a piedi, un belvedere posto a 2860 metri di quota, dal quale si può godere di uno spettacolare panorama a 360° e dove una table d'orientation permette di individuare le alte vette che si stagliano all’orizzonte.

A questo punto non c'è altro da fare che ritornare a Jausiers attraverso la medesima strada. Mentre planiamo verso il fondovalle, con calma e ormai senza più il fardello della fatica, possiamo osservare meglio il paesaggio che, in discesa, offre scorci più ampi e lontani. E già penso alla salita che ci aspetta domani: il Colle della Cayolle. 





Col de la Bonette



01/08/2011: Jausiers - Barcelonnette

Ieri pomeriggio, al rientro dal Col de la Bonette, ci siamo trasferiti con il camper nell’area di sosta attrezzata di Barcelonnette (1.130 metri alt.), che dista 8,5 km da Jausiers (Aire de Camping-Car Jacques Villain Digue de la Gravette 21, Barcelonnette, GPS: N 44.38267, E 6.65705). Si trova dietro il campo di atletica, ad 1 km dal centro. Tariffa, agosto 2020: 10 euro, pagamento con carta di credito).


Col de la Cayolle da Barcelonnette (2326 metri alt.) 

(km 60 – 1193 metri dislivello – 27 km di salita - in bici da corsa)

Dopo la lunga ascesa di ieri, per non stancare eccessivamente le gambe, abbiamo pensato di scalare oggi il Colle della Cayolle, risalendo la valle parallela a quella dell'Ubaye. Una salita impegnativa solo per la lunghezza, 27 km dal bivio (30 km da Barcelonnette), ma gradevole, con pendenze modeste, tranne gli ultimi 9 km un po' più duretti, ma non troppo. 

Dopo l'abitato di Barcelonnette, percorrendo un falsopiano lungo la D902 e seguendo le indicazioni per la "Route des Grandes Halpes", raggiungiamo il bivio per il Col della Cayolle. La strada sale dolcemente sino ad Uvernet. Superiamo il ponte sul torrente ed entriamo nelle meravigliose gole del Bachelard, un affluente dell’Ubaye. Che spettacolo! Adoro pedalare nelle gole o gorges, come le chiamano qui, lungo questa strada stretta e tortuosa. Attraversiamo ponti e torrenti, spostandoci continuamente da una parte all'altra della vallata.

Le gole finiscono dove la valle comincia ad aprirsi. Dopo alcuni falsopiani, alternati a brevi strappetti, giungiamo al piccolo borgo di Saint Laurent: null'altro che un pugno di case ed un grazioso ristorantino. La strada si insinua, adesso, in una fresca pineta; oltrepassiamo una bella cascata e raggiungiamo la testa della valle, in località Bayasse. Attraversiamo di nuovo il torrente e affrontiamo alcuni tornanti, non particolarmente aspri, se non fosse per il forte vento contrario che aumenta la difficoltà. Altri ponti, altre cascate. ll panorama è molto vario e non annoia mai. Un cartello ci informa che siamo entrati nel Parco Naturale del Mercantour. Ecco l’immancabile marmottona cicciottella; quanto vorrei prenderla tra le braccia e accarezzarne il pelo morbido! Impresa impossibile, al minimo rumore, questi buffi roditori fuggono e spariscono nelle loro tane. Il paesaggio diventa via via più brullo e il vento soffia sempre più forte. Gli ultimi tre chilometri sembrano eterni. Comincio a soffrire. La strada disegna ampi tornanti; ecco anche l’ultimo cippo, mancano soltanto 600 metri al Colle. Che fatica! Finalmente scolliniamo. Una coppia di motociclisti si congratula con noi, il vento impetuoso ha reso la vita difficile pure a loro. In questo luogo desolato e spoglio non c'è alcuna possibilità di ristoro. Avevamo incontrato il rifugio Cayolle un chilometro prima di scollinare, ma qui non esiste nulla di nulla, oltre alla pietra miliare che indica l’arrivo al colle. Perciò facciamo subito dietro front e ci lanciamo nella lunga discesa verso Barcelonnette: vivace e colorato centro di giorno, di sera, una volta chiusi i negozietti e ritirati i tavolini dei bar, si trasforma in un paese fantasma. Per quanto ci riguarda, l’avventura continua e, visto che non c’è il due senza il tre, domani si va all'attacco del Col d’Allos, nella valle parallela a quella percorsa oggi.






02/08/2011: Col d’Allos da Barcelonnette (2250 metri alt.)

(km 40 – 1050 metri di dislivello – 19 km di salita - in bici da corsa)

Il Col d'Allos mette in comunicazione la valle dell'Ubaye, a nord, con l'Alta Valle del Verdon, a sud. Da inizio luglio a fine agosto, tutti i venerdì, dalle 8 alle 11, la D908 per il colle è riservata soltanto ai ciclisti, ma oggi è martedì, quindi dovremo condividerla anche con i mezzi motorizzati. Partiamo da Barcelonnette e seguiamo la medesima strada percorsa ieri, ma, al bivio, segnalato da una scultura raffigurante un’enorme bicicletta, deviamo a destra, lasciando a sinistra la strada per il Col de la Cayolle. Imbocchiamo la D908, evitando l’indicazione a destra per Praloup. Attraversiamo un ponte sul torrente e saliamo lungo il fianco della montagna esposto ad ovest. La strada si restringe e si snoda tortuosa, in mezzo al verde, con una pendenza costante. E’ una bella salita, non troppo impegnativa, ma neppure troppo dolce; insomma, di quelle che ti consentono di respirare e di godere il panorama, che è, a dir poco, entusiasmante, con scorci davvero incantevoli.

Il traffico, per fortuna, è scarso e gli automobilisti gentili. Qualcuno si sporge dal finestrino e grida un “Bonjour et bon courage!”, tipico e simpatico incoraggiamento rivolto ai ciclisti che scalano le montagne, strappandomi un sorriso. Pochi chilometri prima di scollinare superiamo una coppia che, con due bici robuste e appesantite da enormi borsoni, arranca lentamente e con evidente fatica sotto il sole cocente. Al colle c’è un bel rifugio, con tanto di tavoli e panche di legno all'esterno. E' una bellissima giornata, il cielo azzurro e terso. Nonostante i 2250 metri di quota, la temperatura è gradevole; così ce la prendiamo con comodo. Le gambe cominciano ad essere affaticate e reclamano un po’ di riposo: non sono abituata a pedalare tre giorni consecutivi e soprattutto ad affrontare ogni volta salite così lunghe. Perciò domani sarà una giornata esclusivamente di trasferta. Continueremo a percorrere la Route des Grands Alps, ma con il camper.




03/08/2011: Barcelonnette - Gorges du Verdon - Castellane, in camper 

Lasciata l’area camper di Barcelonnette, ci dirigiamo a sud sulla D900, costeggiando per un tratto la sponda del Lago di Serre Ponçon e, al bivio per Seyne, imbocchiamo la via alla nostra sinistra. Valichiamo facilmente il Col de Maure ed il Col du Labouret, continuando il nostro viaggio lungo una strada tranquilla, che si snoda tra sonnacchiosi, piccoli borghi rurali. Oggi ce la prendiamo con calma, abbiamo bisogno di recuperare le fatiche dei giorni precedenti ed è bello godersi il panorama che scorre lento attraverso i finestrini del camper, fare qualche sosta per assaggiare le golosità culinarie della regione e scambiare due chiacchiere con i nonnini del posto. Giunti a Digne-les-Bains, dopo 85 km, però, finiamo dritti e senza volerlo su una veloce superstrada, che ci scodellerà, 53 km più a sud, nella pittoresca cittadina di Castellane, dominata da un'alta falesia di 200 metri, sulla cui sommità si erge un campanile. E' tardo pomeriggio ed il parcheggio riservato ai camper è completo (Aire Municipale Ancienne Route de Grasse, Castellane - GPS: N 43.84641, E 6.51484 - Tariffa: 9 euro, max 48 ore) Perciò andiamo alla ricerca di un posto per passare la notte in uno dei tanti campeggi disseminati sulla strada delle famose Gorges du Verdon, che è senz'altro spettacolare, visto che costeggia le gole più grandi d'Europa, seconde al mondo soltanto dopo il Gran Canyon statunitense, ma terribilmente trafficata in questo periodo dell’anno. Avendola già percorsa nel 2006, so che mi procurerà un mix di vertigine, euforia e palpitazioni: la strada è stretta, scavata nella roccia e ci vuole un’attenzione particolare per evitare le sporgenze laterali. L’incrocio con altri camper, poi, è da brivido e, comunque, tutti i campeggi sono al completo, pure quello più remoto di La Palud, dove finalmente riusciamo a fare manovra ed invertire la rotta di marcia. Peccato, mi sarebbe piaciuto l’indomani fare il periplo completo delle gole in bici (103 km, compresa la magnifica Route des Crêtes, e 2450 metri di dislivello), ma il traffico esagerato renderebbe la cosa troppo stressante e pericolosa. E’ un giro che, effettuato in un periodo di bassa stagione, sarebbe un’esperienza unica e fantastica, ne sono certa. Adesso, invece, l'imperativo categorico è quello di allontanarci subito da questa confusione. Visto che in tutta l'area delle gole vige il divieto di campeggio libero o di sosta per camper, una volta ritornati a Castellane, ci reimmettiamo sulla N85 per Digne-Les-Bains e, dopo 300 metri, alla nostra sinistra, troviamo un ampio spiazzo nei pressi del Museo della Resistenza, dove poter trascorrere la notte.




04/08/2011: Castellane - Gorges du Daluis - Entrevaux - Touët sur Var

Ritorniamo verso Castellane ed imbocchiamo la D955, seguendo le indicazioni per il Col d'Allos (versante opposto a quello da noi percorso in precedenza). Nei successivi 13 km costeggiamo il lago artificiale di Castillon, con la sua diga ad arco, pervenendo, quindi, al bivio con il Colle, che lasciamo, però, alla nostra sinistra per seguire la N202 in direzione di Entrevaux.



 



Dopo circa una ventina di chilometri, poco prima del villaggio, svoltiamo a sinistra e prendiamo la D902 che conduce alle Gorges du Daluis, per fortuna sufficientemente ampia e tranquilla. Man mano che saliamo di quota, il paesaggio cambia. Che meraviglia il contrasto tra il verde brillante della vegetazione ed il rosso vinaccio delle rocce! Questo luogo è chiamato il “Colorado” delle Alpi ed è un vero spettacolo: gole profondissime sono state scavate nei millenni dalle acque del Var, lungo la sua corsa verso il Mediterraneo. 

La strada, all'andata, aggira in un unico senso di marcia le numerose, piccole gallerie, essendo, queste ultime, percorribili soltanto nel senso inverso (col camper, al ritorno, passeremo a filo). Superiamo il Point Sublime e la Clue d'Amen, con due splendidi belvedere. Un ambiente particolarmente suggestivo, che termina quando la strada scende in corrispondenza del corso d'acqua. La valle, allora, si allarga, i colori tornano quelli di sempre e, dopo 20 km, giungiamo a Guillaumes, dove, tra l'altro, c'è un'area camper gratuita dietro la stazione dei vigili del fuoco, sulla riva del fiume (GPS: N44.087770, E006.852850 - € 2 gettone per servizi presso bar-tabacchi). Da qui, risalendo una bella strada a tornanti per circa 13 km, arriviamo alla stazione sciistica di Valberg. 

La nostra intenzione sarebbe quella di fare il circuito intero delle gole con il camper e, quindi, dopo aver raggiunto Beuil, scendere lungo le Gorges del Cians, affluente del Var, per ritornare, infine, di nuovo ad Entrevaux, completando un anello di 83 km. Purtroppo, all'uscita dell'abitato di Valberg, un cartello vieta il passaggio ai mezzi di larghezza superiore ai 2,5 metri e di altezza superiore ai 3,10 metri. Accipicchia, che peccato! E vabbè, non c'è niente da fare, bisogna proprio ritornare indietro. Certo che, a saperlo prima, non ci saremmo avventurati fino ai 1700 metri di quota di Valberg per niente. Dietro front! Ripercorriamo i 13 km in discesa fino a Guillaumes e risaliamo all'apice delle gole, scomparendo, poi, all'interno degli striminziti tunnel per riuscirne, ogni volta, dopo pochi secondi, con un gran sospiro.

Ritornati all'incrocio con la D202, svoltiamo a sinistra e scendiamo a Entrevaux, circondato da un'ansa del Var e dalle montagne provenzali. 

Parcheggiato il camper nei pressi della piccola stazione ferroviaria, dove transita il Pignes (storico trenino a vapore che collega Nizza a Digne-les-Bains, attraversando paesaggi pittoreschi tra le anse dei fiumi, campi di lavanda, strette gole, decine di ponti, viadotti e gallerie), andiamo alla scoperta di questo piccolo borgo medievale. 

Dopo aver superato il ponte sul fiume e l'impressionante ponte levatoio, attraverso la Porta Reale, accediamo alla città storica.

Ci incamminiamo, quindi, lungo una stradina che conduce alla cittadella, costruita su un abbagliante sperone roccioso a strapiombo sui tetti del borgo, arrampicandoci, poi, su per una ripida rampa fortificata che sale a zig zag. Stupendi gli scorci che si intravedono attraverso le feritoie aperte nella muraglia.

Alla fortezza ci arrivo con la lingua per terra, ma la fatica è ben ripagata dall'incredibile panorama sulla valle del Var, che si gode da quassù. 

Visitiamo le varie stanze, le celle, le prigioni sotterranee, buie ed inquietanti, percorrendo su e giù gli angusti cammini.

Poi, scendiamo di nuovo al villaggio. Un susseguirsi di stradine tortuose e pittoresche, fiancheggiate da antiche, alte abitazioni, che non lasciano filtrare la luce del sole. Botteghe, fontane, una cattedrale, un curioso museo della moto, di proprietà di un gentilissimo italiano, che si può visitare gratuitamente o lasciando un obolo a piacere.

Ritornati al camper, decidiamo di spostarci a Touët sur Var, altro piccolo, singolare villaggio medievale, le cui case, alte e strette, le une contro le altre, letteralmente incollate ad una falesia verticale, ricordano un po' la particolare architettura dei villaggi tibetani. 

Troviamo un posto per la sosta notturna nel parcheggio della tranquilla stazioncina e da qui, domani, potremo risalire, in bici questa volta, le gole del Cians.














05/08/2011: Touët sur Var - Gorges du Cians, in bici

Le mattine d'estate, in Alta Provenza, sono fresche e luminose. Anche oggi il cielo è limpido e azzurro, il sole splendente e, tra poche ore, batterà implacabile sulle nostre teste. Adesso, però, percorrendo in bici la strada che corre in fondo al canyon delle Gole inferiori del Cians, tra altissime pareti di roccia levigata, che non lasciano trapelare nemmeno un piccolo raggio, ho i brividi e la pelle d'oca.

Procediamo su tratti di dolce pendenza, che si alternano a falsopiani. Giunti in località Moulin de Rigaud, continuiamo facilmente fino a Pra d'Astier e all'incrocio con la strada per Pierlas. Pedaliamo lungo la falesia che sovrasta il piccolo borgo, mentre la salita s'inasprisce sempre più, finchè arriviamo alle Gole superiori del Cians. La carreggiata ora è stretta e ripida, ma la vista spettacolare. Pur riproponendo i medesimi colori delle Gorges du Daluis, tuttavia questo ambiente offre vedute diverse. 

Raggiungiamo l'ingresso della Petite Clue, l'incredibile forra che la nuova strada evita con una moderna galleria, ed imbocchiamo il vecchio percorso accessibile soltanto ai ciclisti ed ai pedoni. L’angusto passaggio, scavato nella roccia rossa, consente una visione magica della gola. La luce, in alcuni punti, fa fatica a penetrare attraverso la profonda e stretta fenditura. Sono istanti unici, di grande emozione, che mi godo lentamente, cercando di rimandare il più a lungo possibile l’uscita da questo luogo magnifico. 

A malincuore mi reimmetto sulla nuova strada, che continua a salire con accentuata pendenza fino all'imbocco della Grande Clue, a quota 1067 metri. Anche qui, una moderna galleria consente ai veicoli di aggirare la gola, difficile da percorrere pure in bici. Infatti il fondo stradale, in alcuni tratti, è abbastanza sconnesso e ricoperto da un tappeto di frammenti di pietra rossa.

La gola è superba: le opposte pareti quasi si congiungono sopra il torrente e la roccia scarlatta crea forti contrasti con il verde smeraldo della vegetazione, l'azzurro del cielo ed il bianco spumeggiante dell’acqua del torrente.

Riprendiamo la strada principale, adesso ampia e a due corsie, che prosegue in modo deciso. La valle si allarga e, piano piano, l'ambiente circostante cambia, ritrovandoci in una grande vallata alpestre. Affrontiamo alcuni impegnativi tornanti e, dopo 22 km, giungiamo ai 1450 metri di quota dell'antico, arroccato borgo di Beuil.

Ignoriamo il bivio per Valberg ed entriamo nell'abitato. Una sosta nella piazzetta della chiesa per dissetarci con la freschissima acqua della fontanella e, poi, riprendiamo la via del ritorno, tutta in discesa e per lo più deserta. Del resto è mezzogiorno e i buoni cristiani, a quest'ora, sono già con le gambe sotto il tavolo. Noi, invece, consumiamo i nostri panini seduti su grandi massi rossi nei pressi di una bella cascata, con i piedi in ammollo nell'acqua gelida, rompendo le scatole ai poveri gamberetti provenzali.







06/08/2011: Touet-sur-Var - La Bollène-Vesubie - Col de Turini 

Per chi cerca le emozioni forti, i paesaggi selvaggi e l’avventura, per chi ama la pace ed il silenzio dei piccoli borghi antichi, per chi si commuove davanti alla semplice bellezza della natura, l'Alta Provenza e le Alpi Marittime sono quanto di meglio si possa trovare. No, non sono pagata dall’Ente Turismo francese per fare propaganda al loro territorio; il mio entusiasmo è genuino e nasce dall’amore che nutro per quei luoghi naturali rimasti intatti nel corso del tempo o ben conservati e valorizzati dall'uomo. E questa regione ne è ricca. Davvero un peccato che, quello odierno, sia, per noi, il penultimo giorno di ferie.

Lasciata Touet-sur-Var, seguiamo la D6202 in direzione Nizza. La strada e la ferrovia a scartamento ridotto della linea Nizza-Digne costeggiano il Var per tutta la sua lunghezza, quasi identificandosi con le sue anse e i suoi meandri; attraversano le strette gole del Défilé du Chaudan e si infilano all'interno di numerose gallerie. Percorsi 24 km, arriviamo a Plan du Var e all'incrocio con la strada delle Gorges du Vesubie, affluente del Var, che scende tumultuoso in una valle chiusa da gole profonde, cupe e inquietanti. Imbocchiamo, quindi, la D2565 che s'insinua tra passaggi strettissimi ed alte pareti verticali per circa 20 km, fino a Lantosque, dove la valle si apre e s'illumina di luce e di colori. Ancora un paio di chilometri e, dopo aver deviato sulla D70 alla nostra destra, abbandoniamo il fondovalle, per salire in modo deciso verso La Bollène-Vesubie. La strada è piuttosto stretta, entra nel bosco e s'inerpica tortuosamente per 12 km fino al Col de Turini. Incredibile! Siamo a meno di 50 km da Nizza eppure lo scenario è quello tipico dell'alta montagna, con boschi, pinete e cime che superano i 3.000 metri.

E' ormai sera quando arriviamo al colle e l'idea di passare la notte qui è allettante. Domani mattina, con calma, scenderemo a Sospel. Infatti vorrei scalare in bici il versante occidentale del Col de Turini, che m’incuriosisce parecchio.  


07/08/2011: Sospel - Col de Turini, in bici + Saorge - Colle di Tenda e Italia in camper

(25 km di salita - 1244 metri di dislivello)

Detto fatto. Il giorno seguente, parcheggiato il camper nel campeggio municipale (pagato 12 euro presso il vicino Ufficio di Turismo) di Sospel, situato accanto all'area di sosta per camper, la quale è chiusa a luglio ed agosto (Aire de Camping-Car - D2566, SospelGPS: N 43.87861, E 7.44306 - Tariffa: Euro 5 - dietro un palazzetto dello sport), scarichiamo le bici e partiamo alla conquista dell'ultimo colle. 

Meravigliosi i tornanti, il verde della vegetazione, il torrente che scorre in basso, alla nostra destra, il canto degli uccellini e la pace che si respira qui. Ambiente ideale per costruirvi un santuario in posizione ardita e panoramica, superato il quale raggiungiamo, dopo pochi chilometri, il borgo silenzioso di Moulinet. Salita lunga e dolcissima, con pendenza costante. Altri tornanti ed entriamo in una fitta foresta di abeti. Il tempo si è un po’ guastato e, proprio nel momento in cui scolliniamo, dopo 25 km, inizia a piovigginare, ma sono soltanto quattro gocce d’acqua che non bagnano neppure l’asfalto.  

Comunque, qui non c'è nulla di particolare da fare o da vedere, a parte un bel micione dal pelo fulvo che se la dorme della grossa,  acciambellato su un vecchio sidecar, completamente indifferente alla gente che gli gira attorno. 

Ritorniamo a Sospel, facciamo due passi tra i bei vicoletti del villaggio e troviamo una piccola gelateria. La commessa non ha fretta di servirci: è assorta in tutt’altre faccende e, anche quando si avvicina al banco, si perde con lo sguardo oltre le nostre teste e quelle di coloro che stanno in coda dietro di noi. Divertente … e noi ci adattiamo volentieri ai tempi e ai modi della gente del posto. Finalmente gli occhi della dolce fanciulla si posano anche sui nostri visi in trepida attesa e, poco dopo, l'impellente voglia di gelato viene soddisfatta. 






Purtroppo per noi, invece, il tempo scorre inesorabile come il fiume verso il mare e la nostra vacanza sta per giungere alla sua conclusione. Caricate le bici sul camper, rinfrescati e ritemprati da una corroborante doccia, salutiamo Sospel e ci avviamo verso casa. Valichiamo il Col du Perus e il Col de Brouis, ci immettiamo sulla E74 nei pressi di Breil sur Roja e, dopo 22 km, siamo ai piedi dell'antico borgo medievale di Saorge. Non possiamo esimerci dal fare una sosta per visitare questo piccolo gioiello disposto ad anfiteatro e abbarbicato sopra le gole del fiume Roya. Lasciamo il camper nei pressi della stazione ferroviaria di Fontan e saliamo a piedi fino al villaggio: cercare un parcheggio e fare manovre con il bestione potrebbe rivelarsi un'impresa ardua e complicata. Vale la pena fare una passeggiata di due chilometri e mezzo lungo la strada che sale sulla montagnola, ricoperta dalla profumata e fiorita vegetazione mediterranea. Saorge è un incanto: case del XV° secolo che raggiungono anche i dieci piani, vicoli stretti, lavatoi, ponticelli che collegano le case, una piazza sulla quale prospetta la cattedrale barocca e caratteristici palazzi con portici in pietra, le cui facciate sono dipinte di giallo e rosso alla maniera ligure. Proseguendo oltre il paese, tra ulivi e castagni, giungiamo ad un belvedere naturale dove sorge un antico monastero in posizione panoramica sulla Val Roya. Strano che un posto così suggestivo, in piena estate, non sia invaso dalle solite orde di turisti. Eppure siamo soltanto a 42 chilometri da Menton e dalla Costa Azzurra. Beh, meglio così, almeno siamo riusciti a cogliere con calma tutta la sua bellezza. Ma adesso è giunta l’ora di riprendere la via di casa. Ritorniamo con un po’ di malinconia al camper e ci avviamo verso il Col di Tenda. Qualche minuto di attesa all’ingresso del traforo (gratuito) e, dopo 8 km, siamo in Italia. Si ritorna alla quotidianità e all'afa estiva del paese in cui vivo; so già che rimpiangerò gli splendidi giorni appena trascorsi. E, mentre la strada scorre veloce davanti a me, ripenso alle belle emozioni provate in questa fantastica avventura. Ogni viaggio, breve o lungo che sia, porta in sé qualcosa di nuovo e di speciale, che ci apparterrà per sempre.