Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

martedì 19 giugno 2012

10/06/2012: GARDA - MONTE BALDO – S. ZENO DI MONTAGNA – PRADA (103 Km – 2611 metri di dislivello in bici da corsa)


In previsione della Gf Giordana che si correrà tra due settimane all’Aprica, avevo necessità di accumulare un po’ di dislivello. 152 km e 3.400 metri di disl., per il percorso medio, non sono uno scherzo e non si possono improvvisare, soprattutto se si parla di Gavia e Mortirolo, due mostri famelici, pronti a sbranarti se non li affronti con la dovuta preparazione. Purtroppo il susseguirsi delle gare, da marzo ad oggi, mi avevano impedito di allenarmi su lunghe distanze e grandi dislivelli, salvo un bel giro, effettuato in una domenica libera da impegni agonistici, nel mese di maggio, di 150 km e 3000 metri di disl. sui vicini monti di casa. Siccome le previsioni per questo fine settimana davano tempo perturbato, con possibili piogge, nella zona in cui vivo, c’era il rischio di mandare all’aria una delle poche possibilità ancora rimaste per un buon allenamento e la cosa mi rugava un po’. Così, data una sbirciatina al meteo del nord-Italia e verificato che, a sud e ad est della Lombardia, il tempo era migliore, dopo aver escluso le aree colpite dal sisma, sabato sera convinco Marco a trasferirci con il camper sul Lago di Garda. La scelta iniziale cade su Torri del Benaco, dove, nel dicembre scorso, si poteva lasciare liberamente il mezzo, sia nelle ore diurne che notturne, nel parcheggio antistante il castello scaligero. Oggi, con occhi sgranati per lo stupore, leggiamo la tariffa giornaliera sul parkimetro: 50 euro!!! Follia pura! 
Costeggiando il lago alla ricerca di un’area di sosta alternativa, troviamo, per fortuna, un parcheggio per camper a Garda  (GPS: N45.576420, E010.576420), a 800 metri dal centro, per soli 12 euro, fornito pure di rubinetto e pozzetto per il carico e lo scarico dell’acqua (la corrente si paga a parte, se ci si vuole allacciare). Il mattino seguente il sole splende nel cielo limpido e azzurro. Il temporale notturno ha rinfrescato l’aria, lasciando una gradevole temperatura di 24 gradi. Inforchiamo le nostre bici e partiamo subito alla conquista del Monte Baldo. Da Garda ci dirigiamo verso Costermano, seguendo poi le indicazioni per Pesina e Caprino Veronese. 
Dopo 8 km arriviamo all’imbocco della salita, dov'è posto un cartello con i dati tecnici riguardanti il primo tratto della stessa fino a Spiazzi: 12 km di lunghezza, 610 metri di dislivello, pendenza media del 5%. La strada è ampia e in buono stato; sale con lunghi drittoni e poche curve, purtroppo battuta da numerosi gruppi di motociclisti. Marco, come suo solito, azzarda ipotesi sul percorso, che, ovviamente, non conosce. E’ convinto che dopo Spiazzi la strada continui in piano sul fianco della montagna per poi scendere a Brentonico, dal versante opposto. Se fosse davvero così, sarebbe deludente; a conti fatti non faremmo più di 800 metri di dislivello e con pendenze molto blande. Un po’ scarso come allenamento. Scolliniamo e scendiamo per 6 km verso Ferrara di Monte Baldo. 
Proprio, nel momento in cui tramo di tornare indietro e trascinare Marco su per un’altra salita, scorgo a bordo strada un secondo cartello informativo. L’ascesa continua fino al Valico del Monte Baldo per ulteriori 11,7 km e 765 metri di dislivello, con una pendenza media del 6,54% e la massima del 18%. Meraviglia delle meraviglie! Il bello deve ancora venire! Immediato arriva un assaggio di quel che ci aspetterà: una lunga e secca rampa al 15%, che, gradatamente, scende al 10%. Man mano che procedo mi rendo conto che questa montagna è piuttosto insolita e originale; infatti la strada cambia continuamente direzione. Poco prima dell’Orto botanico e di un Agriturismo, notiamo sulla sinistra una via alternativa per scendere a Garda … da tenere in considerazione. 
Superato l’Agriturismo, la pendenza s’inasprisce. Percorriamo un lunghissimo, ripido drittone in compagnia di motociclisti che lanciano le loro moto ad una velocità pazzesca. Come possono aver scambiato questo angolo di Paradiso per una pista? Non possiamo fare a meno di notare, con tristezza, le numerose lapidi a bordo strada, con le foto dei loro colleghi che ci hanno lasciato le penne. Intanto il cielo si sta annuvolando. La strada spiana leggermente per poi riprendere a salire cattiva per alcune centinaia di metri. Un cartello indica una pendenza del 19%, ma in realtà non si supera mai il 16%. 
Proseguiamo, infine, a mezza costa, lungo il pendio della montagna per un paio di chilometri, prima di scendere per altri due fino ad una malga, dove placide mucche stanno distese sull’erba del prato, incuranti dei nuvoloni neri che, minacciosi, incombono dalla sommità della montagna. La temperatura si è abbassata notevolmente, tanto che il fiato, uscendo dalla bocca, si trasforma in nuvolette di fumo. A questo punto s’impone una scelta. Ci sarebbe la possibilità di scendere a Brentonico (circa 30 km) e successivamente a Serravalle all'Adige (8,5 km), per tornare a Garda dopo altri 50 km, di cui circa 40 percorribili su pista ciclabile, oppure scendere a Torbole, sempre via Brentonico (50 km) e sciropparsi 40 km di Gardesana trafficata. 
Nel frattempo grossi goccioloni iniziano a cadere dal cielo. Conveniamo che la cosa migliore sia quella di ritornare sui nostri passi senza indugio e rientrare per la stessa strada percorsa all’andata. Per fortuna la pioggia cessa quasi subito, una volta spostatici dalla zona interessata dalla perturbazione. Al bivio dopo l’Agriturismo scendiamo a destra, imboccando la strada notata durante la risalita, che si rivela molto tranquilla e suggestiva, correndo tra splendide pinete, verdi pascoli e isolate malghe. Passiamo accanto ad un sacrario, con le croci bianche di coloro che hanno perso la vita per la Patria e un attimo di commozione mi prende leggendo le parole incise sulla stele commemorativa. 
Riprendiamo a scendere fino all’incrocio con la strada principale percorsa all’andata, che seguiamo a ritroso e in poco tempo ci ritroviamo a Spiazzi. Ritorniamo verso Garda, attraversando di nuovo Caprino e Pesina, ma, siccome è presto e abbiamo fatto soltanto 1850 metri dislivello, nei pressi di Costermano propongo a Marco di salire a San Zeno di Montagna. Sono 7 km molto dolci con un dislivello di soli 250 metri, su strada ampia e un po’ trafficata, ma, una volta scollinati, chiedo di poter continuare ancora un po’ verso Prada, giusto per conoscere altre strade e nuovi luoghi. Marco brontola, ma mi accontenta. 
Superato il centro abitato, la strada si restringe e inizia a salire con più decisione. Passiamo attraverso fitti boschi e distese erbose dove muli, pecore e mucche pascolano tranquilli, avvolti dalla pace e dal silenzio di questi luoghi. Dopo altri 8 km e 500 metri di dislivello arriviamo agli impianti di risalita che conducono al rifugio Fiori del Baldo. Continuando per altri 13 km potremmo scendere al Castello di Brenzone, dove parte il primo troncone della seggiovia, e rientrare a Garda costeggiando per 21 km il lago. A questo punto abbiamo accumulato 85 km e 2600 metri di dislivello. Per Marco sono più che sufficienti ed è ora di rientrare. Dietro front. 
Un caffè al bar e poi scivoliamo a valle, deviando a destra pochi chilometri dopo il borgo di S. Zeno, verso Albisano. Percorriamo una stradina che scende, zigzagando, tra argentati uliveti e ridenti giardini, immersi nella fragranza dei gelsomini e delle svariate qualità di fiori che rallegrano con i loro colori questa balconata sul lago. Attraversiamo il piccolo borgo e alla rotonda continuiamo dritto, seguendo le indicazioni per Garda, che raggiungiamo dopo 19 km di discesa. Prima di riprendere la via di casa ci concediamo un giro sul lungolago e tra i vicoli del bel centro storico. Adoro il lago di Garda, in tutte le stagioni; mi rilassa e mi restituisce tanta energia. 
Da casa mia ci si arriva in poco più di un'ora e ogni volta è come se partissi per una vacanza. 











ALTRI DIARI DI VACANZE IN CAMPER+BICI SUL LAGO DI GARDA:





mercoledì 13 giugno 2012

03/06/2012: GRANFONDO VIGNETI DELL’OLTREPO’ MARATHON (Salice Terme – Lombardia) km 106 – 1450 metri di dislivello


Finalmente una giornata calda, soleggiata e senza vento; la prima dopo quella, ormai lontana, di Laigueglia dello scorso marzo. Era ora! Vero che nel cielo si stanno radunando un po’ di nuvole, ma sono stratificazioni alte e apparentemente innocue. Comunque la temperatura è gradevole e, anche se dovesse piovere, non credo patiremmo il freddo. 
Il sole, la pace della tranquilla cittadina di Salice Terme, con il suo parco, immenso e secolare, il profumo intenso del caprifoglio, l’allegra confusione dei ragazzi del mio team … tutto fa sperare in una lieta giornata. Ed è, quindi, con animo sereno che chiudiamo il camper alle nostre spalle, la mente già rivolta verso la Granfondo che inizierà tra poco più di mezz’ora, 6^ prova valida per la Coppa Lombardia. All’improvviso vedo Marco impallidire; mi ci vuole un attimo per afferrare la drammaticità delle sue parole: “Le chiavi … sono rimaste nel camper!!!”. Nooooo …. E adesso??? Beh, mica ci rovineremo la festa per una quisquilia del genere! Ci penseremo al ritorno, ormai è tardi. Così Francesco, Riccardo ed io ci avviamo verso le griglie di partenza, mentre Bruno, Roberto, Pierino, Marco e la Patty, che hanno deciso di fare il percorso fuori gara, ci precederanno. Risaliamo il bel viale alberato fino alle terme, da dove parte la competizione. Francesco va ad occupare la prima griglia, riservata ai primi di categoria; io e Riccardo, invece, entriamo nella seconda. 
E' tutto molto tranquillo. L’impianto stereo per ora non funziona, non c’è la solita musica assordante, nessun suono a martoriare i nostri timpani; soltanto il gioioso cinguettio degli uccellini che affollano le ombrose chiome degli alberi che fiancheggiano la via. Inoltre, stavolta, non siamo entrati in griglia con il solito, largo anticipo e l’attesa sarà più breve. Mi guardo attorno: molti volti sono ormai noti; corpi fasciati in completini variopinti, muscoli guizzanti, bici costose e superleggere, con i chip verdi ben fissati sulle ruote anteriori. Abbasso gli occhi e il sangue mi si congela nelle vene. Il mio chip … è rimasto sul camper!!! Guardo angosciata Riccardo. E adesso??? Mi chiede con partecipata ansia il mio compagno. Una cosa è certa, è inutile che io rimanga qui. Esco affranta dalla mia griglia. Come ho potuto essere così distratta? Passo accanto a Francesco e con voce rotta gli chiedo come posso rimediare al fatto. “Ma vai a noleggiarne uno!”. Geniale! Perché non ci ho pensato? Ripercorro trafelata il viale fino all’ingresso del parco, attraverso con la bici in spalla il prato, onde evitare qualche inopportuna foratura, fino al Punto Chip e mi metto in coda. Per fortuna, d’abitudine, porto sempre del denaro con me, anche se in gara non servirebbe. Quando è il mio turno, spiego l’accaduto e mi viene consegnato un chip bianco abbinato al mio numero di pettorale. Quindi tolgo la vite dalla ruota, inserisco il chip, rimetto la vite al suo posto e, bici in spalla, riattraverso il prato. 
Risalgo il viale alberato, faccio verificare a Francesco il mio operato per evitare ulteriori guai e ritorno nella mia griglia, ormai affollata. Rassicuro Riccardo, è tutto a posto. Pochi minuti e lo speaker dà il via alle danze. Sono le 8,30 in punto. Puff, ce l’ho fatta per un pelo e meno male che me ne sono accorta in tempo. Pigio il pulsantino dello start sul Garmin. Niente, non parte. Provo e riprovo. Nulla! Dopo anni di efficiente servizio, proprio oggi ha deciso di fare le bizze. Perfetto! Non solo non conosco il percorso, ma non avrò nemmeno la possibilità di sapere i chilometri macinati e quelli mancanti all’arrivo. Alé, si va allo sbaraglio e che Dio me la mandi buona. L’inizio non è stato dei migliori, ma non sia mai che io perda l’ottimismo e la voglia di pedalare. Con mia grande gioia il tratto iniziale in pavè non favorisce elevate velocità e, dopo un paio di chilometri, la strada inizia subito a salire, ragion per cui ci sono ancora tanti ciclisti tutt’attorno. I cartelli, posti all’attacco delle salite, mi permettono almeno di avere un’idea di dove mi trovo e di ciò che mi aspetta. Ecco quello di Altacollina: 5 km ad una pendenza media del 3,6% e massima dell’11%. Il copione si ripete. Solite gambe legnose per la partenza a freddo, solite imprecazioni a chi, nella foga di superare, rischia di farmi cadere, solita attenzione a chi grida “destra”, “sinistra” e solito, gradito scambio di saluti con il mio omonimo del Team Tex. 
Scollino abbastanza velocemente, dopo aver superato un piccolo dislivello di 180 metri. Breve discesa verso Godiasco, su asfalto un po’ sconnesso, seguita da un tratto pianeggiante, che percorro con un gruppetto di ciclisti milanesi. Poi la strada riprende a salire dolcemente verso Ponte Nizza e Casa Ponte. Più che una salita, sembrerebbe, almeno inizialmente, un lungo falsopiano; in effetti in 10 km si supera un dislivello di soli 340 metri e la pendenza media è del 3,2%, ma, nell’ultimo tratto, s’inasprisce, toccando, in alcuni punti, il 10%. La strada è ampia e in buono stato, il ritmo di pedalata regolare. Lungo il cammino raccogliamo, prima, una ciclista vestita di rosa e, poco oltre, un’altra col calzoncino rosso. Quando, verso la fine, la salita comincia a farsi sentire nelle gambe, noi donne rallentiamo, mentre gli uomini continuano con lo stesso passo, allontanandosi. Le mie colleghe sono molto concentrate, pedalano a testa bassa, ognuna presa dalla propria prestazione e, all'apparenza, un po' affaticate. Perciò me ne sto nel mio brodo, tranquilla, guardando il paesaggio circostante e ascoltando la musica del mio lettore MP3. Poco prima di scollinare a S. Albano, m'imbatto in Marco, con la sua mountain bike e insieme procediamo verso Calghera. Qui le due ragazze si riprendono e si lanciano veloci nella discesa di Casamarchese. La strada è stretta e l’asfalto in cattivo stato. Scendo alla mia maniera e, curva dopo curva, perdo di vista le mie compagne. Nonostante tutto, quando arrivo sul tratto pianeggiante, ho raggiunto sia loro che altri ciclisti … mistero della fede. 
Costeggiamo il lago artificiale, formato dalla diga di Molato e, subito dopo, imbocchiamo la stradina a sinistra che, serpeggiando dolcemente tra dorati campi di grano, punteggiati da una miriade di tulipani rossi, conduce a Pometo. Questa salita è chiamata “piccolo Stelvio”, semplicemente perché sale tutta  a tornanti per 3,9 km, ma le pendenze non hanno niente a che vedere con quelle della mitica montagna valtellinese: infatti ha un dislivello di soli 200 m, una pendenza media del 5,1% e la massima del 9%. Le mie due colleghe sembrano gareggiare tra di loro e salgono con una certa grinta, prendendo subito le distanze da me. Io attacco bottone con un ciclista che avevo già visto in altre gare e osservo il panorama, per molti versi simile a quello delle Langhe in Piemonte: colline cosparse di vigneti a perdita d’occhio. 
Quando scollino, il ragazzo è rimasto un po’ indietro. Giro a destra e affronto un tratto di saliscendi molto bello, immerso nel verde, prima di scendere a Crocetta, Francia ed arrivare a Vallescuropasso. Intravedo non lontano i colori rosa e rosso con i quali identifico ormai le due cicliste che mi precedono e, quando imbocco la successiva salita al Passo Carmine dal versante di Rocca de’ Giorgi, sono di nuovo con loro. Questa salita di 6,9 km e 380 metri di dislivello è quella più impegnativa di tutto il percorso medio, con lunghi tratti al 10%, ma ciò che la rende più faticosa è il tipo di asfalto, molto grosso e “grezzo”, che crea un forte attrito con i copertoncini, rallentando maggiormente la velocità. Non riesco a stare seduta e poi ho paura di forare, perciò la faccio quasi tutta fuori sella, in compagnia della ragazza col calzoncino rosso, mentre quella di rosa vestita è qualche metro avanti, ma sempre in vista. 
Alla fine della salita c’è il ristoro. La “rossa” passa oltre, mentre io e la “rosa” ci fermiamo un attimo e poi ripartiamo. La strada continua un po’ in piano, per poi scendere a sinistra con ampie curve; spiana di nuovo, prima di risalire a S. Albano, dove supero la ragazza col calzoncino rosso, in preda ad un'evidente crisi. Poco più avanti raggiungo Bruno, che già sente aria di vacanza e procede solo soletto, con passo tranquillo, i pensieri ormai unicamente rivolti alle assolate spiagge ed agli infuocati tramonti di Tenerife che l'attendono l'indomani. Verrò poi a sapere che il gruppetto dei miei amici si disgregò strada facendo, con la Patty che, sbagliando strada, finì a Monte Penice, mentre Roberto, incantato dai dolci occhi della distributrice d’acqua, si prese un'infinita pausa al ristoro. Solo Pierino sa quanto gli sia costato trascinarlo via e convincerlo a ripartire. Saluto il mio presidente con allegria e continuo fino a S. Albano, dove inizia il lungo falsopiano in discesa, il medesimo percorso all’andata in senso inverso. E qui perdo la “rosa”, che, con un allungo, va ad agganciarsi ad un gruppetto che ci precede. Così mi ritrovo da sola, in mezzo al traffico domenicale, a pestare, con inaspettata energia, sui pedali.  
Ecco Ponte Nizza. Passo nel centro del paese, facendo attenzione al via vai di auto e pedoni. Giro a destra, ritorno su una tranquilla strada secondaria fino ad Osteria Nuova e affronto, con ritrovato slancio, l'ultima, bella salitella verso Pozzol Groppo. Scendo, quindi, a Godiasco, ripercorrendo a ritroso la salita iniziale e, superato Montealfeo, arrivo sul pavè di Salice Terme, passando a tutta velocità sotto il gonfiabile, con le mani ancora in presa bassa. A vedermi, sembra che abbia fatto chissà cosa, invece sono arrivata 552^ su 624. Vabbè, quel che conta, alla fine, è divertirsi.
Ma adesso bisogna risolvere il problema del camper. Grazie alla cassetta degli attrezzi recuperata sul furgone di Pierino, Marco riesce a togliere il vetro di una finestrella della mansarda, lasciata fortunatamente socchiusa, e a spingere all’interno uno smilzo ragazzino, assoldato sul posto, che, coraggiosamente, si presta all’operazione di recupero delle chiavi, togliendoci così dai pasticci. Attendiamo, quindi, l’arrivo di Bruno e, poi, ci avviamo verso il parco, dove è stato allestito il pasta party. Solo un piatto di pasta, ma abbondante, cotta al punto giusto e per tutti, oltre a frutta e vino a volontà. 

Una successiva sosta al bar diventa l’occasione per festeggiare la nascita del nipotino di Francesco e della Patty. Abilmente, la barista ci alletta con l’assaggio di salame nostrano, da annaffiare con un eccellente Pinot nero vinificato bianco dell'Oltrepo' Pavese, fresco e profumato. La neo nonnina recupera anche una golosa torta di mandorle, da lei preparata per celebrare il felice evento e tutti insieme brindiamo al piccolo nascituro, al quale diamo il benvenuto, augurandogli di cuore un futuro da campione come quello del nonno. 

32° Gavazzeni Riccardo – 2:51:52 – 5° cat.
66° Belotti Francesco – 2:55:36 – 2° cat.
552^ Emanuela Tintori – 04:02:15 – 14° cat. su 17 (29^ su 35 class. Femm.)