Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

venerdì 9 novembre 2012

23/09/2012: GRAN FONDO NOBERASCO (Albenga - Liguria)





(percorso unico: 116 km – 2050 metri di dislivello)
Una sera d’agosto, durante la mia abituale passeggiata in collina, ricevo una telefonata da Francesco. Mi chiede se parteciperò alla Gran Fondo Noberasco “E perché mai?”, ribatto io, pensando già ad un rifiuto. Nella mia testolina avevo chiuso con le gare il 24 giugno, dopo la GF Giordana e mi stavo ormai da tempo rilassando con i miei giri cicloturistici. La voglia di ributtarmi in pista era pari a zero. “Perché sei iscritta, visto che la GF Città di La Spezia, sospesa a suo tempo, è stata sostituita dalla GF Noberasco, che, a questo punto, è valida sia per il brevetto del Giro delle Regioni che per quello della Coppa Lombardia, oltre a far parte del Gran Trofeo, dove tu sei quinta di categoria e siccome premiamo i primi cinque ….”, mi spiega pazientemente Francesco, che, a differenza della sottoscritta, è sempre informatissimo su tutto ciò che riguarda le gare ciclistiche. La notizia mi getta nello scompiglio più totale. Ma, dài … quinta … e neppure lo sapevo! Però, che tentazione! I primi due brevetti me li sarei già aggiudicati, ma il Gran Trofeo è un’occasione inaspettata, non posso lasciarmela sfuggire così. La classifica è a tempo, rifletto, siamo rimaste solo in cinque ... dunque non devo far altro che portare a termine la gara. Quasi, quasi, ci provo. “Va bene, salvo imprevisti, ci sarò”, rispondo un po’ preoccupata, pensando alla scarsa forma fisica del momento ed al poco tempo a disposizione per allenarmi, vista l’imminente partenza per le vacanze. Vabbè, farò quel che potrò …
Ed ora eccomi qui, sullo splendido lungomare di Albenga, a rivivere le vecchie emozioni. A dir la verità, il mio battito cardiaco non manifesta alcuna turbolenza; forse grazie al giro turistico, appena compiuto con Bruno, nel magnifico centro storico della cittadina, oppure alla sorpresa di vedere in griglia, accanto a me, la ragazza che incrocio e saluto, ormai da anni, sui Colli di San Fermo, dove entrambe ci alleniamo, ma con la quale non avevo mai avuto l’occasione di parlare. Buffa combinazione! Il tempo passa veloce, assorbito dalle nostre chiacchiere allegre. Non c’è nemmeno la musica a manetta a mettere in circolo un po’ di adrenalina. Il count down è scandito da un’adorabile nonnina di 80 anni. Partenza soft, quindi, a velocità controllata per circa 10 km, ma la calma dura poco. Ai primi spartitraffico e alle prime rotonde si scatena il parapiglia di sempre e qualche imprecazione vola pure ai danni dell’organizzazione, che ci sta mandando verso l'autostrada. E vai e corri e inchioda. Come da copione. Con le mani pronte sulle leve dei freni, al solito, lascio che tutti mi sfilino ai fianchi, compresi Mirko e Bruno, che, insieme a me e a Francesco, partecipano a questa gara. Un unico pensiero: “Manu non fare caxxate, devi soltanto riuscire a varcare il traguardo in bici ed incolume ... ora più ora meno, non ha importanza”.
Nella baraonda mi par di udire alle mie spalle qualcuno fare il mio nome. Mi giro, ma incrocio soltanto lo sguardo interrogativo di uno sconosciuto. Bah, avrò sentito male! Ma ecco il mio nome ripetuto di nuovo. Questa volta, la voce mi sorpassa e riconosco Hiroshi, del Team Tex, che saluto ridendo, notando che la sua concentrazione è, se possibile, ancora maggiore della mia, mentre con invidiata maestria si insinua tra una bici e l’altra, dissolvendosi, infine, tra la folla colorata.
Alla rotonda dell’autostrada, imbocchiamo la strada per Castelbianco e, dopo 200 metri, i cavalli, finalmente sciolti dalle briglie che li trattenevano, possono dare libero sfogo alla loro potenza. Passata la mandria indiavolata, nelle retrovie rimane sempre qualcuno che se la prende con più tranquillità. Ormai l’ho sperimentato ed attendo fiduciosa il mio piccolo pony, che si manifesta in un ciclista del gruppo godiaschese. Marcia ad una velocità ideale per me. Mi metto a ruota e lo seguo lungo il falsopiano che introduce alla salita vera e propria e che non è per niente impegnativa. Tuttavia, non è da sottovalutare, perché si scollinerà dopo 28 km e circa 1300 metri di dislivello. La strada piega verso l’interno. Stiamo abbandonando la costa per dirigerci a nord, verso il Piemonte e la provincia di Cuneo. Superiamo Cisano sul Neva e continuiamo, sempre dolcemente, fino a penetrare in una bellissima valle, verde e tranquilla. Il cielo è coperto, ma la temperatura è gradevole; ci sono circa 20 gradi. Via via che si procede, la pendenza aumenta dal 2 al 4% per poi mantenersi intorno al 7-8%. Il godiaschese ha una pedalata agile, ma regolare e piano piano recuperiamo alcuni colleghi. Quando le gambe, però, iniziano a farmi male, mollo la presa; ci sono oltre 2000 metri di dislivello da affrontare, oggi, e mi voglio gestire con buon senso. Nel frattempo mi ha raggiunta Marco e saliamo insieme, in compagnia di altri ciclisti. Verso Caprauna ci superano le ambulanze e la macchina di fine gara, ponendo, così, termine alla chiusura del traffico e dando luogo ad una colonna di vetture che avvelena l’aria e i nostri polmoni. Per fortuna non dura molto e, poco dopo, ritorna la calma. Strada facendo, riprendo alcuni fuggitivi, tra cui Mirko e Bruno, ben sapendo che, a loro volta, mi semineranno in discesa. Divertente constatare che il numero di pettorale di Bruno, 456, è la prosecuzione del mio, 321, vabbè, al contrario, comunque la cosa è simpatica. Nel frattempo mi godo questo magnifico bosco di castagni immerso nella nebbiolina. In effetti l'ambiente qui sembra già quello autunnale, anche se siamo soltanto a settembre. Ad un chilometro e mezzo dallo scollinamento incrociamo la Patty. Prima dell’inizio della gara si era avviata con Marco lungo il percorso e adesso sta scendendo nel senso inverso, decisa a tornare indietro, preoccupata di non aver visto Francesco, suo marito, tra i ciclisti finora transitati sul Passo. La convinco a venire con noi: se fosse successo qualcosa a Francesco me ne sarei accorta, visto che era davanti a me. Mentre i miei amici si fermano al ristoro, io proseguo in discesa. L’asfalto è bagnato; deve aver piovuto da poco da queste parti. Scendo adagio e con prudenza. Fa un freddo terribile; il k-way non è sufficiente a calmare i brividi ed ho le mani ghiacciate. Mi supera la Patty, che in discesa si muove con molta più sicurezza di me, mentre Marco mi aspetta, paziente. Dopo 5-6 km riprendiamo a salire per qualche centinaia di metri, finchè sbuchiamo su una strada trafficata. Giriamo a sinistra, verso Ponte di Nava, che dista 2 km, rimanendo bloccati dietro una lunga coda di auto e moto, fino ad un incrocio, dove continuiamo di nuovo verso sinistra, attraversando il fiume Tanaro e affrontando un falsopiano, di circa 5 km, che termina al Colle di Nava. Mi lancio, quindi, nella lunga discesa verso Pieve di Teco, sempre con grande attenzione e concentrazione. E' quasi mezzogiorno ed il via vai di veicoli è impressionante; se il gruppo di testa è a rischio per l’alta velocità, noi delle retrovie lo siamo per il traffico, che, dopo l’apertura delle strade, rimaste chiuse soltanto durante il passaggio dei primi corridori, aumenta a dismisura, diventando ancora più caotico e frenetico. Ormai ci sono abituata e, oggi più che mai, scendo con molta attenzione. Mi supera Mirko e mi informa che Bruno ha rotto un pedale, perciò è dovuto salire sul carro scopa. Accidenti, questa non ci voleva! Mi dispiace davvero: non potrà ottenere il brevetto del Giro delle Regioni, visto che una gara era già saltata, purtroppo, quando è venuta a mancare sua madre. Con tristezza raggiungo il fondovalle, percorro la preannunciata galleria di 1,8 km, ben illuminata, e imbocco il bivio a sinistra per Borghetto d'Arroscia. Mi supera il carro scopa, riconoscibile dalle scope di saggina, tipo quelle delle streghe, sistemate più o meno in corrispondenza degli specchietti anteriori. A bordo, il nostro caro presidente, costretto a sorbirsi, proprio lui che vive la bici all’insegna del divertimento e dello star bene in compagnia, le imprese di altri sfortunati colleghi, esaltate ed esagerate al pari di quelle dei pescatori, come ci racconterà più tardi al pasta party, facendoci morire dalle risate. Lo vediamo, poco dopo, fermo al bivio, tutto bello sorridente ed ironico. L’ha presa bene! C'era da aspettarselo da un umorista come lui. Grande Bruno! Mi avvio su per la salita di Gazzo più sollevata. Adesso che mi sono scaldata posso anche togliere il k-way. Veramente qui fa un caldo tremendo: saremo passati dai 10 gradi del Passo ai 30 della pianura e questa salita ha delle belle rampette, che accrescono ancor più la sensazione di calore. Ho le guance infuocate e bevo come una spugna. La strada è stretta, ma è un incanto, insinuandosi per 6 km all’interno di immensi e argentati uliveti. Ci supera il carro scopa, che ritroviamo allo scollinamento, dopo 450 metri di dislivello, dov’è collocato l’unico tappetino di controllo dei chip ed il ristoro. Non è rimasto nulla, nemmeno l’acqua. In compenso ritrovo la Patty e Mirko. Quest'ultimo, in preda ai crampi, spera in un'ultima, conclusiva discesa. Purtroppo per lui, qui inizia, invece, una serie infinita di saliscendi fino ad Onzo, che raggiungiamo dopo circa 13 km. Un'altra sosta al ristoro, questa volta ben fornito, e poi, finalmente, arriva la tanto agognata discesa verso Albenga. Mirko si lascia andare e anche la Patty. Io tiro i freni. Da lontano intravedo qualcuno del mio gruppo che non ha la corporatura di Mirko e, infatti, avvicinandomi, riconosco Francesco. Incredibile, si è sciroppato altri 18 km di falsopiano e salita per venirci incontro. Oggi non stava bene, ancora reduce da una settimana di influenza, eppure è riuscito a stare sotto le 4 ore di gara. Che tempra! Molto generosamente mi aspetta, raggiungiamo la Patty e poi riagguantiamo Mirko. 
Che bello scendere tutti insieme! Però ci manca Bruno; con lui sarebbe stato perfetto. Quando la strada spiana, Francesco si piazza alla testa del gruppetto e, mantenendo una velocità di 32 km/h, per consentirci di stargli a ruota, ci porta al traguardo. Fantastico!!! Grazie, grazie, grazie! E anche questa è fatta, non ci posso credere! Caricate le bici sul camper, raggiungiamo il pasta party, allestito nello stabilimento della Noberasco, a quest’ora illuminato e riscaldato dai tiepidi raggi del sole, che penetrano trasversalmente attraverso i grandi finestroni. Ormai è quasi deserto: le premiazioni sono finite da un pezzo. L’atmosfera è quella serena e tranquilla della festa che sta per finire, con i volontari affaccendati nel riordino dei tavoli e nelle pulizie, ma per noi c’è ancora un piatto di pasta fumante che ci attende e per di più senza la scocciatura di fare la coda. Risate, battute, quattro chiacchiere con i pochi rimasti e poi i saluti, con quella leggera, piacevole malinconia che ti assale quando qualcosa di bello sta per finire e sai che per un po’ vivrai di bei ricordi, fino alla prossima … Chissà!

domenica 4 novembre 2012

ALVERNIA + Gole del Tarn e della Jonte, in camper e bici (Francia - 25/08 - 02/09/2012)


La genesi 
La vacanza in Alvernia è nata così, semplicemente, un giorno, dopo aver dato una sbirciatina al meteo nel periodo a cavallo tra agosto e settembre, l’unico disponibile per le residue ferie estive. Il tempo non era particolarmente favorevole nel nord-Italia e negli Stati limitrofi, ad eccezione di una piccola zona della Francia, in corrispondenza del Massiccio Centrale e precisamente nella regione dell’Alvernia (Auvergne per i francesi), “una terra di vulcani addormentati da millenni, di altopiani intervallati da profonde valli, di gole selvagge e di foreste, di castelli medievali e di paesi pittoreschi classificati come i più belli di Francia, di edifici religiosi romani e di città magiche costruite con la pietra lavica”. Una Francia sicuramente meno conosciuta, ma non per questo meno affascinante ed interessante.
Salers
Fantastico! Il mio animo esploratore scalpita. Consulto cartine e siti Internet per documentarmi quel tanto che basta per farmi sognare fino al giorno della partenza, tanto, poi, come al solito, si improvviserà.
Nove giorni a disposizione non sono tanti, se si considera che due di essi verranno impiegati per il viaggio, ma li faremo bastare.


MAPPA ITINERARIO:


25/08/2012: 1° giorno - il viaggio
E, finalmente, il 25 agosto si parte. Raggiungiamo l'Alvernia attraverso il Traforo del Frejus (€ 50,00); poi, seguendo l'autostrada A43 per Chambery e Lione, la A47 per Saint Etienne ed infine la A72 per Clermont Ferrand, (circa 386 km dal confine italiano).
E' ormai tarda sera quando arriviamo a destinazione. Decidiamo di passare la notte in un autogrill, nei pressi del Parco Naturale Regionale dei vulcani d'Alvernia. I vulcani sono circa un'ottantina, dalle forme molto diverse le une dalle altre, con cupole o crateri, erosioni e pinnacoli. Non vedo l’ora di andare alla scoperta di questo luogo seducente, unico in Europa. 

26/08/2012: 2° giorno - Clermont-Ferrand e dintorni 

La cattedrale di Clermont-Ferrand
Una visita al capoluogo dell’Alvernia è d’obbligo. Il fascino di Clermont-Ferrand dipende soprattutto dalla sua posizione eccezionale, perchè la sua parte vecchia è stata costruita su un vulcano, utilizzando materiali lavici. Un'altra sua particolarità è data dal sottosuolo, ricco di gallerie createsi in seguito alle eruzioni vulcaniche e utilizzate come cantine, costruite fino a sette livelli. Troviamo, per una visita veloce, un parcheggio a nord della città, alle spalle e a due passi dal centro storico. E’ domenica ed è tutto molto tranquillo. I negozi sono chiusi, ad eccezione dei fornai, e le strade deserte. Pochi turisti, qualche mendicante. L’aria è frizzante e limpida, come in un mattino di primavera. Ci incamminiamo lungo strette vie medievali, su cui si affacciano alti ed antichi edifici. 
La basilica romanica di Notre-Dame du Port
(foto reperita sul web)
L’imponente, gotica cattedrale, costruita con pietra lavica nera, compare all'improvviso, stagliandosi contro l’azzurro del cielo, con grande effetto alla vista. Nella piazza antistante troneggia la fontana monumentale di Urbano II, il quale, proprio qui, bandì la prima crociata. La mano destra della statua del Papa indica la direzione della Terra Santa. Aggiriamo la cattedrale e ci dirigiamo, quindi, verso la rue du Port, poco distante, per ammirare, in tutto il suo splendore, la basilica romanica di Notre-Dame du Port, uno dei capolavori dell’Alvernia, che l’Unesco annovera tra i suoi patrimoni mondiali; è costruita in arenaria, pietra a cui si deve il particolare color sabbia delle facciate. Ancora quattro passi tra i vicoli e, dopo un veloce assalto alla pasticceria, ritorniamo al camper. Oggi, a differenza del passato, non amo molto visitare le città; mi basta coglierne l'essenza, la magia, l'unicità. 
Montfermy
Preferisco rifugiarmi nella natura, tuffarmi nel verde, respirare a pieni polmoni il profumo dei boschi. Perciò lasciamo Clermont-Ferrand e seguiamo la D 941 per Vulcania, un parco all'avanguardia in fatto di impianti tecnologici, dove si può fare un eccitante viaggio al centro della terra. Infatti (per 24,50 euro gli adulti e 17,00 euro i ragazzi dai 6 ai 17 anni), attraverso una lunga spirale, ci si può calare in un cratere, 35 metri sotto terra, dove fumarole, rivoli incandescenti, effetti sonori, scosse di terremoto danno la sensazione virtuale di un'esplorazione scientifica. 
Marco non è interessato alla cosa e, quindi, continuiamo fino a Pontgibaud, da dove, parcheggiato il camper lungo la Route de Montfermy, e scaricate le bici, partiamo per un breve giro d’ispezione. 
Da subito mi rendo conto che questi luoghi sono un incanto. Ovunque regna una gran pace. 
Chiesa romanica di Montfermy
Un mondo in cui la vita scorre con ritmi che noi non conosciamo; nessuna frenesia, niente traffico caotico o rumori molesti. Che meraviglia! La strada (D418) si insinua in mezzo ai boschi; una staccionata in legno o un muretto in pietra per protezione, un corso d’acqua (la Sioule) che scorre lento al suo fianco, iI canto degli uccellini, il profumo dell’erba … un insieme che dona serenità e armonia. Non so perché, ma mi ritrovo a pensare al passato, ai popoli che transitarono di qua nell’antichità. 
L'inaspettato incontro con un calesse mi crea un attimo di stordimento. Un’allucinazione o sono stata catapultata in un’altra epoca? Tutto si spiega quando arriviamo a Montfermy, un pugno di case con una bella chiesa romanica del XII° secolo, dove è in corso una piccola festa sulla sponda del fiume. Uomini, donne e bambini, in abiti tipici, ballano al suono di una fisarmonica, mentre alcuni boscaioli si stanno cimentando nella gara del taglio di un tronco. 
Castello Dauphin a Pontgibaud
La D418 continua oltre il villaggio, ma noi ripercorriamo la strada a ritroso e ritorniamo a Pontgibaud. Un giretto nei vicoli del paese, una visita al castello medievale Dauphin in pietra lavica e poi ci trasferiamo con il camper a Miremont, ad una ventina di chilometri di distanza: un paesino da fiaba, in riva ad un ruscello, circondato dal bosco ed immerso nei fiori. Sembra incredibile che esistano ancora posti così. Tra l’altro, per non dimenticare la storia e le tradizioni di questo luogo, lungo la strada è stato allestito un museo all’aperto, con attrezzi e personaggi finti in abiti d’epoca. Passeremo la notte qui, nel parcheggio a fianco del ruscello (ma c'è anche un economico campeggio municipale all'ingresso del paese), punto ideale per consentirci, domani, di iniziare l’esplorazione in bici di questa parte dell’Alvernia, a nord-ovest di Clermont-Ferrand.

27/08/2012: 3° giorno - alla ricerca del Meandre de Queuille 

(61 km – 1150 metri di dislivello in mountain bike)

Il Meandre de Queuille (foto reperita sul web)
Da Miremont, in sella alle nostre mountain bike, raggiungiamo Les Ancizes, prima sulla D 121 e poi sulla D61 che incrociamo dopo 7 km. Le strade sono tutte in ottimo stato, non ci sono buche o crepe e sembra siano state asfaltate di recente; i loro bordi sono ben curati, puliti e l’erba tagliata. Dopo 15 km giungiamo a Les Ancizes, imbocchiamo la D62 e procediamo per altri 6,5 km, prima in piano e poi in discesa, verso il Viaduc des Fades, costruito nel 1901. Impressionante visto da quaggiù, con quegli enormi piloni che si lanciano verso il cielo. E’ altissimo e costruito tutto in pietra nera, quella tipica delle costruzioni della regione, che utilizza il materiale lavico per ogni edificio. Sopra ci passa la ferrovia, ma credo sia ormai in disuso. Nei pressi c’è anche un’enorme diga, che limita il corso della Sioule. 
Continuiamo adesso sulla D513, più stretta, ma sempre in buono stato. Finora non abbiamo incontrato anima viva, a parte uno scoiattolone dal pelo fulvo che ha attraversato la strada proprio pochi metri davanti a noi. Intorno, solo immense foreste. Arriviamo ad un piccolo monumento alla Resistenza, che lasciamo alla nostra destra e proseguiamo in salita per qualche chilometro fino all’incrocio con la D523. La nostra destinazione sarebbe il “Meandre de Queuille”, un meandro impressionante della Sioule, che in questo punto si allarga per via di una diga, ma finora non abbiamo incontrato alcuna indicazione segnaletica per quel luogo. Forse l’abbiamo superato. Ritorniamo indietro. Nei pressi del piccolo monumento c’è una radura, due tavoli di legno ed uno sterrato che costeggia il fiume; lo seguiamo finché ci rendiamo conto che il sentiero muore nel nulla poco prima di un'ansa. Forse il "meandre" è questo minuscolo angolo di paradiso, ma dalla nostra posizione il campo visivo è limitato (scoprirò, in seguito, che lo stesso si può ammirare in tutta la sua bellezza dall'alto di un belvedere nei pressi del villaggio di Queuille). 
Ne approfittiamo, comunque, per rifocillarci, prima di ritornare verso il Viaduc des Fades e Les Ancisez. 
Fa caldo ora. Siamo passati dai 6 gradi di stamattina ai 33 del primo pomeriggio. Questa è una terra di altopiani; anche se non ce ne si rende conto, siamo sempre a quote superiori agli 8-900 metri, nel centro della Francia, dove il clima continentale causa forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Mi fermo per togliere una delle due magliette che avevo indossato alla partenza e appoggio il casco su un’aiuola. 
Riparto con una sensazione di gran benessere. Dopo circa 5 km, Marco, che mi segue a ruota, nota i miei capelli al vento. “Dov’è il tuo casco?”, mi chiede sorpreso. Azzzz … ecco spiegato il fresco alla testa. 
Di corsa ritorniamo sul luogo del misfatto. L’erba dell’aiuola è appena stata tagliata, ma il mio casco non c’è più. Porca paletta! Poco prima non c’era in giro nessuno, si sentiva soltanto in lontananza il ronzio della tagliaerba. Adesso tutto tace e il silenzio acuisce il mio dispiacere, non certo per il valore del casco, ma perché, senza di esso, mi sento vulnerabile e insicura. Inutile e vana si rivelerà, poi, la ricerca di un sostituto. Con maggior cautela del solito, riprendo a pedalare e da lì, attraverso la D19, dopo circa 14 km di saliscendi, siamo di nuovo a Miremont.

Decidiamo di spostarci con il camper, subito dopo la doccia, verso il Puy de Dome. Prendiamo, quindi, la D987 verso Pontaumur e, poi, la D941 per Pontgibaud fino al parcheggio, gratuito e con camper service (si paga solo l'allaccio alla corrente: € 2 per 4 ore), del Puy più celebre della regione (Route de Limoges n. 60, Orcines - GPS: 45.78883, 3.01102).

28/08/2012: 4° giorno - Puy de Dome e Mont-Dore 

Puy de Dome
L’alba del nuovo giorno ci regala un cielo nuvoloso, cupo e una pioggia battente. Attendiamo pazienti, sperando in un miglioramento del tempo. Nel frattempo ci occupiamo delle operazioni di carico e scarico dell’acqua. Verso mezzogiorno il cielo si apre, le nubi si allontanano velocemente e il sole riprende a brillare nel cielo limpido, riportando luce e calore. Partiamo in mountain bike verso la vetta del Puy de Dome (1465 metri alt.), che, tra i vulcani dell’Alvernia, è il più antico, formando, tra l’altro, insieme ai Monts Dore e al vulcano del Cantal, i rilievi del Massiccio Centrale. Il cartello all’inizio della salita indica una lunghezza di 8 km
La strada è asfaltata e sale a spirale intorno al cono del vulcano, affiancata dalla cremagliera, su cui corre un trenino bianco che trasporta i turisti alla sommità. Poco più avanti, sulla destra, si stacca un sentiero per chi preferisce salire a piedi o in mountain bike, ma è talmente ripido che non lo prendo nemmeno in considerazione. Già sto penando sull’asfalto: le pendenze dal 9 al 17% non danno tregua. 
Un improvviso attraversamento trasversale del binario, verso destra, mi crea qualche attimo di panico, ma, poco dopo, con sorpresa, mi accorgo che la salita è terminata. Non è possibile, ho fatto soltanto 4 km e 550 metri di dislivello!
Eppure il trenino si ferma qui e l’antenna, che si vedeva da lontano sulla cima del vulcano, è lì a due passi; oltre non si può andare, c’è soltanto l’azzurro del cielo. 
Ciò significa che siamo partiti già da una quota di circa 900 metri. Non me ne ero accorta: l’altopiano mi ha tratto in inganno. Metto la bici in spalla e risalgo alcuni gradoni che portano proprio alla base del ripetitore, dove, tra l'altro, scopro esserci pure i resti di uno dei grandi santuari della Gallia: il tempio di Mercurio. Una stradina bianca, asfaltata, gira intorno al cucuzzolo della montagna e permette una passeggiata panoramica a 360° sul territorio circostante e sugli altri Puys.  
Ritorniamo alla piccola stazioncina e da lì iniziamo la discesa verso il parcheggio. 
Scendo più piano del solito, sia per la mancanza del casco, sia per imprimermi nella mente il paesaggio che si presenta, immenso ed unico, davanti ai miei occhi.
Raggiunto il camper, riprendiamo il viaggio, riportandoci sulla D 942 e, quindi, immettendoci sulla D 27. 
Prossima meta: il Puy de Sancy, che con i suoi 1885 metri di altezza, svetta al centro dei Monts Dore.
Strada facendo, non manchiamo di fare una sosta al paesino medievale di Orcival per ammirare la stupenda basilica romanica di Notre-Dame, costruita nella prima metà del XII secolo con la pietra lavica
Basilica romanica di Orcival

Proseguiamo, poi, sulla D 983 fino ad un belvedere, dove ci fermiamo per osservare con calma i due monoliti di Roche Tuillière e Roche Sanadoire, originariamente due vulcani, i cui profili sono stati fortemente erosi dai ghiacciai. 
Grandioso il panorama che si estende a perdita d’occhio davanti a noi. Poco dopo raggiungiamo Mont-Dore (circa 36 km a sud del Puy de Dome), dove abbiamo la possibilità di passare la notte in un ampio parcheggio sulla riva di un torrente, dal quale, domani, potremo partire in bici per affrontare l’ascesa al Puy de Sancy.

I due monoliti di Roche Tuillière e Roche Sanadoire















29/08/2012: 5° giorno - dal Puy de Sancy (nel Monts Dore) al Col de Serre (nel Cantal)
(Km 30 e metri 610 di dislivello in mountain bike più 99 km con il camper)

Il paese di Mont-Dore dominato dal Puy de Sancy
Anche stamattina il cielo non è molto incoraggiante. Il sole fa fatica a trovare un varco attraverso gli ammassi nuvolosi che transitano nel cielo; speriamo siano solo di passaggio. Fiduciosi, inforchiamo le nostre mountain bike e seguiamo le indicazioni per Sancy. Dopo 4 km di salita, arriviamo all’impianto della seggiovia. Sorpresa! La strada finisce qui. Al Puy si sale soltanto comodamente seduti, con le gambe penzoloni. Che fregatura! Com’è possibile? Tutte le montagne sono incise da sentieri che portano alla sommità. Inutile brontolare, non c’è altro da fare che tornare indietro e provare a salire da un altro versante, individuato sulla cartina e distante circa 26 km. 
Puy de Sancy
Cerchiamo la D 645, che aggira la montagna con i soliti saliscendi, comunque piacevoli, soprattutto quando la strada si addentra nel bosco. Il tempo, però, via via peggiora. Un temporale si sta avvicinando ad un ritmo incalzante e siamo soltanto all’undicesimo chilometro. Che fare? Sarà utile abbandonare l’impresa e ritornare velocemente al camper. Lo raggiungiamo giusto in tempo per evitare un violento scroscio. Il cielo è ormai tutto compattamente grigio. Purtroppo i pochi giorni a disposizione non ci consentono di aspettare momenti migliori. Vabbè, il Puy de Sancy lo scaleremo un’altra volta, forse. Oggi abbiamo percorso soltanto 30 km e 610 metri di dislivello in mountain bike; una passeggiata, ma meglio di niente.
Puy de Sancy
Ripercorriamo con il camper la D 645. Prossima meta: il Puy Mary, una delle vette principali dell'immenso vulcano del Cantal. A La Tour d’Auvergne prendiamo la D 203. Praticamente la strada gira tutt’intorno al Puy de Sancy, così abbiamo la magra consolazione di vederlo da ogni angolazione. Procediamo fino al bivio con la D 978 e, poi, deviamo sulla D 678 per Condat e Riom des Montagnes. Lungo la strada, boschi, foreste, pascoli con placide mucche sdraiate sull’erba, piccoli villaggi, laghetti e molte case abbandonate. All’incrocio, ci immettiamo sulla D 3, svoltando, quindi, a destra sulla D 62 per la Vallée de CheyladeLa strada, che s’inerpica su per la montagna, è tanto stretta e tortuosa da crearci non poche difficoltà quando incrociamo altre vetture, fortunatamente poche. Con un certo sollievo giungiamo al Col de Serre, a 1335 metri di quota e parcheggiamo il camper in un largo spiazzo circondato dalle montagne. 
Il Puy Mary dalla Vallée de Cheylade
Siamo soli, ma ormai è tarda sera e il maltempo sta arrivando anche qui. A questo punto cos’è più prudente? Affrontare l’ignoto sotto il diluvio e al buio o fermarsi? Optiamo per la seconda soluzione. Se avessimo conosciuto i luoghi, non saremmo saliti fin quassù per passare la notte, ma, una volta imboccata la salita, non vi è stata più alcuna possibilità di fare manovra per tornare indietro. E adesso siamo qui, sballottati dalla furia del vento, che ulula in maniera inquietante. Osservo la massa nera che sta divorando gli ultimi lembi di cielo, mentre la luce, pian piano, svanisce. Il buio è squarciato dai lampi e il boato dei tuoni è terrificante. Rilassati Manu ... che ci potrà mai accadere! Al massimo la grandine, che adesso si sta abbattendo con suono sordo sul tetto del camper, lo ridurrà un colabrodo; non andare oltre col pensiero. Ma, come sempre, dopo la tempesta arriva il sereno. Il temporale si esaurisce e una luna rassicurante fa capolino tra lo strascico delle nuvole che si stanno allontanando. Ora posso dormire sonni più tranquilli.

30/08/2012: 6° giorno - Pas de Peyrol, Puy Mary e Salers nell’AlverniaSaint-Côme d'Olt, nel dipartimento dell'Aveyron, regione Midi-Pyrenées 

(10 km in bici - 140 km con il camper)

Raggiungere il Pas de Peyrol (1588 metri s.l.m.) dal Col de Serre (1335 metri s.l.m.), in bici, è ben poca cosa. Sarebbe stato un pochino più entusiasmante partire da un punto qualsiasi della Vallée de Cheylade, ad una quota di circa 900 metri, ma ormai siamo finiti qui, nostro malgrado, e adesso non avrebbe senso scendere per poi risalire. Perciò montiamo sulle nostre mountain bike e ci immettiamo sulla D 680 che conduce al Passo. L’ambiente che attraversiamo, comunque, è davvero suggestivo. Mentre pedalo, osservo la massa di montagne circostanti, livellata dall'erosione glaciale, che ha come epicentro il Puy Mary. 
Non c’è traffico e nei prati che fiancheggiano la strada pascolano indisturbate paciose mucche dal bel manto marrone. Una volta scollinato, leghiamo le bici ad una staccionata per poter salire a piedi, lungo una ripida scalinata di oltre 100 gradoni, alla sommità del vulcano, a 1787 metri di quota. Siamo fortunati: oggi la giornata è splendida ed il panorama a 360 gradi che si gode da quassù è superlativo. La vista spazia sulle sottostanti vallate scolpite dai ghiacciai e disposte a stella intorno al Puy Mary, che, con la sua circonferenza di base di 70 km, è il più grande vulcano spento d'Europa. Nel 2008 e nel 2011 è stato anche una tappa del Tour de France. 
Ci attardiamo un po’ sul belvedere e poi scendiamo a recuperare le bici per ritornare al Col de Serre, dove avevamo lasciato il camper. Da lì, valicando nuovamente il Pas de Peyrol con il bestione, ci recheremo a Salers. Perciò riprendiamo la D680 e ripercorriamo la strada fatta poc’anzi in bici. Dobbiamo sbrigarci, però: i mezzi pesanti possono salire al Passo soltanto dalle 9,00 alle 12,15. L’ascesa si rivela più facile del previsto e, quindi, ci apprestiamo ad affrontare la ripidissima discesa. Il primo tratto è al 15%, ma se ce la fanno i bus, ci riusciamo anche noi; l’importante è non incrociarne uno nel senso opposto: sarebbe una tragedia. Credo, tuttavia, che il traffico dei mezzi pesanti sia regolato in modo tale che un simile evento non si verifichi. Panorami straordinari anche da questo versante; 20 km piacevolissimi, dalle cime verdi ed assolate del vulcano, all’ombra di lussureggianti boschi. 
Qualche chilometro pianeggiante e, poi, di nuovo su, verso il cielo. La strada è stretta, ma le piazzole create ogni 300 metri, agevolano il passaggio di due veicoli che si incrociano. Ci ritroviamo ancora oltre i 1000 metri di quota. Un lungo, panoramico falsopiano corre alto sulla valle sottostante, alla fine del quale una breve discesa ci conduce a Salers, uno dei borghi più belli di Francia, che vale una visita (parcheggio all'esterno del centro abitato). Ben 22 dei suoi edifici sono stati dichiarati monumenti nazionali. Infatti, la presenza della corte reale diede a Salers una prosperità che tuttora si avverte nelle case rinascimentali e nei palazzi del XVI secolo costruiti in pietra lavica. 
Salers
Un borgo rimasto immutato nel tempo, dove si respira un'atmosfera magica, dal fascino tutto francese. Lasciamo a malincuore questo gioiello artistico e ritorniamo al camper. Continuiamo sempre sulla D 680, deviando, poi, sulla 922 per Aurillac. Stiamo abbandonando il territorio dei vulcani e degli altopiani d’Alvernia per dirigerci verso le Gorges du Tarn, enormi gole scavate dal fiume nel corso dei millenni, nel dipartimento del Lozère. Per arrivarci, seguiamo le indicazioni per Rodez. Imbocchiamo, quindi, la D920 (lungo la strada, a Montsalvy, sulla D 920, c'è un'area camper gratuita; si paga solo € 2 per il Camper Service - GPS: 44.70804, 2.49687) e giungiamo a Saint-Côme d'Olt, piccolo borgo medievale dell’Aveyron, la cui caratteristica è data dal curioso tetto a spirale del campanile della Chiesa, che sembra avvitarsi nel cielo. 
Saint-Côme d'Olt
Facciamo una sosta, entrando nel cuore antico del villaggio da una delle tre porte fortificate. E' piacevole passeggiare lungo le sue stradine lastricate, racchiuse tra le mura ben conservate di alti palazzi e belle dimore. Saint-Côme d'Olt è una tappa di pellegrinaggio sul Cammino di Santiago de Compostela, un tronco della quale, passando ai piedi dei monti d'Aubrac, è stato inserito nel patrimonio mondiale dell'Unesco. Visto che ormai è tardi, ci fermiamo per passare la notte nel piccolo, ma curato, campeggio in riva al fiume (Camping Bellerive, Rue du Terral n. 40,  Saint-Côme d'Olt - GPS: 44.51412, 2.81813 (€ 12,00 nel 2012)


31/08/2012: 7° giorno - da Saint-Côme d'Olt, nell’Aveyron (regione Midi-Pyrenées), alle Gorges du Tarn, nel Lozère (regione Languedoc-Roussillon) 

(km 75 con il camper)

Saint Eulalie
Lasciamo Saint-Côme d'Olt e proseguiamo in camper sulla D988 verso le Gorges du Tarn. Un viaggio piacevole, che non annoia mai. I paesaggi variano continuamente e, lungo le panoramiche stradine che attraversano il dipartimento dell’Aveyron, si incontrano alcuni borghi medievali che celano meravigliose perle di storia. S. Eulalie merita una sosta; come Saint-Côme d'Olt, visitato ieri, fa parte dei borghi più belli di Francia ed ha ricevuto il primo premio dei villaggi fioriti. Passeggiando lungo le sue antiche strade, strette e tortuose, si scopre tutto lo charme e la bellezza di questo luogo dall'aspetto medievale, costruito con i ciottoli del fiume Lot (Òlt, in occitano), sulle cui sponde sorge il villaggio. 
Saint Eulalie
Con calma ritorniamo al camper e continuiamo, quindi, il nostro itinerario in direzione della regione del Lozère, superando boschi, foreste e pascoli. Un’overdose di verde. 
Poco dopo Saint Laurent, seguiamo le indicazioni per le Gorges du Tarn, uno dei più grandi canyon d'Europa, che alterna zone di corso calmo a rapide, talvolta tra pareti rocciose alte 500 metri. La D998  intervalla tratti abbastanza ampi a tratti più stretti, ma il traffico è scarso e non incontriamo alcuna difficoltà, come del resto è stato su tutte le strade finora percorse. Puntando verso S. Enemie (c'è un'area camper gratuita, con Camper Service, a La Canourgue, in Avenue du Lot - GPS: 44.43326, 3.21177), raggiungiamo una posizione molto alta sulle gole, dalla quale possiamo estendere lo sguardo su un buon tratto delle stesse. 
Gorges du Tarn (foto reperita sul web)
Scendiamo, poi, verso il piccolo borgo, costruito in una verde e stretta conca ai piedi di alte pareti rocciose e dominato dalle imponenti rovine di un antico monastero, da dove inizia, dopo una sosta, il nostro giro delle gorges. L’idea iniziale era quella di farlo in bici, ma vedendo le dimensioni della strada, conveniamo che sia troppo pericoloso per noi, che saremmo, a nostra volta, d’intralcio alle vetture, per non parlare dei bus e dei pulmini con il rimorchio di canoe, che riportano al punto di partenza coloro che sono scesi lungo il torrente. Per fortuna sono state create diverse piazzole che permettono di parcheggiare i veicoli e scendere per osservare meglio le gole. 
Purtroppo, spesso, nei posti più suggestivi, non c’è la possibilità di fermarsi per fare fotografie e sono davvero dispiaciuta. Provo a fare qualche scatto dal camper, ma non sempre l’obiettivo riesce a cogliere quello che vedono i miei occhi. A Malène c’è il bivio per il Pont Sublime (861 m s.l.m), roccione a picco sul Tarn e miglior punto d'osservazione sul selvaggio Causse de Sauveterre, che dista 12 km. Chiedo ad alcune persone del posto se sia possibile arrivarci col nostro bestione, ma le risposte non tranquillizzano Marco e così decidiamo di soprassedere. Tutti i 50 km delle gole sono meravigliosi, ma alcuni tratti sono più spettacolari di altri; la strada corre tra pareti di roccia giallo-ocra, ora lisce, ora frastagliate. 
Essendo pomeriggio inoltrato dell’’ultimo giorno di agosto, il traffico non è così sostenuto come, credo, possa esserlo in alta stagione o nelle ore centrali della giornata, e anche Marco, guidando il camper, riesce a godersi il paesaggio, facendo però molta attenzione nei punti in cui le rocce sporgono pericolosamente. 
A Le Rozier, piccolo villaggio ai margini della Corniche de Causse Mejan, un’ampia area montuosa molto verde e di grande bellezza, superiamo il ponte che attraversa il Tarn ed imbocchiamo la strada delle Gorges della Jonte. Poco dopo il paese troviamo una piazzola dove passare la notte. Un incanto vedere la luna piena e luminosa sorgere dietro le pareti rocciose delle gole.

01-02/09/2012: 8° - 9° giorno - dalle Gorges della Jonte alla Corniche des Cévennes (dip. Lozère - regione Languedoc-Roussillon) e ritorno in Italia 
(km 764 con il camper)

E’ sabato e siamo ormai agli sgoccioli. Già si percepisce che le nostre vacanze stanno per concludersi. Partiamo con il camper da Le Rozier, porta d’accesso alle Gole della Jonte, meno imponenti di quelle del Tarn, ma altrettanto affascinanti: 20 km di grande bellezza. Dall’alto della nostra posizione possiamo osservare i piccoli borghi che sorgono sulle sponde scoscese del fiume o addirittura in fondo alla gola. Faccio fatica a credere che qualcuno possa abitare in posti così isolati, eppure qualche casa è stata ristrutturata e noto segni di vita laggiù. C’è persino una teleferica per il trasporto delle merci. 
Procediamo sempre con molta attenzione sulla D996. Nonostante il traffico sia limitato, la strada è stretta e noi siamo piuttosto ingombranti. All’uscita della gola, la valle si allarga e, piano piano, ci inerpichiamo verso il Col de Perjuret (1031 m), che valichiamo. Stiamo attraversando una tra le zone più selvagge e scarsamente popolate della Francia, dimenticata o ignorata dal turismo di massa. Vasti orizzonti si allargano davanti ai nostri occhi; terre brulle, arse dal sole, spazzate da un vento impetuoso. Incrociamo la D907, che seguiamo fino a Racoules, dove, al bivio, giriamo a destra sulla D49 e, subito dopo, ci immmettiamo sulla D9, riprendendo nuovamente a salire verso la Corniche des Cévennes, un altopiano desolato, lungo circa 50 km. 
Si dice sia “uno dei percorsi panoramici più suggestivi”, però è interminabile, senza variazioni e, nonostante io mi sforzi di coglierne la bellezza, dopo un po’ il paesaggio diventa monotono. Ormai siamo qui e da qui incomincia il nostro viaggio di ritorno verso l’Italia. 
Tutto sommato, il clima mutevole e la particolare formazione del territorio di questa zona centrale della Francia, costituita da tutta una serie di altopiani e da profonde valli, non ci ha consentito di visitarla in bici come avremmo voluto, ma, viaggiando con il camper, siamo pur sempre riusciti ad apprezzare il fascino di questa regione. 
Senza rimpianti, dunque, scendiamo verso Saint-Jean-du-Gard e seguiamo la D50 in direzione di Alès. Continuiamo, poi, sulla D6 verso Bagnols; un breve tratto sulla D86 e, quindi, deviamo sulla D994 verso Bollène, dove imbocchiamo la D94. In seguito, riprendiamo ancora la D994 per Gap. Attraversiamo il bel dipartimento della Drome, con le sue verdi colline, gli uliveti ed i filari infiniti delle vigne, che lasciano il posto, poco oltre, alle selvagge gole di Saint May e, successivamente, alle prime propaggini delle Alpi. Circa 30 km prima di Gap ci fermiamo al parcheggio del villaggio di Serre per passare la notte (Boulevard de la Digue, nei pressi dell'Ufficio del Turismo - GPS: 44.42914, 5.71766).
Lago di Serre-Ponçon
Domenica mattina. Il vento si è calmato, finalmente. L’aria è fresca, limpida e luminosa. Viaggiando verso Briançon, il paesaggio cambia; s’intravedono le alte cime delle montagne spruzzate di neve. Costeggiamo l’azzurrissimo lago di Serre-Ponçon, superiamo Embrun ed entriamo nella splendida valle della Durance, racchiusa tra alte catene montuose. Ecco Briançon, con il suo imponente forte. Due passi nel bel centro storico sono di rito, ogni volta che si passa di qua. Valicato il Monginevro, siamo nel Bel Paese e già si sente aria di casa. Un pizzico di malinconia mi pervade al pensiero che domani si ritorna alla quotidianità. Così è la vita, ma “dopo ogni meta raggiunta, il mio animo esploratore, solo temporaneamente appagato, si accende di nuovi desideri, sogna luoghi ancora sconosciuti. ...”. 
(PS: Passando da Susa, solitamente ci fermiamo alla comoda e gratuita area sosta per camper, con camper service e allacciamento alla corrente elettrica - dietro la stazione ferroviaria - GPS: N45.138610, E7.054000)