Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

mercoledì 4 gennaio 2012

24/07/2011: Colle delle Finestre + Tour dell’Assietta (Piemonte) -(53 km – 2200 metri dislivello in mountain bike)

(Susa – Colle delle Finestre – Cima Ciantiplagna – Frais – Chiomonte – Susa)

Apro gli occhi e ... tendo le orecchie. Tutto tace ed è un buon segno. Forse non siamo venuti a Susa per niente. Ieri sera, improvvisamente, dopo il Palio storico dei borghi, si era levato un vento fortissimo, di quelli che fan piegare paurosamente le fronde degli alberi, e aveva continuato a soffiare con furia durante la notte. Impossibile pensare di salire in mountain bike al Colle delle Finestre e fare il giro dell’Assietta con quelle condizioni. Ma stamattina, per fortuna, è tornata la calma, o quasi; che bellezza, non tornerò a casa con le pive nel sacco! Scarichiamo le bici dal camper, parcheggiato, per l'occasione, dietro la tranquilla stazioncina ferroviaria di Susa, in un'area di sosta gratuita, dotata di pozzetto ed energia elettrica. Con grande entusiasmo e curiosità partiamo verso la nostra nuova avventura. La strada che sale al Colle delle Finestre, per chi proviene da Torino (uscita autostrada Susa Est), si trova sulla sponda sinistra della Dora Riparia. Pertanto, trovandoci noi sulla Statale 25, che corre sull’argine destro del fiume, dobbiamo attraversare quest’ultimo sul ponte e portarci sulla Statale 24, seguendo le indicazioni per Meana, Frais, Colle delle Finestre. Raggiungiamo velocemente il bivio e imbocchiamo la strada a destra che s'inerpica tra le case di Meana con pendenze che, così a freddo, tagliano da subito le gambe. All'altezza del ponte della ferrovia, una rampa al 14% mi manda in leggero affanno. Per fortuna dopo Meana la pendenza si attenua un po' e si stabilizza, mantenendosi tra il 9 ed il 10%. Lasciamo alle nostre spalle le case e gli orti del piccolo borgo e saliamo immersi in uno splendido e fitto bosco di castagni, mentre la strada comincia ad avvitarsi attorno alla montagna in una serie incredibile di tornanti, che si susseguono, uno dopo l’altro, in maniera serrata (28 in circa 3 km). Le gambe mi fanno un po' male, forse perché mi alleno poco con la mountain bike, che, tra l’altro, pesa quasi il doppio di quella da corsa ed ha i copertoni che aderiscono all’asfalto come una ventosa. Ho scelto le ruote grasse per affrontare questa salita, perchè gli ultimi 9 km non sono asfaltati ed inoltre la nostra intenzione è quella di proseguire oltre il Colle e fare un giro sulla dorsale dell'Assietta. Così le gambe fanno quello che possono ed io, per distogliere il pensiero dalla fatica, mi concentro sul paesaggio, che certo non lascia indifferenti. Ci troviamo nel Parco Osiera-Rocciavrè. Il cielo è limpido e azzurro, l'aria fresca e non tira vento, per ora. Speriamo si mantenga così per il resto della giornata, altrimenti sono cavoli. Dopo circa 10 km finisce l’asfalto e inizia lo sterrato o, meglio, la cosiddetta strada bianca, larga e dal fondo abbastanza compatto. In ogni caso io non me la sarei proprio sentita di percorrerla con la bici da corsa, come hanno fatto i corridori del Giro d’Italia e come fanno alcuni ciclisti amatoriali. Prima del Giro la strada era stata “pulita”, ma ora in molti punti è ricoperta da un’infinità di sassolini e il rischio di forare o di perdere l’equilibrio è reale. Usciamo dal bosco e, a questo punto, il paesaggio cambia completamente: la strada adesso sale serpeggiando in mezzo a vaste distese erbose. La scelta del rapporto medio davanti risulta azzeccata, soprattutto dopo aver superato due bikers che, avendo invece optato per il rampichino, danno l’impressione di fare una fatica immensa. Salendo con regolarità i muscoli si scaldano e le gambe cominciano a girare bene, tanto che ricevo i complimenti da un ciclista che sale con la bici da corsa. Mi chiedo come abbia fatto costui a percorrere gli ultimi, stretti tornanti prima del colle, dove la carreggiata è piuttosto sconnessa, anche a causa dei fuoristrada che faticano a salire e smuovono la terra con le ruote, creando solchi e avvallamenti pericolosi per i ciclisti. Una volta scollinati, lo spettacolo è grandioso: da qui si dominano le valli sottostanti e le vette alpine che le incoronano. C’è un po’ di folla. Del resto è una domenica soleggiata di luglio; vacanzieri e gitanti possono salire comodamente anche da Sestrière e da Fenestrelle, attraverso una buona strada asfaltata. Infatti il valico collega la Val di Susa con quella del Chisone. Faccio qualche coccola ad un dolcissimo pastore tedesco e poi, dopo aver chiesto informazioni, ripartiamo verso l’Assietta.

Scendiamo circa 250 metri lungo la strada asfaltata del versante opposto ed imbocchiamo un largo sentiero che sale alla sua destra in modo abbastanza deciso verso il Colle della Vecchia. Qui il rampichino lo uso anch’io. Il fondo è di quelli che ti impediscono di distogliere gli occhi dalle ruote e la concentrazione è al massimo .. una minima distrazione e si rotola a valle. Ogni tanto ci fermiamo per goderci il panorama. Sarebbe da stupidi pedalare in un posto tanto meraviglioso senza ammirare il paesaggio circostante e così ne approfittiamo anche per fare qualche fotografia. La Strada dell'Assietta è di origine militare e si snoda, per oltre 30 km, quasi interamente sopra i 2000 metri. Salvo alcuni giorni ed orari, in cui vige il divieto, è aperta anche ai motociclisti, ma presumo che soltanto le moto da enduro o da cross possano percorrerla.

Lungo il tragitto notiamo le fettucce rosse del passaggio di una Gran Fondo. Spero in cuor mio che i corridori abbiano fatto il giro nel nostro senso di marcia e che ci abbiano preceduti, perché, in caso contrario, per me sarebbe una tragedia. Scopriremo più tardi che, proprio questa mattina, si è corsa la 24^ edizione del Tour dell'Assietta (82 km per la Marathon e 57 km per la Gran Fondo), con professionisti del calibro di Deho, Tiberi, Mirko Celestino, Sandra Klomp e la bellezza di 1200 partecipanti. L’abbiamo scampata bella! Strano, però, avevo creduto che il giro dell’Assietta si sarebbe svolto tutto in quota e, quindi, visto che al Colle delle Finestre ci trovavamo già a 2176 metri di altitudine, mi aspettavo di pedalare, se non in piano, almeno in leggera pendenza. Ma qui si continua a salire senza tregua e il sentiero tira da matti. Purtroppo il mio Garmin si è scaricato ed il contachilometri del mio compagno d’avventura è rimasto a casa. Inoltre entrambi non portiamo l’orologio.

Così non abbiamo nulla che possa indicarci la pendenza, la distanza e l’ora, ma mi sembra che sia trascorso un tempo interminabile da quando abbiamo lasciato il Colle delle Finestre. Finalmente arriviamo ad un fortino e ne approfittiamo per mangiare un boccone ed indossare il k-way, non perché inizi la discesa, ma perché quassù c’è un aria così gelida che fa venire la pelle d’oca anche in salita. Il panorama è eccezionale, si vede all’orizzonte il lago del Moncenisio, il Rocciamelone e tutta una serie di catene montuose. Risaliamo in sella, convinti che ormai manchi poco alla Testa dell’Assietta. Stiamo salendo da una vita e non è possibile che si debba continuare ancora per molto. Pedalo con passo stanco per un tempo infinito e la pendenza non accenna a diminuire, anzi. Anche Marco, che è abbastanza allenato ed ha la forza di un mulo, inizia a manifestare segni di insofferenza e dubbi sull’esattezza del tracciato che stiamo percorrendo.

Purtroppo non c’è anima viva a cui chiedere informazioni, ma, a questo punto, mi sembra insensato tornare indietro. Vedo il mio compare in preda ad una leggera apprensione. Non voglio farmi contagiare dalla sua ansia; non mi sento in pericolo e la paura, si sa, è una brutta compagnia. La mia unica preoccupazione è che il tempo non cambi repentinamente; per il resto ci rimangono ancora diverse ore di luce e prima o poi incontreremo una strada che scende, altrimenti, di questo passo, stavolta, finiamo davvero in paradiso. Così rimuginando, procedo a fatica in mezzo alle rocce, con il vento che comincia a soffiare a raffiche, l’aria gelidissima che fa lacrimare gli occhi. Marco ogni tanto va avanti in avanscoperta, poi ritorna per darmi notizie. Niente, la strada continua a salire. Ma quanti chilometri avremo fatto? Proprio nel momento in cui mi sto chiedendo se forse non sia il caso di ritornare sui nostri passi, vedo Marco venirmi incontro più sollevato; mi informa che siamo giunti a Cima Ciantiplagna, GPM della Gran Fondo, nientedimeno che alla ragguardevole quota di 2849 metri. Accipicchia, adesso capisco perché la salita non finiva più! Basta dare un’occhiata al fondovalle per capire che siamo veramente in alto.

Faccio un bel respiro e mi rilasso, tutto è bene ciò che finisce bene. Il problema è che, adesso, abbiamo davanti una discesa interminabile. O, almeno, è quello che io immagino. Invidio la mountain bike biammortizzata di Marco, che gli permette di scendere comodamente seduto. Io, invece, per evitare gli scossoni, dovrò tenere staccato il mio posteriore dalla sella, in una posizione tale da mettere ko le mie povere gambe, già martoriate dalla lunga salita. Ma, ahimè, poco dopo un’amara sorpresa. Si ricomincia a salire. Non ci posso credere! Ma dove diavolo siamo finiti? Adesso la strada non sarà tutta un su e giù all’infinito ... ci sarà pure un sentiero che scende a valle! Mi trovo a pensare come sarebbe passare la notte a questa quota con maglietta, calzoncini e k-way. Non perdiamo la calma e non fasciamoci la testa prima che si sia rotta. Sangue freddo e tutto si risolverà nel migliore dei modi. E intanto continuiamo a salire, il tempo passa e nulla succede. Finchè un incrocio ci coglie di sorpresa. Non è un miraggio, c'è proprio un ampio sentiero che scende verso il basso. E c’è pure un cartello di legno sul quale leggiamo “Frais”. Alleluia! Conosciamo questa località, per fortuna, e sappiamo che da lì si può raggiungere Chiomonte e poi Susa. 

Il sentiero è abbastanza ripido e invaso da pietre, ma non importa; ciò che conta in questo momento è perdere quota. Via, giù, a rotta di collo, con l’umore che sale man mano che si scende. Siamo adesso nel meraviglioso bosco di Salbertrand; senza dubbio uno dei più belli che io abbia mai visto in vita mia, quello che un bambino si immagina leggendo una fiaba, con alberi secolari, immensi e dai tronchi forti e giganteschi. Tutto sommato, se non fosse stato per quel pizzico di angoscia che mi è preso nel viaggiare così alla cieca, avrei potuto apprezzare meglio il percorso e quei luoghi estremamente selvaggi. Non era proprio questo il giro che avevo programmato. In effetti non abbiamo raggiunto la Testa dell’Assietta, ma siamo arrivati alla Punta del Gran Serin e anziché scendere al paese di Salbertrand siamo scesi a Chiomonte. Tuttavia, nel bene e nel male, è stata una grande esperienza e penso che ci ritornerò, sull'Assietta, magari partendo dalla Val Chisone, perché mi è rimasta dentro la voglia di completare il giro e la curiosità di sapere quanto mancava ancora alla nostra meta.

E la prossima volta non dimenticherò di caricare il mio Garmin, tra l’altro munito di GPS. Di certo, essere consapevoli dello spazio e del tempo, dà un po' più di tranquillità.

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