Grumello del Monte, 14/09/2010
Nella zona in cui vivo, gli sterrati hanno pendenze assassine. Non solo. Spesso i sentieri sono ingombrati da massi e radici, a volte viscidi e scivolosi. Perciò, in discesa, è necessario mollare i freni, se non ci si vuole catapultare e, questo, l’ho imparato a mie spese. Purtroppo, a causa della forte pendenza, la bici acquista subito velocità e, pertanto, serve la massima concentrazione per evitare di fare voli acrobatici. Sono, perlopiù, percorsi difficili, ma non c’è molta alternativa. La pausa pranzo è lunga, ma non abbastanza da permettermi di allontanarmi troppo. O così o pomì. Ma sì, un pizzico di adrenalina non può che far bene!
Appena uscita da casa, imbocco la salita che porta alla chiesetta del Calvario. Sono circa 2 km di sterrato, con un tratto iniziale pavimentato. Subito una rampa al 15%, seguita da un'altra al 18% e da una successiva al 15%. Adoro questo luogo. A sinistra, la vista spazia sulle Prealpi Orobiche e, a destra, su Montorfano e la piana che lo circonda. Al tramonto lo spettacolo che si gode da quassù è davvero impagabile.
Proseguo su asfalto fino al campo sportivo della caratteristica frazione di S. Pantaleone e, poi, tiro dritto su per un’altra rampa di 700 metri al 16%, fino alla chiesetta degli Alpini. Da qui, nelle giornate limpide, si vedono gli Appennini. Continuo fino a Gandosso, scendo verso Villongo e prendo la scorciatoia per Foresto Sparso, dove inizia la salita per San Giovanni delle Formiche, lunga circa 3,5 km. Anche qui pendenze di tutto rispetto, con tre rampe dal 14 al 16%. Arrivo alla cappelletta e svolto a destra in direzione Entratico.
2,5 km in leggera salita, con brevi tratti al 9-11%. Che bella questa strada che corre in mezzo a prati e boschi in totale silenzio! Inizio la discesa, ma, poco dopo, svolto a sinistra e imbocco uno sterrato che scende a Zandobbio, passando per località Grena. Arrivo alla cava e faccio dietro front, perché voglio percorrere questi 3 km di sterrato anche in salita. Mi piace tantissimo, perché la strada, oltre ad essere all’ombra, è abbastanza ampia e i primi 2 km facili. Pendenza blanda e buon fondo. Poi, però, arriva il bello: una rampa di 700 metri, metà in bitume che sembra un gruviera e metà in terra compatta e rocce. Mi chino sul manubrio per evitare che la bici si impenni e pedalo velocemente con il cuore a mille. Sono così presa dallo sforzo che non mi ricordo di guardare la pendenza, ma di certo supera il 20%.
Proseguo su asfalto fino al campo sportivo della caratteristica frazione di S. Pantaleone e, poi, tiro dritto su per un’altra rampa di 700 metri al 16%, fino alla chiesetta degli Alpini. Da qui, nelle giornate limpide, si vedono gli Appennini. Continuo fino a Gandosso, scendo verso Villongo e prendo la scorciatoia per Foresto Sparso, dove inizia la salita per San Giovanni delle Formiche, lunga circa 3,5 km. Anche qui pendenze di tutto rispetto, con tre rampe dal 14 al 16%. Arrivo alla cappelletta e svolto a destra in direzione Entratico.
2,5 km in leggera salita, con brevi tratti al 9-11%. Che bella questa strada che corre in mezzo a prati e boschi in totale silenzio! Inizio la discesa, ma, poco dopo, svolto a sinistra e imbocco uno sterrato che scende a Zandobbio, passando per località Grena. Arrivo alla cava e faccio dietro front, perché voglio percorrere questi 3 km di sterrato anche in salita. Mi piace tantissimo, perché la strada, oltre ad essere all’ombra, è abbastanza ampia e i primi 2 km facili. Pendenza blanda e buon fondo. Poi, però, arriva il bello: una rampa di 700 metri, metà in bitume che sembra un gruviera e metà in terra compatta e rocce. Mi chino sul manubrio per evitare che la bici si impenni e pedalo velocemente con il cuore a mille. Sono così presa dallo sforzo che non mi ricordo di guardare la pendenza, ma di certo supera il 20%.
Sbuco di nuovo sull’asfalto e risalgo a San Giovanni delle Formiche. Alla cappelletta svolto a destra e percorro il durissimo chilometro e mezzo che mi separa dalla piccola chiesa. I tornanti sono stretti, non c’è possibilità di respiro. Do una sbirciatina al Garmin: segna 24%. Accipicchia! Poi inizio la discesa nel bosco; è lunga circa 3 km e mi riporterà a Gandosso. Il sentiero, nel primo tratto, è abbastanza ampio, ma completamente ricoperto di pietre; poi risale per pochi metri fino ad un capanno di caccia, ridiscende e, quindi, migliora leggermente. Ora c’è terra compatta, ma le moto da cross, che passano di qua pur essendoci un cartello di divieto, vi hanno scavato al centro un lungo e profondo solco, dove ristagna l’acqua piovana. Procedo con cautela ed equilibrio precario su uno dei bordi della fenditura, cercando di non scivolare dentro la stessa. Poco più avanti incontro grosse rocce che devo saltare. E’ facile, perché sono larghe, ma non troppo alte e la pendenza dolce.
Quando, però, l'inclinazione aumenta, scendo dalla bici. E’ più forte di me. Fosse una roccia sola, potrei anche provare a superarla, ma qui è tutto un susseguirsi di massi e, con la bici che acquista velocità, mica sono sicura di riuscire a mantenere l’equilibrio! E poi sono da sola. Se mi succede qualcosa, qui passano ore o giorni prima che qualcuno mi trovi. No, no, meglio non rischiare. Il sentiero sbuca, poi, su una radura, sale leggermente, ridiscende e rientra nel bosco. Anche in questo punto c'è un tratto che non mi fido a percorrere in bici, perché è stretto, irto e viscido. Ma la cosa più inquietante è il bel burrone che si apre alla mia destra e, se cado, rotolo giù fino a valle. Ritorno in sella e affronto l’ultima ripida, orribile discesa. Mollo i freni e mi lascio andare, implorando l’aiuto di Dio, mentre le ruote corrono sulle pietre, facendomi sussultare e sbandare. Sono alla località Pitù di Gandosso. La strada adesso è asfaltata.
Quando, però, l'inclinazione aumenta, scendo dalla bici. E’ più forte di me. Fosse una roccia sola, potrei anche provare a superarla, ma qui è tutto un susseguirsi di massi e, con la bici che acquista velocità, mica sono sicura di riuscire a mantenere l’equilibrio! E poi sono da sola. Se mi succede qualcosa, qui passano ore o giorni prima che qualcuno mi trovi. No, no, meglio non rischiare. Il sentiero sbuca, poi, su una radura, sale leggermente, ridiscende e rientra nel bosco. Anche in questo punto c'è un tratto che non mi fido a percorrere in bici, perché è stretto, irto e viscido. Ma la cosa più inquietante è il bel burrone che si apre alla mia destra e, se cado, rotolo giù fino a valle. Ritorno in sella e affronto l’ultima ripida, orribile discesa. Mollo i freni e mi lascio andare, implorando l’aiuto di Dio, mentre le ruote corrono sulle pietre, facendomi sussultare e sbandare. Sono alla località Pitù di Gandosso. La strada adesso è asfaltata.
Salgo al cimitero e, poco dopo, svolto a destra. Un’ultima rampetta al 19% ed ecco il sentiero che scende alla chiesetta degli Alpini di Grumello. Percorro un tratto pianeggiante su terra battuta, supero due pozzanghere, scivolo nel fango viscido e, poi, giù. Saranno un paio di chilometri di discesa, ma qui vedo i sorci verdi. Non sapevo di trovarmi nel regno dei tafani. Questo sentiero l’ho percorso diverse volte, in periodi più freddi, senza problemi. Allora, l’unica mia preoccupazione era stata quella di concentrarmi sulla scelta della migliore traiettoria, che mi avrebbe permesso di superare una serie di sassi che occupavano l’intera sede del sentiero.
Oggi, invece, la faccenda si complica. Non potendo staccare le mani dai freni, tenere a bada i tafani diventa un'impresa da circo.
Sono letteralmente presa d’assalto. Non vedo l’ora che questo inferno finisca. Basta! Mai più di qua! Riemergo, stravolta, sull’asfalto, alle spalle della chiesetta degli Alpini e ripercorro a ritroso la strada fatta all’andata. Nonostante tutto, sono soddisfatta del giro appena fatto.
Mi sento felice e spensierata mentre scendo a manetta verso casa. Una doccia veloce e via, di corsa in ufficio, ma col sorriso sulle labbra.
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