Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)
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martedì 25 aprile 2017

27-31/03/2017: APPENNINO PARMENSE, in camper e bici


Solleticata, da un amico “virtuale”, la mia curiosità intorno alle colline parmensi, una zona che non conosco, propongo a Marco una fuga di qualche giorno (al momento di più non si può) per andarle ad esplorare, ovviamente in bici, il mezzo meccanico ideale per godere al meglio i luoghi e la natura. La logistica comporta la ricerca di aree camper situate in punti strategici, dai quali poter partire agevolmente per le nostre escursioni a due ruote. Essendo la provincia parmense amica del turismo itinerante, non mi è difficile individuare alcune località idonee allo scopo. La prima tappa è prevista a Berceto, che offre una bella area attrezzata e gratuita in Via San Francesco da Sales (si paga soltanto 5 euro al giorno per l'allaccio alla corrente, presso l'edicola in paese). Così, pieni di aspettative, partiamo da casa nel pomeriggio e siamo a destinazione giusto in tempo per contemplare un magnifico tramonto.

 

28/03/2017: VAL BAGANZA - PASSO DEL SILLARA - VAL PARMA 
Anello Berceto - Passo del Sillara – Bosco - Corniglio – Curatico – Signatico – Calestano – Berceto
(85 km – 1.851 metri di dislivello+ in mountain bike, su asfalto)


Berceto, ore 8: guardo perplessa il termometro che segna 3°C e mi vien da ridere, visto che ho portato con me soltanto l'abbigliamento primaverile ed estivo. Mannaggia, oggi ci sarà da barbellare dal freddo! Per fortuna, una volta attraversata la statale della Cisa ed esser scesi per alcune centinaia di metri, iniziamo subito a salire ed a scaldarci. Seguiamo le indicazioni per Corniglio, imboccando la SP 74 che, in circa 8 km e 450 metri di dislivello+, ci conduce al Passo del Sillara (1200 metri slm), il valico che collega le valli dei torrenti Parma e Baganza. La natura da queste parti stenta a svegliarsi. Gli alberi sono ancora completamente spogli e gli unici colori che ravvivano l'ambiente sono quelli delle primule, delle violette e dei crocus. 
Scendiamo per 7 km, godendoci lo splendido panorama delle montagne innevate, che si stagliano di fronte a noi. A Marra saliamo di nuovo per 3-4 km e, dopo Bosco, scendiamo sulla SP40 in direzione di Corniglio. Proseguiamo, quindi, sulla SP13 e, poco dopo Vestola, deviamo a sinistra per Curatico. Percorriamo 2 ripidi km asfaltati ed altri 2 sterrati, prima di renderci conto di aver sbagliato strada. Torniamo giù, all'incrocio, e continuiamo ancora un po' sulla SP40, finchè notiamo la strada giusta per Curatico, più ampia della precedente, ma altrettanto ripida, con pendenze che oscillano tra il 9 ed il 13%. Finora il traffico è stato davvero irrilevante. Pedaliamo nella pace e nel silenzio di luoghi poco abitati; per lo più si tratta di fattorie o agriturismi. 
Superiamo le piccole frazioni di Costa Venturina, Signatico, Alpisella, Canesano e, dopo 7 km abbastanza impegnativi, planiamo verso Calestano, passando, pertanto, dalla Valle del Parma a quella del Baganza, torrenti dall'alveo ampio, ma asciutto. Non ci resta che svoltare a sinistra ed affrontare gli ultimi 24 km di dolce salita sulla SP15, che ci innalzerà, dagli attuali 417 metri di quota, agli 852 di Berceto. Completiamo, così, un bel giro ad anello nel Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, dove non è mancato il magico incontro con una famiglia di cervi. Ci siamo osservati attentamente per un breve istante, dopo di ché le bestiole si sono dileguate nella fitta macchia, senza darci il tempo di fotografarle. E pazienza se i km da 77 sono diventati 85 ed il dislivello è lievitato a 1850 metri, a causa di quello stupido sbaglio di strada; una scusa in più per dar libero sfogo alla voglia infinita di goduriose cibarie, che mi assale verso la fine di ogni giro in bici: tipiche allucinazioni da fame del ciclista!




29/03/2017: TORRECHIARA E MONTECHIARUGOLO (in camper)
In mattinata, con calma, raggiungiamo Torrechiara ed il grande parcheggio gratuito per bus, camper ed auto, situato nel piccolo borgo, ai piedi dello scenografico castello. 
Castello di Torrechiara
Tramite una ripida rampa, guadagniamo l'ingresso all'imponente maniero e paghiamo 4 euro a testa per la visita. E' ben conservato e, seppur privo di arredi, all'interno si possono ammirare bellissimi affreschi. Percorriamo le sue sale e i suoi cortili in lungo e in largo, curiosiamo liberamente in ogni angolo e, sulle torri, ci soffermiamo ad ammirare il paesaggio che da qui si domina: da questa posizione elevata, infatti, si ha una splendida vista su tutta la vallata del Parma e sulle prime propaggini dell'Appennino. Prima di andarcene, passiamo dall'Ufficio Informazioni. Non trovando opuscoli con proposte di itinerari ciclistici nel territorio, mi accontento di una saponetta alla delicata fragranza della famosa Violetta di Parma. Prossima meta: Montechiarugolo. Lasciato il camper nell'ampio parcheggio all'ingresso del piccolo paese, con quattro passi arriviamo davanti al cancello del bel castello, dove scopriamo che, nel mese di marzo, la visita è consentita soltanto durante il fine settimana. Pazienza! E', comunque, un buon posto per trascorrervi la notte.



30/03/2017: SULLE STRADE DEL PROSCIUTTO E DEL PARMIGIANO
Anello Montechiarugolo – Urzano – Capoponte – Lagrimone – Nerviano degli Arduini - Montechiarugolo (Parma)
(76 km – 1007 metri di dislivello+ in mountain bike, su asfalto)


Per la serie “Ciclisti allo sbaraglio in quel di Parma”, partiamo dal castello di Montechiarugolo e, in 6 km pianeggianti, raggiungiamo Traversetolo. Proseguiamo, poi, in falsopiano per altri 13 km sulla SP 98, deviando, quindi, per Urzano. Una volta abbandonato il fondovalle, la strada s'inerpica sulla collina inclinandosi paurosamente, con rettilinei che toccano il 15-16% di pendenza. Continuiamo in direzione di Mozzano e Antreola, sempre leggermente piegati in avanti sul manubrio per evitare che le bici si impennino. Finalmente, dopo 4 interminabili km, scolliniamo ed iniziamo a scendere verso Castelmozzano e Capoponte, zona con la più alta concentrazione di prosciuttifici del parmense. Qui, imbocchiamo la SP665R, seguendo le indicazioni per Tizzano (senza arrivarci) e salendo di nuovo per 5 km poco impegnativi. 
Procediamo, infine, ancora in salita, per Bosco, Cisone, Carpaneto e Antognola, pervenendo, dopo circa 6 km ed un paio di saliscendi, a Lagrimone (713 metri slm). Ci concediamo una sosta per recuperare le energie e, senza fretta, ci avviamo verso Neviano degli Arduini, nota per i suoi caseifici che producono il famoso Parmigiano Reggiano. Rimaniamo più o meno in quota per 5 km, osservando i morbidi rilievi che si estendono intorno a noi, dopo di ché affrontiamo una lunga, panoramica discesa, interrotta da una breve contropendenza poco prima di Neviano. All'incrocio con la SP98 giriamo a sinistra ed in falsopiano torniamo a Montechiarugolo, ripercorrendo la medesima strada dell'andata. 
Le colline parmensi in questo periodo sono splendide. Qua, a quote più basse, la natura si sta risvegliando e gli alberi da frutto, con i loro rami fioriti, regalano un'atmosfera primaverile di rara bellezza. Purtroppo, non aveva nulla di magico e poetico la bisciona che stava attraversando la strada proprio al nostro passaggio. All'urlo disumano, che non ho saputo trattenere alla sua vista, la malcapitata, disorientata, alzando la sua testolina, è scattata velocemente in avanti con quel tipico movimento ondulatorio dei serpenti. Penso di averla spaventata a morte, poverina!
In serata ci trasferiamo a Salsomaggiore Terme, nell'area camper di Via Antonio Gramsci. Nonostante si trovi vicino alla stazione ferroviaria, tutto sommato, è tranquilla.




31/03/2017: PASSO DI PELIZZONE E CASTELLO DI BARDI
Anello Salsomaggiore Terme - Pellegrino Parmense - Passo di Pelizzone - Bardi - Varano Dè Melegari - Pellegrino Parmense - Salsomaggiore Terme
(114 km – 1.895 metri di dislivello+ in mountain bike, su asfalto)


Castello di Pellegrino Parmense
Avendo come meta il castello di Bardi, partiamo da Salsomaggiore Terme seguendo la SP359R, che ci condurrà, dopo 10 km in falsopiano ed altri 4 di salita al 7-9% di pendenza, dapprima al Valico di S. Antonio (650 metri slm) e, poi, con una discesa di 6 km, a Pellegrino Parmense, borgo dominato da un piccolo maniero medievale, che si erge sulla sommità di un dolce rilievo. Quindi, sempre sulla medesima strada, raggiungiamo Bore, percorrendo 17 km in leggera salita ed alcuni saliscendi. All'incrocio, svoltiamo a sinistra e saliamo ancora per 3 km, scollinando al Passo di Pelizzone (1.021 metri slm), dove una lunga discesa di 10 km ci deposita, infine, all'antico nucleo di Bardi, con la sua imponente fortezza arroccata su uno sperone roccioso alla confluenza dei torrenti Noveglia e Ceno. 
Castello di Bardi
Il castello, purtroppo, in questo periodo dell'anno, è aperto soltanto il sabato. Un po' delusi, consumiamo la nostra merenda seduti su una panchina, e, poi, ci avviamo verso Varano Dè Melegari, scendendo 4 km sulla SP28 e percorrendone altri 25 in falsopiano lungo la valle del Ceno, torrente che, poco più avanti, confluirà nel Taro. 
Anche qui il castello Pallavicino è chiuso. Non ci resta che tornare a Pellegrino Parmense, deviando sulla SP 30. I 10 km di dolce salita scorrono veloci sotto le nostre ruote, come pure i successivi 2 in discesa, ma soffriamo una sete bestiale, in quanto le fontanelle sono tutte chiuse. Per fortuna riusciamo a rifornirci d'acqua prima di risalire al Valico di Sant'Antonio. Affrontiamo così gli ultimi 7 km di ascesa al 6-9% di pendenza, al termine dei quali, non ci rimangono che 4 km di discesa ed altri 10 in falsopiano per concludere questo bel giro, su e giù per le colline parmensi. 
Le temperature abbastanza elevate e la mancanza di fontanelle aperte lungo la strada, ci hanno creato, però, qualche difficoltà. Su un percorso di 114 km, siamo riusciti a riempire le borracce solo a Bardi ed a Pellegrino Parmense. 
A questo punto, comunque, non posso esimermi dal fare un elogio agli automobilisti parmensi, sorprendentemente rispettosi dei ciclisti. Tutti, camionisti inclusi, ci sorpassavano ad almeno un metro e mezzo di distanza. 
Castello di Varano dè Melegari
Si sarebbe potuto pensare di essere in Germania o Svizzera, se non fosse stato per le strade dissestate, devastate da profonde crepe sull'asfalto. In ogni caso, il traffico è stato contenuto e abbiamo, per lo più, pedalato in luoghi tranquilli, dove gli unici rumori erano quelli prodotti dalle motoseghe o dai tagliaerba. 
Veder volteggiare nel cielo due bellissimi falchi, a pochi metri di distanza, nei pressi del Passo di Pelizzone, è stata la ciliegina sulla torta di questa magnifica giornata. Un'emozione inaspettata, da togliere il fiato!
(PS: Purtroppo, la visita di Salsomaggiore Terme, salterà, dovendo rientrare velocemente a casa, al termine del nostro giro in bici, a causa di un lutto in famiglia. Sarà per un'altra volta!)




sabato 23 novembre 2013

08/09/2013: NEL PIACENTINO, OSPITI DELLA B.F.T. BURZONI


(Dalla Val Trebbia alla Val Tidone:  86 km – 1310 metri di dislivello, in bici da corsa)

Ogni anno e ormai da un po’ di tempo a questa parte, la famiglia Burzoni di Piacenza invita i componenti del gruppo ciclistico OMPG a trascorrere una giornata in sua compagnia. Il programma prevede una pedalata sui colli piacentini con alcuni rappresentanti della B.F.T. Burzoni (società che, dagli anni ’70, opera nel settore dell’utensileria meccanica nonché nel commercio di macchine utensili) e un pranzo dalla stessa offerto. Da amante della solitudine quale sono, non vi avevo mai aderito, ma c’è sempre un’eccezione alla regola e stavolta la curiosità aveva avuto il sopravvento. L’idea di andare alla scoperta di un territorio, quello appenninico, che poco conoscevo, scortata da ciclisti del posto, tutto sommato mi allettava. E così avevo colto l’occasione, del tutto ignara della serie di situazioni a dir poco rocambolesche a cui sarei andata incontro.
Alle 6:00 di un’umida domenica di settembre, pertanto, mi ritrovo puntualmente nel cortile delle Officine Meccaniche O.M.P.G. di Cividino. Oltre a me, sono presenti altri 11 dei 15 partecipanti all’evento, pronti alla partenza. Abbiamo addirittura la scorta di due moto, guidate da un paio di dipendenti della suddetta azienda bergamasca. 
Nessuno brontola con i ritardatari e nemmeno se la prende quando una parte della truppa, distrattamente, procede dritto verso Verona, sulla A4, anziché deviare sulla A1 per Piacenza. La nostra sosta nell’Autogrill di Cremona si prolunga di parecchi minuti per consentire ai disertori di raggiungerci. Giampaolo, direttore commerciale della B.F.T. Burzoni e, oggi, nostra guida ciclistica, ci aspetta per le 7,30, ma è evidente che non riusciremo ad essere in orario. Ammiro il controllo e la correttezza di Pierino, il nostro boss, che non batte ciglio quando i piani organizzativi vengono stravolti dai casinisti di turno e nemmeno addossa loro la colpa del ritardo, quando Giampaolo lo incalza con garbo al cellulare. Che siano questi i segreti del successo? 
Val Trebbia (foto presa dal web)
Dunque, se non ho contato male, siamo 18 eterogenei ciclisti e questa nostra diversità metterà ancor più a dura prova la pazienza dello sventurato Giampaolo nelle ore a venire. Il poveruomo, indotto dal suo senso di responsabilità a fare la spola tra l’inizio e la fine del gregge, al termine della giornata si ritroverà nelle gambe il doppio dei nostri chilometri e del nostro dislivello. Eppure, tutte le sue attenzioni non varranno ad evitare, prima della conclusione del giro, lo smarrimento di una pecorella, con le ovvie conseguenze. Ma di questo parlerò più avanti. Nel frattempo abbiamo raggiunto Gazzola e la splendida, immensa proprietà dei Burzoni. Il padrone di casa ci accoglie con molta familiarità e semplicità, venendoci incontro preceduto da una coppia di eleganti pastori tedeschi. Se la prima impressione è quella che conta, devo dire che quella da me provata supera ogni aspettativa. Ci offre del tè e non so che altro, perché, mentre i miei compagni giustamente ne approfittano, io dispenso coccole e carezze ai due bellissimi cagnoni, ricevendo in cambio una sublime leccata all’orecchio. 
Pietra Perduca (foto presa dal web)
Ma adesso è ora di cambiarci e partire, la Val Trebbia ci aspetta. Si va verso sud e subito iniziano i saliscendi a cui noi bergamaschi montanari non siamo abituati. I garretti si lamentano un po’, ma li ignoro … passerà. Intanto la moto-staffetta ci scorta lungo il percorso e i due operai dell’OMPG, a bordo del Vespone, filmano e immortalano la nostra sofferenza senza pietà. Non trascorre molto tempo prima che qualcuno annunci l’attacco imminente della salita: 12 chilometri e 480 metri di dislivello, quindi molto dolce. La strada si restringe e la fila si allunga, per poi sfilacciarsi piano piano. Rimango con Pierino, Vincenzo e due giovani dipendenti della Burzoni. 
Siamo ai margini dell’Appennino Emiliano, in un ambiente caratterizzato da morbide colline argillose. Il panorama, man mano si sale, diventa sempre più grandioso e spettacolare. Un enorme masso, che si erge alla nostra sinistra, attrae la mia attenzione. Giampaolo 2, che oggi sarà il mio angelo custode e la mia guida turistica, mi informa che ci troviamo nella zona delle “Pietre”; quella che sto osservando in questo momento è la Pietra Perduca e si riconosce dalla chiesetta che vi è stata eretta, ma ce ne sono altre nei dintorni, come la Pietra Parcellara, che troneggia, anch’essa solitaria e dall’alto dei suoi 836 metri, sul paesaggio circostante. Intorno a noi predomina il colore della terra in tutte le sue tonalità, dall’ocra al marrone. I passaggi in cresta, poi, sono meravigliosi, sebbene la strada sia spazzata da un forte vento che piega la bici lateralmente ed io sia più concentrata a mantenere l’equilibrio che a guardarmi attorno. 
Passo Caldarola
Al colle, che scoprirò, poi, essere il Caldarola (738 metri alt.), attendiamo di ricomporre le fila, ma, visto che la sosta va per le lunghe ed essendo ormai risaputo che in discesa io sono una cosa indecente, chiedo il permesso di avviarmi verso Pecorara. Un tal Giancarlo, che afferma di non brillare molto più di me come discesista e che conosce i luoghi, si offre di farmi compagnia. Scendiamo, quindi, insieme i dolci tornanti, ma, ad ogni bivio, ci fermiamo, per ripartire non appena qualcuno ci raggiunge e che, a sua volta, rimane ad aspettare coloro che ancora mancano all’appello, così come da disposizioni saggiamente impartite da Gianpaolo. Quest’ultimo, infine, ci precede per indicarci una via che si stacca alla nostra sinistra e che rappresenta la seconda asperità della giornata. Se non ho capito male, questa dovrebbe essere la salita di S. Remigio; è lunga soltanto 4 km, ma presenta delle rampe irtissime nell’ultimo tratto. Poco prima di scollinare inizia a piovigginare. Fidandomi delle previsioni meteo favorevoli, non ho portato con me il k-way. Poco importa, non fa freddo, anzi. Però, con l’asfalto viscido, dovrò essere ancor più prudente quando scenderò dall’altro versante.
Val Tidone (foto presa dal web)
Onde evitare ulteriori perdite di tempo, al colle non mi fermo con i miei compagni e, seguita da alcuni di essi, inizio a planare lentamente verso Nibbiano e la Val Tidone, fino all’incrocio con la statale 412. Qui dovremo essere tutti riuniti prima della galoppata finale. L’attesa si prolunga, pare che qualcuno abbia forato. Giancarlo si avvia con calma ed io lo seguo, venendo, poi, raggiunti e risucchiati dal resto del gruppo. “E’ un falsopiano in discesa pedalabile”, aveva annunciato Giampaolo con entusiasmo, già pregustando l’ebbrezza della corsa. Di certo non mi aspettavo una simile carica. Marciano intorno ai 50 km/h, una velocità supersonica per me e a cui non sono preparata. L'avanzata impetuosa della cavalleria mi coglie di sorpresa, non riesco ad allineare prontamente il mio passo al loro. Che imbranata! E’ un attimo ed inevitabilmente mi stacco. Mi dispiace essere quella che rompe le uova nel paniere, però è con sollievo che vedo il capo banda venirmi incontro per portarmi in salvo. Poi, invece, cambia idea e torna verso il gruppo per rallentarne la marcia. Una volta rientrata, ecco che si riparte ancora a tutta. Stavolta non mollo, neanche sui saliscendi che incontriamo dopo aver attraversato il ponte sul torrente Tidone. Mi accorgo con sorpresa che sto andando davvero bene e la cosa comincia a piacermi, ma ad un certo punto qualcuno si accorge che Federico non è più con noi. Parapiglia generale. Evidentemente al bivio, anziché attenderci, l’indisciplinato ovino ha tirato dritto e il povero Giampaolo, che senz’altro oggi avrebbe preferito essere altrove, dopo averlo rintracciato telefonicamente, è costretto ad andare a recuperare pure lui per riportarlo sulla retta via. Grande Giampaolo! Un controllo invidiabile anche da parte sua. Soltanto un impercettibile movimento delle labbra ha fatto trapelare la sua contrarietà. Nel frattempo Giampaolo 2, Giancarlo ed io decidiamo di proseguire con un’andatura più umana, mentre gli altri attendono il rientro del disperso. La strada adesso segue un percorso ondulato, ma con Giampaolo 2 che ci taglia l’aria e viaggia ad una velocità ideale per me, è uno spasso. Lungo i 15 km che mancano all’arrivo a Gazzola, ci perdiamo Giancarlo almeno 5 o 6 volte. Ridiamo e rallentiamo per consentirgli ogni volta di raggiungerci. 
Castello di Rivalta (foto presa dal web)
Ecco il magnifico castello di Rivalta, la strada percorsa con il furgone stamattina e la via privata che sale alla tenuta dei Burzoni. Vedo due figurine venirci incontro sorridendo ed intuisco essere la moglie e la figlioletta del mio angelo custode. Adesso capisco la sua voglia di arrivare! Il Sig. Burzoni, che di nome fa Alberto, dopo aver offerto gentilmente un bicchiere d’acqua a me e a Giancarlo, mi scorta verso la zona piscina, dove posso farmi una bella doccia, fresca e tonificante. Quando arrivano gli altri sono già bell’e pronta. Poi tutti a tavola sotto il porticato. Mister Alberto, è rammaricato: il brutto tempo non gli ha permesso di allestire la tavolata nel grande giardino, in mezzo al verde. A me sembra bellissimo anche qui: dalla mia posizione, la vista spazia sulla pianura sottostante e si perde lontano, verso l’orizzonte sfocato. Pranzare così, dominando dall’alto un panorama tanto vasto, mi dà un senso di infinito, di pace ... nonostante i 45 vivaci commensali. Con noi e per la gioia dei miei compari, ci sono anche le simpatiche ragazze della squadra di volley sponsorizzata dalla B.F.T. Burzoni. Una bella compagnia, tenuta allegra soprattutto dal padrone di casa, un personaggio unico, un grande come pochi, e dall’estroversa figlia Arianna: un fiore di donna, alta, attraente e spiritosa, ma senza dubbio anche intelligente e determinata, se il padre l’ha voluta al suo fianco nella conduzione dell’impresa. 


Si brinda un po’ a tutti, ma soprattutto all’OMPG, alla quale il mitico Alberto rende omaggio con un bellissimo elogio, meritato e che condivido, non dimenticando di menzionarne anche i dipendenti, che contribuiscono con il loro lavoro al successo dell’azienda. In due parole racconta la storia dei tre ragazzi, che dal nulla hanno creato una grande officina meccanica nel bergamasco. Forse un po’ si riconosce in loro, essendo anch'egli, come i fratelli Gavazzeni, figlio di contadini. Uomini semplici ed umili, orgogliosi delle proprie origini, che hanno lavorato duramente e di cui essere fieri; tra i pochi che, in questi anni di marasma, riescono a reggere la crisi economica e godono di grande credibilità, non solo in Italia, ma anche all’estero. Uomini dove una stretta di mano ha ancora un valore e dai quali si ha molto da imparare.

mercoledì 5 giugno 2013

QUATTRO GIORNI SULL'APPENNINO EMILIANO in camper e bici (25-28 aprile 2013)



 

1° giorno - GIOVEDI’: Verso la Valle del Panaro e il Monte Cimone

Il ponte del 25 aprile è un’occasione da cogliere al volo per trascorrere qualche giorno sull’Appennino Emiliano. Già pregustando aria di vacanza, imbocchiamo la “Serenissima”, direzione Venezia, per poi deviare, a Brescia, sull'“Autostrada dei vini”, verso Piacenza ed immetterci, quindi, sulla più famosa e battuta “Autostrada del Sole”. Cielo limpido e azzurro, aria frizzante e venticello primaverile. Chiacchiera, chiacchiera, arriviamo quasi a Bologna, mentre saremmo dovuti uscire al casello di Modena Sud. Alla faccia della distrazione! Dietro front, giusto in tempo per evitare l’infinita coda dei vacanzieri diretti verso le spiagge romagnole. Una veloce consultazione della cartina ci consente di individuare la via più breve per Vignola. La cittadina, famosa per le sue ciliegie, si trova all’imbocco della Valle del Panaro, ampia e luminosa, che risaliamo con circospezione, alla ricerca di un posteggio per il camper, poichè l’intenzione sarebbe quella di raggiungere, da qui e in bici, il Monte Cimone (2.165 metri di alt.). Non troviamo nulla adatto allo scopo, perciò continuiamo, costeggiando il Panaro e dirigendoci verso Fanano e Sestola (scopriremo, tre giorni più tardi, che ci era sfuggito il parcheggio posto all’ingresso del Parco dei Sassi di Roccamalatina, dall’altra parte del fiume). 
Magnifico lo scenario di cime innevate che si apre davanti ai nostri occhi. Siamo nel Parco Regionale dell’Alto Appennino Modenese, detto anche Parco del Frignano. La bellezza del luogo è, però, deturpata da un orrendo edificio, forse un albergo, che si erge sul fianco della montagna: un pugno nell’occhio, ma anche nello stomaco; è davvero disgustoso. 
Anziché entrare nel centro di Sestola, al bivio svoltiamo a sinistra e proseguiamo per un paio di chilometri verso le piscine, dove troviamo l'area comunale, attrezzata e gratuita, per i camper, alla fine di Via Guidellina, dopo la piscina e il campo da calcio - per info clicca qui - (GPS: 44.22599, 10.7737  /  44° 13' 34" N,  10° 46' 25" E).
E’ già quasi l’una del pomeriggio, ma c’è tutto il tempo per fare un giretto prima del calar del sole. Inforcate le nostre bici, partiamo alla conquista della vetta. La strada, oltre ad essere dissestata, s’impenna subito, costringendomi, almeno per i primi chilometri, ad affrontare pendenze a doppia cifra. 
Un occhio a terra, per evitare l’asfalto infido, e un altro al cielo, per cercare di capire le intenzioni di quelle nuvole grigie che si stanno ammassando sopra la mia testa. Quest’anno la primavera è più bizzarra del solito: si concede con il contagocce. Il freddo non ha ancora mollato del tutto la sua morsa e la pioggia ormai è diventata una quotidianità. Quando la pendenza si addolcisce, posso indugiare un po’ più a lungo con lo sguardo anche sul meraviglioso paesaggio circostante. A sinistra, il Monte Cimone, ammantato di neve, a destra, le dolci propaggini dell’Appennino. Lungo il cammino notiamo diversi sentieri segnalati, dai nomi fiabeschi, che s’inoltrano nei boschi. Qui è stato istituito il Cimone Bike Park, un parco progettato per offrire il massimo divertimento ai bikers, in un'area facilmente accessibile e immersa in scenari da sogno. 
Peccato che la neve e le piogge persistenti degli ultimi giorni li rendano ancora inagibili. Scolliniamo dopo circa 12 km e, alla biforcazione della strada, prendiamo la via a sinistra, scendendo al lago della Ninfa, ancora coperto dal ghiaccio. Da qui, sempre a sinistra, uno sterrato conduce a Fanano, ma anch’esso è occupato dalla neve e impraticabile. L'area ai piedi della seggiovia è invasa da auto e moto. In molti hanno approfittato di questo giorno di festa per fare la classica gita “fuori porta” e divertirsi nell'Adventure Park Cimone. Notiamo un'area attrezzata per i camper, purtroppo aperta soltanto da giugno a settembre. Ritorniamo, pertanto, sulle nostre ruote e ripercorriamo gli ultimi 4 km fatti all’andata. 
Ci infiliamo, quindi, in una stradina secondaria, ripida e dall’asfalto quasi inesistente, che scende a Fanano. Superato il primo tratto dissestato, il manto stradale migliora. Valeva la pena deviare di qua. Posso godermi, in tutta tranquillità, il panorama dei monti e della valle anche da quest'altra angolazione. 
Giunti in paese, dopo circa 11 Km, riprendiamo a salire verso Sestola. Sei chilometri dolci e in buono stato, attraverso distese di prati fioriti. Ecco la rotonda, il bivio e, dopo le piscine, il piazzale con il camper che ci attende paziente. Abbiamo percorso circa 33 km e mille metri di dislivello, inclusa l’escursione al centro storico di Sestola, raggiunto prendendo, all’incrocio, la strada che sale a destra, in direzione di Castelnuovo Garfagnana. Un paesino grazioso, sovrastato da un castello medievale, che domina le valli sottostanti dall'alto di uno sperone roccioso. Spettacolare la Pasticceria-croccante-cioccolateria Turchi di Marisa Tognarelli in Corso Umberto I n. 40 (https://www.pasticceriaturchi.it/), fornita di ogni ben di Dio. Impossibile resistere alla tentazione di saccheggiare il negozio!

2° giorno - VENERDI’: Parco Regionale del Corno alle Scale

L’indomani, con calma, scendiamo di nuovo a Fanano con il camper. Giunti al fondovalle, dopo aver attraversato il ponte sul Panaro, che qui è ancora allo stato di torrente e prende il nome di Leo, ci immettiamo sulla SS 324, salendo dolcemente, ma in modo tortuoso, verso Lizzano in Belvedere, dove facciamo una breve sosta per visitare un’antica pieve. Ci troviamo nel Parco Regionale del Corno alle Scale, una bellissima zona di montagne e foreste, attraversata da una fitta rete di sentieri escursionistici. Riprendiamo il nostro viaggio sotto una leggera pioggerellina. Superiamo il torrente Dardagna e scendiamo verso Silla, seguendo l’omonimo corso d’acqua. Qui, deviamo sulla SS 64, svoltando, poi, a destra, verso Porretta Terme e Sambuca

Ci fermiamo alla piccola borgata di Taviano, racchiusa in una stretta valle, tranquilla e lussureggiante: un piccolo paradiso! Davanti al Municipio c’è un parcheggio, al quale si accede oltrepassando uno stretto ponticello. Non vediamo alcun divieto di sosta per i camper e, comunque, il luogo pare deserto. Siamo sconfinati in Toscana, nella provincia di Pistoia. Approfittando di una tregua della pioggia, scarichiamo le nostre mountain bike e andiamo ad esplorare la zona. Risaliamo per pochi minuti la SS 64 e poi seguiamo le indicazioni per il Castello di Sambuca. Ci arriviamo dopo un paio di chilometri, inerpicandoci su per una stradina che taglia il fianco della montagna. 
Due passi e due foto al piccolo, ma suggestivo, borgo in pietra e poi ritorniamo a Taviano. Qui giunti, imbocchiamo la strada per Treppio, che diparte di fronte al paese e percorre il versante opposto della valle. Sulla cartina avevo visto che, continuando, poi, si sarebbero potuti raggiungere i laghi di Suviana e Brasimone, nell'omonimo parco, ma un cartello informa che c’è un’interruzione al km 2,8. Andiamo a verificare di persona la situazione. In effetti, una rete è tirata da un lato all’altro della carreggiata, ma si riesce a sollevarla e a farvi passare le bici sotto. Qualche goccia riprende a cadere dal cielo. C’è aria di temporale. Forse non è il caso di allontanarci troppo in una zona che non conosciamo. Il neurone saggio consiglia di rimandare l’escursione a domani. Speriamo sia una giornata migliore!

3° giorno – SABATO: nei luoghi della Granfondo Dieci Colli

La pioggia, che tamburella sul tetto mansardato del camper, è tutto un programma. E te pareva! Inutile attendersi un miglioramento del tempo: il cielo è tutto uniformemente coperto. Decidiamo, così, di continuare il nostro viaggio con il camper. Ci dirigiamo, quindi, verso Porretta Terme e Silla, sulla SS 64. Da qui, deviamo a sinistra verso Gaggio (623 metri alt.), su strada inizialmente ripida, che sale in mezzo ai prati. Alcuni volontari stanno affiggendo i cartelli della Granfondo Dieci Colli che, evidentemente, si correrà domani. Seguiamo, senza averlo voluto, il percorso della gara, che, adesso, continua su dolci e sinuosi saliscendi fino a Castel d’Aiano
Procediamo verso Zocca, sempre su un tracciato ondulato, che attraversa boschi, prati e piccoli borghi. Da queste parti non sembra aver piovuto. Siamo intorno ai 900 metri di quota. Scendiamo, poi, in direzione di Samone e Ponte Samone, lungo i numerosi tornanti che si susseguono uno dietro l’altro, in un paesaggio veramente splendido, fino al ponte sul Panaro, che oltrepassiamo. Su indicazione di una persona del posto, svoltiamo a destra e fiancheggiamo il corso del fiume fino a Casona. Ignorando il primo ponte in ferro, dopo il piccolo paese attraversiamo di nuovo il fiume su un altro ponte, in mattoni questa volta. 
Eccoci, dunque, all’ingresso del Parco dei Sassi di Roccamalatina, dove parcheggiamo il camper nell’apposita area, priva di qualsiasi servizio (Via Pieve di Trebbio n. 1346 - GPS: 44.39773, 10.95093). Leggiamo sulla bacheca che oltre 100 km di sentieri sono fruibili dai visitatori: a piedi, in bici o a cavallo. 14 gli itinerari possibili da seguire, tutti numerati. Un peccato davvero avere i giorni contati!
Siamo accolti con affetto da una dolcissima micetta dal pelo fulvo, ben avvezza, a quanto pare, ai visitatori. Dopo uno scambio di fusa e coccole, si accomoda, con fare dignitoso, sul prato fiorito lì accanto. Grazie del benvenuto e della compagnia!

4° giorno - DOMENICA: Parco dei Sassi di Roccamalatina in mountain bike

Le colazioni che precedono un’uscita in bici sono uno dei piaceri più grandi della vita o almeno della mia. Posso appagare i miei peccati di gola senza avvertire alcun senso di colpa, tanto poi ci pensa il mio inceneritore a bruciare tutto. Mentre osservo, attraverso i finestrini del camper, ciclisti e bikers che si avviano all’interno del parco, attacco con golosità la stecca di cioccolato fondente acquistata l’altro ieri a Sestola, in quell’indimenticabile bottega della ghiottoneria. 
Bici da corsa o mountain bike? La strada, per quel che possiamo vedere da qui, è asfaltata, ma chissà se è tutta così! Come sempre, nel dubbio, la mountain bike ha la meglio, adattandosi a qualsiasi terreno. E allora, partenza! Andiamo a cercare i famosi “sassi”, seguendo l’itinerario n. 3.
Saliamo un primo tratto agevole, seguito da uno strappo assassino; l’unico, comunque, incontrato lungo i circa 30 chilometri percorsi. Al bivio proseguiamo dritto. Poco dopo la strada spiana e l’asfalto lascia il posto allo sterrato. Ecco davanti a noi le gigantesche e spettacolari guglie. 
Ci arrampichiamo su per la collina e poi scendiamo, seguendo le indicazioni poste ad ogni biforcazione della strada, che adesso si restringe e si infila nel bosco, con una ripida discesa. Grosse pietre rendono malagevole il nostro procedere. Un ponticello in legno ci consente di superare un ruscello e ci scodella in una piccola radura provvista di un’area attrezzata per picnic, già occupata dai gitanti. Continuiamo, quindi, su un piccolo sentierino in terra battuta. Una curva secca a sinistra e mi blocco con il pedale a mezz’aria. E adesso come ci arrivo io lassù? Me lo sentivo, era ineluttabile, logico, naturale. Non poteva filare tutto liscio! Mi sa che abbiamo sbagliato percorso. Probabilmente questo è solo per podisti ... e capre. Pazienza, ormai siamo qui. Trascino la bici su per il pendio impervio. Una fatica immane, per circa un paio di chilometri. Finalmente sbuchiamo sull’asfalto. Tenendo sempre la sinistra, arriviamo al centro visite, dove il custode ci propone la scalata alla sommità della rupe. Quando gli mostriamo le nostre scarpette, munite di tacchette di ferro, l’ometto conviene che le stesse non siano proprio adatte a camminare sulla roccia. A questo punto non ci resta che tornare al camper. Ci avviamo verso lo sterrato che si addentra nel bosco, ma il custode ci dissuade dal prendere questa via, più adatta ai pedoni, consigliandoci, invece, la carrozzabile. Tentenniamo un po’, ma visto i precedenti, ci lasciamo convincere. 
E così, planando dolcemente verso valle, raggiungiamo il parcheggio. Un giro breve, visto che s’ha da rientrare prima di rimanere intrappolati in autostrada, ma piacevole. Quattro giorni sono volati, ma, si sa, in vacanza il tempo scorre sempre troppo in fretta.