Ammetto la mia ignoranza. Mi ricordavo che sul
Pasubio si era combattuta una guerra di posizione tra le truppe italiane e
quelle austro-ungariche durante la prima Guerra Mondiale, ma non riuscivo a
localizzare questo massiccio in un punto preciso del nord-Italia.
Mi ci sono imbattuta per
caso,
un giorno, consultando la
cartina alla ricerca di nuovi itinerari ciclistici. Inoltre, in una delle nostre scorribande degli ultimi fine settimana nei suoi dintorni, abbiamo pure scoperto l’accesso alla “Strada delle 52 gallerie”. Avevo
già sentito parlare di questo particolare itinerario un paio d’anni fa e mi ero
ripromessa di percorrerlo prima o poi.
Non posso descrivere la mia meraviglia e
la mia gioia nell’averlo scovato domenica scorsa, mentre valicavo il Passo di
Xomo. Non potevo lasciarmelo sfuggire. Così, per questo week-end, mi sono
organizzata anche per un’escursione a piedi. Ed eccola qui, adesso, davanti a me, la bella montagna dalle pareti dritte e rocciose, dalle forme affascinanti, sul confine tra il Veneto ed il Trentino, tra Schio e Rovereto. L'ingresso alla "Strada delle 52
gallerie" dista circa 7 km dal parcheggio per camper. Quest'ultimo, illuminato e provvisto di camper service, si trova 3 km dopo la frazione di Sant'Antonio e 1 km prima di Pian delle Fugazze, 500 metri oltre il bivio per la “Strada delle 52 gallerie” e per il Passo Xomo (GPS: 45.76333, 11.17409 - tariffa: euro 5, pagabili presso il rifugio Balasso, 500 metri più su). Essendo la carreggiata troppo
stretta per potervi transitare con il camperozzo, decidiamo di raggiungere la nostra meta con le bici.
Perciò, dal parcheggio, scendiamo 500 metri e ci
inerpichiamo su per la ripida stradina che si stacca alla nostra sinistra in direzione passo Xomo, ma
solo per 6-700 metri. Poi procediamo in piano e in dolce salita per oltre 4 km,
fino al crocevia, dove svoltiamo di nuovo a sinistra.
Arrancando per altri 2 km
piuttosto impervi, arriviamo al parcheggio di Bocchetta di Campiglia.
Incateniamo fiduciosamente le bici ad un cartello stradale e, cambiate le
scarpette con gli scarponcini, partiamo per la nostra avventura. Questa
mulattiera militare, costruita durante la prima guerra mondiale sul massiccio
del Pasubio, è, infatti, interdetta alle bici.
Si parte dai 1200 metri di quota
per arrivare ai 2000 del punto più alto in circa 6,5 km e si attraversa il
versante meridionale del monte, caratterizzato da guglie, gole profonde ed alte
pareti rocciose. La pendenza media è del 12%, con punte al 22%. Le gallerie, per la maggior parte brevi, sono tutte
numerate e si susseguono una dietro l’altra. Ci siamo muniti di due piccole
torce, sufficienti per non inciampare. Il fondo è molto irregolare e viscido a
causa dello stillicidio dell’acqua che scende dalla roccia. La galleria più
lunga è la 19^: misura 320 metri ed ha quattro tornanti; la più curiosa è la
20^, che sale a spirale all’interno di un torrione roccioso.
Tra un tunnel e
l’altro si aprono scenari straordinari e panorami mozzafiato. Salendo di quota,
veniamo inghiottiti dalle nuvole e ci ritroviamo a camminare sospesi nel nulla.
Solo noi, le rocce e la nebbia che soffia dal basso, fagocitando ogni cosa.
Potrebbe sembrare inquietante, invece qui è tutto incredibilmente bello: i fiori sulle rocce, il falco che plana sopra le nostre teste, il silenzio. Le
ultime gallerie le percorriamo in discesa, verso il Rifugio Papa, che si
intravede, laggiù, ad una quota leggermente inferiore, quando le nuvole,
passando veloci, lasciano aperto un varco.
Visto che non possiamo goderci il
paesaggio, ci fermiamo giusto il tempo di rifocillarci e poi, lasciando il
rifugio alla nostra sinistra, ci avviamo dalla parte opposta. Imbocchiamo la
Strada degli Scarrubi, uno sterrato più agevole e percorso anche dai biker, ma
altrettanto panoramico, che, in circa 7-8 km, attraverso i piccoli sentieri che
permettono di tagliare i tornanti, ci riporta al parcheggio di Bocchetta di Campiglia. Le nostre bici sono ancora lì, con i borselli sotto le selle e le scarpette
appese al manubrio, così come le avevamo lasciate.
Del resto, ci siamo detti: chi ama la montagna rispetta la natura e se il rispetto è insito nelle persone, questo si estende anche ad altri ambiti, compresa la proprietà privata.
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