(Jausier – Col de la Bonette – Jausier)
(km 23 di salita – 1515 metri di dislivello – in bici da corsa)
Aspettavo con impazienza questa settimana di vacanza in bici e camper nell’Alta Provenza. Marco ed io, infatti, percorreremo qualche breve tratto della Route des Grandes Alpes, “il più affascinante itinerario montano per ciclisti e motociclisti” che si snoda su 684 km e 17 passi, dal Lago di Lemano, nei pressi di Ginevra, a Menton.
Attraverso il Colle della Maddalena, sabato sera raggiungiamo Jausiers (1.213 metri di alt.), nella valle dell'Ubaye, in territorio francese e parcheggiamo il camper nell’apposita area, gratuita, ma priva di corrente. Nei pressi, per il carico e lo scarico dell’acqua, c’è un’attrezzatura che funziona soltanto con la carta di credito, forse per evitare il furto delle monetine. Il villaggio è veramente piccolo e tranquillo; in due passi lo visitiamo tutto, ragion per cui ne approfittiamo per andare a nanna presto ed essere pronti l’indomani a scalare il leggendario Colle della Bonette, salita storica del Tour de France, di 23 km e 2802 metri di quota. Questo colle è situato all'interno del Parco Nazionale del Mercantour, al confine tra i dipartimenti di Alpes-Maritimes e Alpes de Haute Provence. Così, domenica mattina, dopo aver riempito gli zainetti con cibarie varie, agganciamo i pedali delle nostre bici ed imbocchiamo subito la “plus haute route d’Europe”, come indica il cartello stradale all’inizio della salita. Per la verità non è proprio così, ma fingiamo di crederci. Attraversiamo il ponte sul fiume Ubaye, mentre la strada comincia a salire dolcemente tra piccoli borghi e vecchie cascine. Da subito veniamo assaliti da un nugulo inviperito di mosche. Ci circondano dalla testa ai piedi e si depositano a grappoli sui nostri corpi. Ho i guantini letteralmente ricoperti di mosche. Non c’è verso di allontanarle. Inutile agitare le mani per scacciarle; dopo qualche secondo le maledette ritornano disciplinatamente ai loro posti. Che tormento pedalare così! Marco sostiene che, una volta saliti di quota, le mosche ci abbandoneranno, ma dovremo pedalare ancora una decina di chilometri prima di liberarcene. Per fortuna la pendenza all’inizio è blanda, intorno al 6-7%.
Mi distraggo osservando ciò che mi sta intorno: i prati stranamente senza fiori, i cippi a bordo strada che indicano i chilometri percorsi, quelli rimanenti e la pendenza media del chilometro successivo. Beh, devo dire che la prima impressione non è entusiasmante: il paesaggio è abbastanza scialbo e desolato, per nulla paragonabile alla vivace bellezza dei passi dolomitici, ma ogni montagna ha un proprio fascino e unicità, come le persone, basta saperli cogliere. Tornante dopo tornante, saliamo di quota. Al settimo chilometro siamo già a 1700 metri di altitudine. E' tutto molto tranquillo; l'unico suono è quello dell'acqua che scorre nei torrenti.
Superiamo una baita e, dopo un breve tratto in discesa, ritorniamo a salire, ma in modo più deciso. Infatti le pendenze adesso si innalzano all'8-9%, con punte al 12%. Il paesaggio diventa sempre più brullo, con pietre e massi disseminati sul pendio della montagna, mentre, a ricordarmi che stiamo pedalando ad una quota significativa, ci pensano i fischi delle marmotte. Il cielo si è annuvolato, l’aria è diventata più fresca. Qualche moto a farci compagnia, poche auto e pochi ciclisti. A quota 2000 metri siamo circa a metà salita. Mancano ancora 11 km al Colle e 800 metri di dislivello. Un pianoro, un'altra baita ed altri tornanti. Risaliamo un costone roccioso ed ecco, al sedicesimo chilometro, un piccolo lago, alimentato dai ruscelli che scorrono lungo i pendii della montagna. Dopo un chilometro pianeggiante, la strada si dirige con decisione verso sinistra.
Mi distraggo osservando ciò che mi sta intorno: i prati stranamente senza fiori, i cippi a bordo strada che indicano i chilometri percorsi, quelli rimanenti e la pendenza media del chilometro successivo. Beh, devo dire che la prima impressione non è entusiasmante: il paesaggio è abbastanza scialbo e desolato, per nulla paragonabile alla vivace bellezza dei passi dolomitici, ma ogni montagna ha un proprio fascino e unicità, come le persone, basta saperli cogliere. Tornante dopo tornante, saliamo di quota. Al settimo chilometro siamo già a 1700 metri di altitudine. E' tutto molto tranquillo; l'unico suono è quello dell'acqua che scorre nei torrenti.
Superiamo una baita e, dopo un breve tratto in discesa, ritorniamo a salire, ma in modo più deciso. Infatti le pendenze adesso si innalzano all'8-9%, con punte al 12%. Il paesaggio diventa sempre più brullo, con pietre e massi disseminati sul pendio della montagna, mentre, a ricordarmi che stiamo pedalando ad una quota significativa, ci pensano i fischi delle marmotte. Il cielo si è annuvolato, l’aria è diventata più fresca. Qualche moto a farci compagnia, poche auto e pochi ciclisti. A quota 2000 metri siamo circa a metà salita. Mancano ancora 11 km al Colle e 800 metri di dislivello. Un pianoro, un'altra baita ed altri tornanti. Risaliamo un costone roccioso ed ecco, al sedicesimo chilometro, un piccolo lago, alimentato dai ruscelli che scorrono lungo i pendii della montagna. Dopo un chilometro pianeggiante, la strada si dirige con decisione verso sinistra.
Qui iniziano gli ultimi chilometri più impegnativi al 10-11%. Superiamo alcune fortificazioni militari e, al ventesimo chilometro, ci troviamo nei pressi del Col de Restefond a 2.656 metri di quota. Siamo quasi vicini alla nostra meta e adesso l’ambiente circostante, nella sua selvaggia solitudine, è di una bellezza sconcertante. I due chilometri che ci separano dal colle sono facilmente pedalabili, vista la dolce pendenza. In breve valichiamo anche il colle geografico della Bonette (da non confondere con la vetta), a 2715 metri di quota e ci troviamo all’incrocio con la strada che conduce a Nizza, come indica il cartello segnaletico. Per raggiungere quota 2802, però, dobbiamo continuare dritto e aggirare la cima della Bonette, una piramide rocciosa dall’aspetto cupo, lungo la nuova strada che i francesi hanno tracciato in epoca recente, facendola così diventare la più alta d'Europa. E’ un tratto di circa un chilometro piuttosto ripido. Gli ultimi, aspri tornanti e anche questa è conquistata, con grande fatica, ma altrimenti che soddisfazione sarebbe?
L’aria è gelida, ma non c’è alcun rifugio o costruzione dove ripararsi; solo una stele rocciosa con una targa nera che, oltre ad indicare la quota di 2802 metri, racconta la storia di questa strada, costruita, per volere di Napoleone, per collegare Nizza a Briançon attraverso i colli Bonette, Vars e Izoard. Dall’altra parte della carreggiata, un irto sentiero consente di raggiungere, dopo un'arrampicata di 10 minuti a piedi, un belvedere posto a 2860 metri di quota, dal quale si può godere di uno spettacolare panorama a 360° e dove una table d'orientation permette di individuare le alte vette che si stagliano all’orizzonte.
L’aria è gelida, ma non c’è alcun rifugio o costruzione dove ripararsi; solo una stele rocciosa con una targa nera che, oltre ad indicare la quota di 2802 metri, racconta la storia di questa strada, costruita, per volere di Napoleone, per collegare Nizza a Briançon attraverso i colli Bonette, Vars e Izoard. Dall’altra parte della carreggiata, un irto sentiero consente di raggiungere, dopo un'arrampicata di 10 minuti a piedi, un belvedere posto a 2860 metri di quota, dal quale si può godere di uno spettacolare panorama a 360° e dove una table d'orientation permette di individuare le alte vette che si stagliano all’orizzonte.
A questo punto non c'è altro da fare che ritornare a Jausiers attraverso la medesima strada. Mentre planiamo verso il fondovalle, con calma e ormai senza più il fardello della fatica, possiamo osservare meglio il paesaggio che, in discesa, offre scorci più ampi e lontani. E già penso alla salita che ci aspetta domani: il Colle della Cayolle.
Nessun commento:
Posta un commento