78 km - 1786 metri di dislivello, in mtb, su asfalto
Come
siamo finiti a Maniago, in Friuli Venezia Giulia, è presto detto:
cercando un'area camper in Valcellina, ne ho trovata una attrezzata
proprio lì, gratuita, con camper service e colonnina per l'allaccio
alla corrente elettrica. Incredibile, ma vero! Da amante degli orridi
e delle forre, da tempo desideravo vedere quella scavata, nel corso
di milioni di anni, dal torrente Cellina. Ed ora ci siamo, quasi.
Scaricate le nostre mountain bikes, partiamo subito in salita verso
la Val Colvera. Il cielo si sta annuvolando, ma non minaccia pioggia; il caldo, però, è già soffocante. Nei pressi della
prima galleria, deviamo a destra, immettendoci nella vecchia strada,
ormai dismessa, che corre stretta tra alte pareti rocciose, lungo il
torrente Colvera, in un ambiente naturale selvaggio e lussureggiante.
Dopo qualche minuto, attraversiamo il piccolo corso d'acqua per mezzo
di un ponticello e ci ritroviamo nuovamente sulla strada principale,
all'imbocco di una seconda galleria, vietata alle bici; un sentiero e
una passerella in ferro ci consentono di sovrapassarla e, grazie ad
una stradina un po' sconnessa, di aggirarla, riportandoci, più
avanti, alla fine del tunnel. Saliamo, quindi, dolcemente per 6 km,
fino a Poffabro, uno dei Borghi più belli d'Italia; ci addentriamo
nei suoi vicoli lastricati, su cui si affacciano antiche case rurali
in pietra a tre o quattro piani, con caratteristici ballatoi in
legno, dopodiché continuiamo la nostra ascesa verso la Forcella Pala
Barzana (842 metri s.l.m.) per altri 9 km. Le pendenze non sono mai
cattive, così da permetterci di ammirare i bellissimi paesaggi delle
Dolomiti Friulane.
Peccato per la foschia, che non consente allo
sguardo di spaziare su orizzonti più lontani, soprattutto una volta
iniziata la discesa, quando il panorama si allarga: quello che
potrebbe offrire, possiamo solo immaginarlo. Eh, ma qui ci torno,
sicuro che ci torno! Magari in una giornata limpida di novembre. Con
le tinte esplosive dell'autunno dev'essere uno spettacolo! Nel
frattempo, giungiamo ad un incrocio; lasciamo alla nostra destra la strada che sale
al paesino di Andreis e scendiamo ancora, andando a confluire nella SR 251, della quale percorriamo soltanto un breve
tratto. Infatti, ci rendiamo conto di aver sbagliato strada, perchè, quella
che interessa a noi, la vediamo qualche metro più in basso. Evidentemente ci
è sfuggito un bivio. Subito dopo una galleria di 250 metri, notiamo,
però, sul lato opposto della carreggiata, un viottolo che, per
fortuna, va a congiungersi con la vecchia strada della Valcellina che
stavamo cercando.
Anch'essa dismessa, è aperta ai pedoni (lo
scopriremo sul posto), nel mese di giugno, purtroppo, soltanto
durante il fine settimana, mentre, nei mesi di luglio ed agosto,
tutti i giorni. Ed oggi è lunedì, 12 giugno. Che jella! Mi sarebbe
tanto piaciuto percorrere questa suggestiva strada storica, lunga
circa 10 km, che passa sopraelevata su una spettacolare forra. Ho
letto da qualche parte che alcuni tratti sono stati scavati nella
roccia ed altri, addirittura, realizzati con delle sporgenze proprio
sullo strapiombo. Non possiamo far altro che proseguire dritto, verso
il lago di Barcis (403 m slm), non prima, però, di aver fatto
qualche scatto a quel poco che si riesce a vedere dell'orrido della
Molassa. Ah, ma torneremo anche qui, promesso! Per raggiungere il
lago, a questo punto, dobbiamo salire ancora un po' e, poi, scendere.
Decidiamo, quindi, di pedalare sulla sponda meridionale del bacino
artificiale, fino all'imbocco della salita di Piancavallo. Per
accedervi, passiamo sopra il muro della diga (dal quale, tra l'altro,
abbiamo, alla nostra sinistra, una vista mozzafiato sull'inizio della
forra del Cellina) - la cui viabilità è regolata da un semaforo - e
lungo un'angusta galleria. Superiamo momentaneamente il bivio per
Piancavallo e andiamo alla ricerca di un posticino dove mangiare con calma i
nostri panini; lo troviamo poco dopo, attraversando il bel lago dai
riflessi turchesi, nel punto in cui le due sponde sono meno distanti
tra loro, su di una passerella in legno, sostenuta da cavi in
acciaio, accessibile anche alle auto. Una volta rifocillati, siamo
pronti ad affrontare i 15,3 km di salita verso la località sciistica
di Piancavallo (1267 m slm) ed i suoi 864 metri di dislivello. La
brutta notizia è che siamo a corto d'acqua: solo a Poffabro abbiamo avuto la possibilità di riempire le borracce e
ormai siamo agli sgoccioli.
Nel frattempo il meteo è cambiato.
Adesso il cielo non è più nuvoloso come prima ed il sole picchia,
feroce, sulle nostre teste. Ci sono 30° C ed un'umidità che si può
tagliare col coltello. Avanziamo con molta fatica nella rigogliosa
Val Caltea, lungo la Strada turistica del Pian delle More: le
pendenze, durante i primi 6 km, sono impietose, con lunghi rettilinei
dove le pendenze si mantengono costantemente tra il 10 e il 12%.
Seppur tra un rettilineo e l'altro si possa tirare un po' il fiato,
il caldo, la mancanza d'acqua e le scarse zone d'ombra ci fanno
soffrire abbastanza. Centelliniamo quelle poche gocce rimasteci: saranno la nostra salvezza, in quanto non troveremo alcuna fontanella
fino a 10 km dalla conclusione del nostro giro. Ma questo lo
scopriremo solo strada facendo. Una volta scollinato, ci fiondiamo nell'unico bar aperto, dove Marco si scola,
tutta d'un fiato, una birra gelata mentre io mi butto su una specie
di ghiacciolo a cui non do il tempo di sciogliersi.
La discesa verso
Aviano è molto panoramica e noi ci godiamo tutti i suoi 14 km: il Giro d'Italia è appena passato di qua,
regalandoci un manto d'asfalto rinnovato. Evviva! Al termine
dell'odierno anello ciclistico mancano ancora una ventina di
chilometri da percorrere sulla pedemontana, di cui una dozzina
vallonati, su strade provinciali e statali, ma devo dire che
l'intensità del traffico da queste parti, paragonata a quella dei
luoghi in cui vivo io, è davvero ridicola. Pertanto, pedaliamo,
tutto sommato, in tranquillità e sicurezza. Ho così la possibilità
di ripensare alle ore appena trascorse. Nonostante il caldo umido ed
i panorami celati dietro un velo di foschia, devo ammettere che
l'itinerario odierno non è stato, per la gran varietà dei paesaggi,
assolutamente monotono: il susseguirsi di valli, montagne, boschi,
forre, torrenti, borghi antichi, ecc., ha reso piacevole lo scorrere
del tempo e dei chilometri. Per non parlare del lago di Barcis, le
cui sponde, accarezzate da una lieve brezza, sono un invito alla
sosta e al relax. Piccoli paradisi ancora intatti e
straordinariamente belli, lontani dal caos e dal turbinio della vita
moderna, da vivere a piedi o in bicicletta, in armonia con la natura.
Nessun commento:
Posta un commento