PARTE 1^: IL TARVISIANO
15-20/06/2017: il Friuli è una regione, per me, quasi tutta da scoprire (avevo visitato, nel 2009, soltanto una piccola parte della Carnia). Ora, per esplorarlo nel migliore dei modi, ho pensato di dedicare una vacanza ad ogni zona, partendo da quella più remota e confinante con Austria e Slovenia: il tarvisiano. Per raggiungerlo, abbiamo percorso la SR 463 e la Statale 13 da Pordenone a Tarvisio, transitando per Gemona, Venzone, Resiutta, Dogna e Pontebba. Navigando in Internet ho trovato tre aree di sosta per il camper: la prima a Malborghetto, presso il Ristorante Rio Argento, ma oggi è giorno di chiusura dell'esercizio e non c'è nessuno; la seconda, in Val Saisera - un prolungamento della Valbruna - anch'essa chiusa da ormai tre anni, perchè frequentata dagli zingari (il parcheggio a pagamento, riservato ai camper e situato alla testa della valle, invece, è proprio fuori dal mondo, in pendenza e senza illuminazione; pur ritenendolo un posto incantevole, Marco sostiene non sia il luogo più adatto per trascorrervi la notte, tanto più che quelle nuvole nere, che avvolgono le cime delle montagne, minacciano tempesta).
Non ci resta che l'area camper comunale di Tarvisio, in Via Armando Diaz - GPS: N46.504420, E13.571300 - a 500 metri dal centro (60 cent. l'ora, 14,40 euro al giorno, pagamento solo con moneta, che una solerte e gentile vigilessa provvede a fornire agli utenti, passando regolarmente al mattino e alla sera). Tarvisio è un bel paesino, ridente e curato, a soli 13 km dal confine austriaco e a 9 da quello sloveno, entrambi raggiungibili comodamente con la pista ciclabile. Quella proveniente dall'Austria, e precisamente da Salisburgo, arriva fino a Grado ed è lunga circa 400 km. Si chiama Alpe Adria ed è una delle più belle d'Europa.
16/06/2017: MONTE SANTO LUSSARI
In mattinata ci trasferiamo al parcheggio riservato ai camper presso gli impianti sciistici di Camporosso. L'impiegata dell'Ufficio Turistico di Tarvisio ci ha raccomandato di non perdere l'escursione al Monte Santo Lussari, dove, ai 1790 metri di quota, sorge un santuario risalente al 1360; da lì, si può godere di un magnifico panorama a 360° sulla conca tarvisiana e sul gruppo del Montasio. Vi si può accedere sia con la telecabina che a piedi, lungo il Sentiero del Pellegrino. Concordemente, io e Marco decidiamo di salire con la telecabina (10 euro cad.) e di scendere a piedi. Alla fine si rivelerà un'ottima scelta, perchè già i soli 13 km di ripida discesa massacreranno all'inverosimile i miei poveri garretti, poco avvezzi a quelle pendenze su ghiaia e sassi. Nonostante indossi scarponcini da montagna, scivolo ad ogni piè sospinto, ma, tra uno scivolone e l'altro, riesco ad arrivare a valle, limitando i danni ad una sbucciatura sul ginocchio destro e ad uno strappo sui pantaloni.
17/07/2017: anello ciclistico Camporosso (816 m) - Ciclovia Alpe Adria fino a Chiusaforte (391 m) - Sella Nevea (1190 m) - Lago di Predil – Tarvisio (732) - Camporosso
(77 km - 884 metri di dislivello, in mountain bike, su asfalto)
Di fianco al parcheggio della funivia di Camporosso (dove abbiamo posteggiato il camper), passa la bellissima Ciclovia dell'Alpe Adria - realizzata sul percorso di una vecchia ferrovia ormai dismessa - molto comoda e sicura per raggiungere i vari paesi della Val Canale e del Canal del Ferro, ma anche i confini di Austria e Slovenia; a dirla tutta, parte da Salisburgo e termina a Grado, dopo circa 400 km, ma, adesso, ci interessa solo il tracciato tarvisiano. Visto che la nostra meta odierna è la Sella Nevea e che la località da cui inizia la salita (Chiusaforte) si trova lungo il percorso della ciclovia, per arrivare lì non c'è niente di meglio che approfittare di questa splendida opportunità. La pista ciclabile è quasi tutta in sede protetta, asfaltata, a due corsie, e attraversa un paesaggio meraviglioso, fatto di montagne e foreste millenarie. A Pontebba, si deve necessariamente pedalare su strade ordinarie, poco trafficate, e passare dal centro del paese, dove una capillare segnaletica ci consente di procedere verso il successivo troncone della pista in direzione Dogna e Chiusaforte. L'unica difficoltà sta nel superare una breve, ripidissima rampa, nei pressi di Pietratagliata, nonchè una scala in cemento e legno, spingendo la bici lungo una canaletta che ne facilita la risalita. Per il resto, fino a Chiusaforte, la strada è tutta in lieve discesa. Pedaliamo su vari ponti in pietra o acciaio, anche sospesi a 40 metri nel vuoto, sopra il Fella - il fiume a carattere torrentizio che ci fa compagnia da Malborghetto - ed all'interno di fresche gallerie illluminate. Davvero tutto molto suggestivo e gradevole.
Alla ex stazione ferroviaria di Chiusaforte c'è un'area di ristoro. Siamo al 33° km. A questo punto, abbandoniamo la ciclabile, che prosegue verso Resiutta, mentre noi, dopo aver attraversato i binari della ex ferrovia, entriamo in paese e svoltiamo, prima, a sinistra e, poi, a destra, in direzione di Tarvisio, andando ad incrociare la statale 13, che attraversiamo grazie ad un semaforo. Ci immettiamo, quindi, sulla SP76, che, in 17,8 km e circa 800 metri di dislivello, ci condurrrà alla Sella Nevea (1190 m slm). La strada corre fiancheggiando il torrente Raccolana, dalle acque limpide e cristalline, che dà il nome all'omonima valle, stretta tra le pareti del Monte Canin, a destra, e del Montasio, a sinistra. I primi 11 km sono dolcissimi, ma, in seguito, s'incontra un segmento che s'impenna al 12% (segnalato). Negli ultimi 6 km, invece, si alternano blande pendenze ad altre più impegnative, ma sempre sotto l'8-9%. Praticamente, il dislivello degli ultimi 6 km (532 metri) è pari al doppio di quello dei primi 11, dove le pendenze rimangono tra il 2 e il 3%. Il tratto più impervio inizia poco dopo una spettacolare cascata, che si getta da un alto precipizio, in località Fontanon, ma, nel complesso, è una salita facile, da gustare più per la bellezza dell'ambiente naturale in cui è inserita piuttosto che per la sua tecnicità. Lungo il percorso incontriamo diverse, brevi gallerie, che non danno preoccupazione, se non per il fatto che si trovano in corrispondenza di alcuni tornanti. Per sicurezza, teniamo acceso sia il faretto posteriore che quello anteriore, anche perchè oggi è sabato e la strada è battuta dai motociclisti, che ci arrivano alle spalle in un battibaleno.
Il cartello segnaletico con la scritta Sella Nevea lo troviamo già circa 2 km prima dello scollinamento, così da trarci in inganno e farci pensare di essere arrivati, mentre la salita non è ancora finita e continua fino agli impianti da sci. Probabilmente d'inverno, quassù, è pieno di gente e di vita, ma adesso è tutto molto tranquillo. C'è un solo bar aperto e qualche avventore seduto ai tavolini esterni, che si sta crogiolando al sole. Intorno al km 52, iniziamo a scendere, non proprio regolarmente, però. Infatti c'è sempre da pedalare, ma, piano piano, perdiamo quota e, dopo pochi chilometri, giungiamo al bel Lago di Predil, dalle acque blu cobalto chiazzate qua e là di verde smeraldo, dove facciamo una sosta sulla sua riva per rifocillarci. Da qui si può vedere la strada che sale verso il Passo di Predil ed il confine sloveno, distante giusto una manciatina di chilometri. Ma il nostro break è di breve durata: di lì a poco, infatti, si alza un forte e fastidioso vento, che ci fa scappare velocemente e ritornare in sella, costringendoci a pestare sui pedali pure in discesa. La strada, comunque, è ampia e poco trafficata, per cui il rientro sulla statale 54 si rivela piacevole. A Tarvisio, ci reimmettiamo, infine, sulla Ciclabile dell'Alpe Adria, il cui ingresso si trova alle spalle della chiesa, e, dopo 5 km, terminiamo il nostro anello, arrivando al punto di partenza. Il meteo è stato benevolo, regalandoci una bella giornata di sole, non particolarmente calda e per nulla afosa, grazie anche al venticello che, più o meno intensamente, ci ha accompagnato per tutto l'itinerario.
18/06/2017: LAGHI DI FUSINE da Camporosso in Valcanale (in mountain bike, su asfalto)
(38 km - 400 metri di dislivello, in mtb, su asfalto)
TRACCIA GPS
TRACCIA GPS
La Ciclovia dell'Alpe Adria, che passa proprio accanto al parcheggio degli impianti sciistici, dove ci siamo posizionati con il camper, è comodissima per spostarsi in bicicletta nel tarvisiano, lungo la Val Canale, il Canal del Ferro e la Valle dello Slizza. Ed è quest'ultima che risaliamo dolcemente, con le nostre mountain bike, per raggiungere i laghi di Fusine; quello inferiore lo guadagniamo dopo uno strappo assassino, mentre quello superiore continuando ancora alcune decine di metri in salita e, quindi, con una breve discesa. Un sentiero, da percorrere esclusivamente a piedi, consente di fare il periplo dei due laghi di origine glaciale, i quali sono collegati tra loro da altri sentieri che serpeggiano in fitti boschi di abete rosso. Un posto da favola, che trasmette serenità e imponenza, dove le cime maestose del Mangart si specchiano nelle limpide acque dei due piccoli bacini.
Rimaniamo a lungo in questo luogo da sogno, godendoci la pace e la bellezza del paesaggio, in completa sintonia con la natura. E' il rombo dei tuoni in lontananza ad interrompere tutto l'incanto, inducendoci a battere in ritirata prima che sia troppo tardi. Ma il temporale è più veloce di noi e, nella sua corsa, non ci risparmia una bella secchiata d'acqua. Repentinamente rispunta il sole e, in men che non si dica, torniamo asciutti. Una volta a Camporosso, la nostra attenzione viene catturata da un cartello segnaletico, che indica la presenza di un faggio secolare. Sono troppo curiosa per non cogliere l'occasione. Attraversato il paese, ci inerpichiamo lungo una rampa tremenda, che mi fa subito pentire della malsana idea avuta. Per fortuna, dopo un centinaio di metri, abbandoniamo l'asfalto e prendiamo un sentierino alla nostra sinistra che scende nel bosco.
Il faggio, qui, non è segnalato, ma, alzando lo sguardo alla mia destra, lo individuo subito, alto e solenne, che svetta verso il cielo azzurro, dominandoci dai suoi 35 metri di altezza. Ai suoi piedi, una targa informa che la sua circonferenza è di 5,30 metri. Valeva la pena fare un po' di fatica per ammirare questo albero monumentale, dal fusto possente, di circa 200 anni, i cui lunghi rami, protendendosi verso l'alto, sorreggono una chioma dal diametro di 25 metri. Gli alberi mi hanno sempre affascinato fin da bambina, ma non so bene perchè e forse una vera ragione non c'è.
19/06/2017: PASSO PRAMOLLO DA CAMPOROSSO IN VALCANALE
(67 km - 1103 metri di dislivello, in mountain bike, su asfalto)
TRACCIA GPS
Venire in Friuli Venezia Giulia senza scalare il Passo Pramollo, non sarebbe concepibile per una pedalatrice come me, amante delle salite. Di questa, in particolare, non so nulla, non avendo avuto il tempo di informarmi. Poco male! Sono pronta a tutto, o quasi: dove non arriveranno le gambe, ci penserà il cuore e la passione! Partiamo, Marco ed io, dal parcheggio della funivia di Camporosso e ci infiliamo subito nella Ciclovia dell'Alpe Adria, che passa proprio lì accanto. Percorriamo, in leggera discesa, la Val Canale, raggiungendo Pontebba in circa 20 km. In paese, troviamo subito il cartello segnaletico che ci indirizza verso il Passo ed il confine con l'Austria. La strada sale dolcemente per circa 1 km, consentendoci di riscaldare i muscoli in attesa del successivo chilometro piuttosto impegnativo, al quale fanno seguito 2 km più agevoli, terminanti in leggera discesa.
Grazie ad un ponticello, attraversiamo il letto asciutto di un torrente, e, dopo una curva a destra, torniamo a salire con più decisione. Ci insinuiamo in un tunnel di 200 metri, con tanto di tornante al suo interno, e procediamo per 5 km impervi, che non concedono tregua, con pendenze che arrivano al 14%. Una breve galleria, un paio di ponti, ripidi tornanti ed un tratto spettacolare, a strapiombo su un burrone che si apre alla nostra destra. Poi, piano, piano la valle si allarga, il paesaggio diventa sempre più suggestivo e le pendenze si addolciscono, permettendoci di recuperare il fiato, prima di affrontare l'ultima impennata al 10%. Ancora 2 km tra il 6 e l'8%, ed eccoci, dunque, giungere in falsopiano ai 1532 metri di quota del Passo Pramollo, dopo 13,5 km, 970 metri di dislivello e 20 tornanti: di qua, la Carnia italiana, dalla parte opposta, la Carinzia austriaca; a dividerle, un piccolo, incantevole altopiano ed un laghetto, nelle cui acque blu topazio si specchiano le alte vette delle Alpi Carniche.
Il mio pensiero, adesso, è tutto preso dalla Wulfenia Carinthiaca, un fiore rarissimo, superstite della flora preglaciale, che cresce solo qui, nel Montenegro e sull'Himalaya. Fiorisce nella seconda metà di giugno, colorando i prati di una particolare sfumatura di blu. Ed oggi è il 19 giugno; quindi, ci siamo! Mi guardo attorno con attenzione. Chissà dove si nasconde! Dieci chilometri quadrati di fiori dovrebbero essere facilmente visibili. Eppure, niente, della Wulfenia non vi è traccia. Non riesco proprio a capacitarmene! Per superare la delusione, non mi resta che tornare in sella alla mia bici e godermi la panoramica discesa verso Pontebba, dove ci attende la bella Ciclovia dell'Alpe Adria. Col cuor leggero, pedalando in tutta sicurezza e tranquillità, torniamo al luogo di partenza. Poter disporre di piste ciclabili come questa e di un simile contesto naturale, aumenta senz'altro la qualità della vita. Un maggior benessere fisico e psichico, si riflette, poi, anche in altri ambiti, da quello sociale a quello lavorativo, a beneficio di tutta la comunità. Sarà questo il segreto del sorriso e della cordialità dei tarvisiani?
20/06/2017: ORRIDO DELLO SLIZZA (in camper, ma ci si arriva facilmente anche in bici e in pochi chilometri da Tarvisio)
L'ultimo giorno di vacanza nel tarvisiano lo dedichiamo ad una breve, ma splendida escursione, a piedi, all'orrido dello Slizza. Ci arriviamo da Tarvisio, prendendo la strada per Fusine e deviando a sinistra, verso la località Boscoverde. Lasciamo il camper al parcheggio (Via Bamberga n. 56, Tarvisio) e, seguendo le indicazioni, perveniamo, in pochi minuti, al monumento dei caduti austriaci nelle guerre napoleoniche. A questo punto, con un ripido sentierino, raggiungiamo le acque chiare e cristalline dello Slizza. Spettacolari passerelle in legno ci consentono di camminare agevolmente lungo la suggestiva gola scavata dal torrente. Quindi, attraversiamo una piccola galleria, realizzata a mano nel 1874 - periodo in cui fu costruita la prima versione di questo percorso - e risaliamo una scala, che ci conduce ad uno sperone roccioso. Da qui, si può ammirare il sovrastante ponte in ferro della vecchia ferrovia Tarvisio-Lubiana, capolavoro di ingegneria risalente al 1870. Procediamo, poi, all'interno di una grotta e su altre passerelle, ritrovandoci, infine, all'imbocco di un sentierino che riporta al punto di partenza. Volendo goderci ancora questo luogo ricco di fascino, decidiamo di ritornare con calma sui nostri passi. Non abbiamo fretta e, così, ci attardiamo un po' lungo la sponda del torrente, saltellando da un masso all'altro come bambini. Non si è mai troppo vecchi per divertirsi!
PARTE 2^: VALCELLINA (da completare)
12/06/2017: Anello: Maniago-Val Colvera-Pala Barzana-Valcellina–lago di Barcis-Piancavallo–Maniago
78 km - 1786 metri di dislivello, in mountain bike, su asfalto
TRACCIA GPS
Come siamo finiti a Maniago, in Friuli Venezia Giulia, è presto detto: cercando un'area camper in Valcellina, ne ho trovata una attrezzata proprio lì, gratuita, con camper service e colonnina per l'allaccio alla corrente elettrica (Via Battiferri n. 6 - GPS: N46.176520, E012.710770). Incredibile, ma vero! Da amante degli orridi e delle forre, da tempo desideravo vedere quella scavata, nel corso di milioni di anni, dal torrente Cellina. Ed ora ci siamo, quasi. Scaricate le nostre mountain bikes, partiamo subito in salita verso la Val Colvera. Il cielo si sta annuvolando, ma non minaccia pioggia; il caldo, però, è già soffocante. Nei pressi della prima galleria, deviamo a destra, immettendoci nella vecchia strada, ormai dismessa, che corre stretta tra alte pareti rocciose, lungo il torrente Colvera, in un ambiente naturale selvaggio e lussureggiante.
Dopo qualche minuto, attraversiamo il piccolo corso d'acqua per mezzo di un ponticello e ci ritroviamo nuovamente sulla strada principale, all'imbocco di una seconda galleria, vietata alle bici; un sentiero e una passerella in ferro ci consentono di sovrapassarla e, grazie ad una stradina un po' sconnessa, di aggirarla, riportandoci, più avanti, alla fine del tunnel. Saliamo, quindi, dolcemente per 6 km, fino a Poffabro, uno dei Borghi più belli d'Italia; ci addentriamo nei suoi vicoli lastricati, su cui si affacciano antiche case rurali in pietra a tre o quattro piani, con caratteristici ballatoi in legno, dopodiché continuiamo la nostra ascesa verso la Forcella Pala Barzana (842 metri s.l.m.) per altri 9 km. Le pendenze non sono mai cattive, così da permetterci di ammirare i bellissimi paesaggi delle Dolomiti Friulane.
Peccato per la foschia, che non consente allo sguardo di spaziare su orizzonti più lontani, soprattutto una volta iniziata la discesa, quando il panorama si allarga: quello che potrebbe offrire, possiamo solo immaginarlo. Eh, ma qui ci torno, sicuro che ci torno! Magari in una giornata limpida di novembre. Con le tinte esplosive dell'autunno dev'essere uno spettacolo! Nel frattempo, giungiamo ad un incrocio: lasciamo a destra la strada che sale al paesino di Andreis e scendiamo ancora fino a confluire nella SR 251, della quale percorriamo soltanto un breve tratto. Infatti, ci rendiamo conto di aver sbagliato strada, perchè, quella che interessa a noi la vediamo qualche metro più in basso. Evidentemente ci è sfuggito un bivio. Subito dopo una galleria di 250 metri, notiamo, però, sul lato opposto della carreggiata, un viottolo che, per fortuna, va a congiungersi con la vecchia strada della Valcellina che stavamo cercando.
Anch'essa dismessa, è aperta ai pedoni (lo scopriremo sul posto), nel mese di giugno, purtroppo, soltanto durante il fine settimana, mentre, nei mesi di luglio ed agosto, tutti i giorni. Ed oggi è lunedì, 12 giugno. Che jella! Mi sarebbe tanto piaciuto percorrere questa suggestiva strada storica, lunga circa 10 km, che passa sopraelevata su una spettacolare forra. Ho letto da qualche parte che alcuni tratti sono stati scavati nella roccia ed altri, addirittura, realizzati con delle sporgenze proprio sullo strapiombo. Non possiamo far altro che proseguire dritto, verso il lago di Barcis (403 m slm), non prima, però, di aver fatto qualche scatto a quel poco che si riesce a vedere dell'orrido della Molassa. Ah, ma torneremo anche qui, promesso! Per raggiungere il lago, a questo punto, dobbiamo salire ancora un po' e, poi, scendere. Decidiamo, quindi, di pedalare sulla sponda meridionale del bacino artificiale, fino all'imbocco della salita di Piancavallo. Per accedervi, passiamo sopra il muro della diga (dal quale, tra l'altro, abbiamo, alla nostra sinistra, una vista mozzafiato sull'inizio della forra del Cellina) - la cui viabilità è regolata da un semaforo - e lungo un'angusta galleria. Superiamo momentaneamente il bivio per Piancavallo e andiamo alla ricerca di un posticino dove mangiare con calma i nostri panini; lo troviamo poco dopo, attraversando il bel lago dai riflessi turchesi, nel punto in cui le due sponde sono meno distanti tra loro, su di una passerella in legno, sostenuta da cavi in acciaio, accessibile anche alle auto. Una volta rifocillati, siamo pronti ad affrontare i 15,3 km di salita verso la località sciistica di Piancavallo (1267 m slm) ed i suoi 864 metri di dislivello. La brutta notizia è che siamo a corto d'acqua: solo a Poffabro abbiamo avuto la possibilità di riempire le borracce e ormai siamo agli sgoccioli.
Nel frattempo il meteo è cambiato. Adesso il cielo non è più nuvoloso come prima ed il sole picchia, feroce, sulle nostre teste. Ci sono 30° C ed un'umidità che si può tagliare col coltello. Avanziamo con molta fatica nella rigogliosa Val Caltea, lungo la Strada turistica del Pian delle More: infiniti rettilinei nei primi 6 km in cui le pendenze si mantengono costantemente e impietosamente tra il 10 e il 12%. Seppur tra un rettilineo e l'altro si possa tirare un po' il fiato, il caldo, la mancanza d'acqua e le scarse zone d'ombra ci fanno soffrire abbastanza. Centelliniamo quelle poche gocce rimasteci: saranno la nostra salvezza, in quanto non troveremo alcuna fontanella fino a 10 km dalla conclusione del nostro giro. Ma questo lo scopriremo solo strada facendo. Una volta scollinato, ci fiondiamo nell'unico bar aperto, dove Marco si scola, tutta d'un fiato, una birra gelata, mentre io mi butto su una specie di ghiacciolo a cui non do il tempo di sciogliersi.
La discesa verso Aviano è molto panoramica e noi ci godiamo tutti i suoi 14 km: il Giro d'Italia è appena passato di qua, regalandoci un manto d'asfalto rinnovato. Evviva! Al termine dell'odierno anello ciclistico mancano ancora una ventina di chilometri da percorrere sulla pedemontana, di cui una dozzina vallonati, su strade provinciali e statali, ma il traffico da queste parti, paragonato a quello dei luoghi in cui viviamo noi, è davvero scarso. Pertanto, pedaliamo, tutto sommato, in tranquillità e sicurezza. Ho così la possibilità di ripensare alle ore appena trascorse. Nonostante il caldo umido ed i panorami celati dietro un velo di foschia, devo ammettere che l'itinerario odierno, per la gran varietà dei paesaggi attraversati, non è stato assolutamente monotono: il susseguirsi di valli, montagne, boschi, forre, torrenti, borghi antichi, ecc., ha reso piacevole lo scorrere del tempo e dei chilometri. Per non parlare del lago di Barcis, le cui sponde, accarezzate da una lieve brezza, sono un invito alla sosta e al relax. Piccoli paradisi ancora intatti e straordinariamente belli, lontani dal caos e dal turbinio della vita moderna, da vivere a piedi o in bicicletta, in armonia con la natura.
A Barcis c'è un'area camper in località Ribe 5 (GPS: 46.190.550, E12.565060), vicino al cimitero, 20 piazzole, ognuna dotata di allaccio idrico ed elettrico, camper service, wc, lavelli per stoviglie, barbecue; tariffa: € 15 / 24 ore - apertura annuale.
05/10/2017:
Come mi ero ripromessa la scorsa estate, sono tornata in Friuli
Venezia Giulia per andare alla scoperta di un'altra area a me
sconosciuta: quella corrispondente alle Prealpi Giulie, al Collio ed
al Carso.
Marco,
come al solito, mi asseconda senza fiatare. Per fortuna abbiamo la
stessa passione per i viaggi e per la bici, così il brav'uomo lascia che sia io
ad occuparmi degli itinerari. Non è mai curioso di sapere dove
andremo e cosa faremo e, quindi, per lui, ogni volta, è una sorpresa, ma non
penso gli dispiaccia. Però, durante le nostre
pedalate, capita, non di rado, che mi faccia modificare, strada facendo, il percorso originario, avendo egli il brutto vizio di trovare delle scorciatoie; l'entusiasmo con cui me le propone m'impedisce di rifiutare. Non vuole proprio capire che mi farebbe felice, all'opposto, con delle
“allungatoie”.
Udine: Loggia del Lionello |
La
nostra prima destinazione, dunque, è Tarcento, la “perla” del Friuli, che
raggiungiamo dopo 4 ore e mezzo di viaggio. Tarcento
è una base ideale per visitare la zona in camper, grazie all’area
attrezzata, ben segnalata e situata in Via Sottocolle Verzan (GPS: N46.214750, E13.225133), nelle
immediate vicinanze del centro storico, in riva al Torre e raggiunta
anche da un piacevole percorso pedonale.
Per
noi, questo, è pure un buon punto di partenza per le nostre
escursioni in bicicletta. Da qui, infatti, andremo ad esplorare, non
solo la valle del Torre e dei suoi affluenti, ma anche la conca del
Ramandolo, con le sue dolci colline ricoperte da vigneti, e la valle
del Cornappo.
Pronti,
via: che l'avventura abbia inizio!
06/10/2017:
VALLI DEL TORRE - GRAN MONTE - SUBIT
Tarcento
-Villanova delle Grotte – Monteaperta – Cornappo – Taipana –
Montemaggiore – Subit – Attimis – Nimis – Tarcento
(65
km – 1.466 metri di dislivello+ in mountain bike)
Il fiume Torre a Tarcento |
Finalmente
è giunto il momento di andare ad esplorare il “Dolce Nord Est”!
Con tale denominazione è stato creato un consorzio, che ha la
finalità di sviluppare l'economia legata al turismo e, perciò, di
far conoscere le peculiarità naturali, vinicole e culturali di
questo angolo idilliaco del Friuli Venezia Giulia. A tal fine sono
state selezionate alcune strade di particolare interesse
paesaggistico-ambientale e collocati cartelli segnaletici ad hoc. E
noi siamo qui, con le nostre mountain bike, proprio per scoprirle.
Con tanta curiosità, partiamo dal centro di Tarcento. Superato il
ponte sul torrente, svoltiamo a sinistra, seguendo le indicazioni per
Lusevera. La SR 646, che fiancheggia il Torre e risale la stretta e
boscosa valle incastonata tra il Monte Stella e il Monte Bernadia,
non è per nulla trafficata. Dopo 4 km poco impegnativi, deviamo a
destra, verso Villanova delle Grotte. Le pendenze s'inaspriscono
piano piano e nei 4 km successivi rimarranno costanti tra il 9 ed il
12%. Poi la strada spiana, per 5-6 km, fino a Monteaperta,
continuando, quindi, in discesa verso Cornappo e Ponte Sambo. Qui,
seguiamo la sponda del torrente Cornappo e, attraversato il bel
borghetto di Debellis, poco dopo incrociamo la strada provinciale che
collega Nimis a Taipana. Ci dirigiamo verso quest'ultima località,
salendo ancora un po' e proseguendo, infine, per Montemaggiore. Alle
spalle del paese inizia un sentiero che si snoda lungo le pendici del
Gran Monte, di cui possiamo ammirare la spettacolare cresta, brulla e
rocciosa, che emerge dalla sottostante foresta. Noi, però, torniamo
all'incrocio precedente e scendiamo verso Campo di Bonis, dove ha
sede un'azienda agricola con maneggio, ritrovandoci, poi, di nuovo
sulla strada per Taipana. Girando a sinistra, in pochi chilometri si
raggiungono la frontiera slovena e Prossenico, ma queste non sono le
nostre destinazioni odierne. Andando dalla parte opposta, invece, con
una breve salitella, arriviamo al bivio per Subit, che imbocchiamo.
La vecchia strada militare, stretta e sconnessa, si addentra nel
bosco e sale impervia per 5 km, con strappi tra il 12 ed il 16%. Ogni
tanto la vegetazione si dirada, mostrando scorci meravigliosi sui
versanti assolati delle montagne, rivestiti da una vegetazione
lussureggiante - che, in questo periodo, sta assumendo le tonalità
calde e dorate dell'autunno - e sulla sconfinata pianura friulana,
la quale si perde all'orizzonte, confondendosi, nella leggera foschia, tra
l'azzurro del cielo e quello del mare. Il territorio in cui stiamo
pedalando è molto importante dal punto di vista faunistico: la
presenza di grandi carnivori, come l'orso bruno e la lince, che hanno
cominciato a ricolonizzare la zona, o di rapaci, come l'aquila reale,
è davvero significativa, perchè questi superpredatori costituiscono
l'anello terminale di quella complessa catena che lega i predatori
alle loro prede e sono, pertanto, rari per natura. L'ambiente
circostante non può che essere integro e ricco di specie.
Ed ecco che, dopo 3 km di discesa, arriviamo a Subit: solo un pugno
di case e una chiesa, ma una posizione invidiabile. Da qui, tra
l'altro, partono diversi itinerari a piedi, di cui 3 tematici ad
anello, della durata di almeno due ore ed ideali per i bambini:
“Sentiero dei folletti: le piante medicinali – Sentiero della
Strega: le piante tossiche – Sentiero delle agane: le piante
alimentari”. Questo paesino, che adesso sembra senza vita, è
rinomato per la coltivazione di fragole e frutti rossi, tant'è che,
il 29 luglio scorso, si è tenuta la “21^ Festa dei frutti di bosco
e dello sport”. Ma anche nella vicina Attimis, l’ultima settimana
di giugno e la prima settimana di luglio si organizza, ormai da oltre
45 anni, la Sagra delle fragole e dei lamponi.
A questo punto,
arrivati all'incrocio con la strada asfaltata che collega Attimis a
Prossenico, scendiamo ancora, per 11 km, lungo un'ampia valle
inondata dai raggi luminosi del bel sole ottobrino. Ad Attimis
incrociamo la SR356, poco trafficata, grazie alla quale raggiungiamo,
prima, Nimis, in 5 km e superando il breve Passo di Monte Croce, ed
infine, proseguendo per altri 5 km, Tarcento.
Oggi
abbiamo pedalato per la maggior parte su strade deserte ed immerse in
un ambiente naturale incontaminato. Per tutto il tempo ci ha fatto
compagnia un venticello lieve e fresco, gradevole, per nulla
fastidioso, che, scuotendo dolcemente i rami degli alberi, provocava
una pioggia di foglie secche al nostro passaggio; ma, spesso, si
divertiva a farle volteggiare nell'aria, prima di far loro sfiorare
l'asfalto e trascinarle con sé in una corsa giocosa. Ed il suono
delle foglie secche sull'asfalto è stato il leitmotiv di questa
splendida giornata in sella, continuamente allietata dalla visione di
una moltitudine incredibile di Colchicum Autumnale, volgarmente
conosciuto come Zafferano Bastardo o Freddolina.
07/10/2017:
VAL CORNAPPO – CONCA DEL RAMANDOLO
(44
km – 761 metri di dislivello+ in mountain bike)
Vista
la comodità e la bella posizione dell'area camper di Tarcento, ne
approfittiamo per un altro giretto, in mountain bike, sulle colline,
ricche di vigneti e di boschi, che si estendono nei dintorni. Questa
è una zona dove si producono prelibati vini, tra cui il più
conosciuto, forse, è il Ramandolo. Giornata più fresca rispetto a
quella di ieri. All'ombra l'aria è pungente, mentre al sole si sta
benissimo anche con l'abbigliamento estivo. Sempre superando il ponte
sul torrente Torre, oggi ci dirigiamo a destra, verso Sedilis. Al
bivio, svoltiamo a sinistra, salendo per circa 5 km, per poi scendere
a Torlano. Seguendo le indicazioni del “Dolce Nord-Est”, ci
ritroviamo nella verde Val Cornappo, in questo punto ampia e
rivestita di vigneti. Dopo Torlano di Sopra, però, la valle si
restringe e la strada corre incassata fra i monti che, a quest'ora
del mattino, impediscono al sole di arrivare sino a noi. Pedaliamo
veloci lungo il falsopiano, tetro e gelido, nella vana speranza di
riscaldarci. Per fortuna, nei pressi di Debellis, bel borgo in
pietra in riva al torrente, qualche raggio di sole riesce a penetrare
ed abbiamo l'illusione di un po' di calore.
Quando, infine, giungiamo
al bivio di Ponte Sambo ed iniziamo a salire verso Monteaperta, il
versante della montagna è completamente assolato. Sì, è vero, in
queste località ci siamo già passati ieri, ma il percorso odierno è
leggermente diverso ed il senso inverso; quindi, le prospettive
panoramiche sono nuove.
La
salita si rivela subito aspra e faticosa, con pendenze che si
mantengono tra il 12 ed il 16% per quasi tutti i 2,3 km della sua
lunghezza. Dopodichè, la strada procede in piano ed immersa in un
bel bosco di castagni fino a Villanova delle Grotte. Oltrepassato il
paese, un cartello segna l'inizio della Strada Turistica della
Bernadia, ben asfaltata, che scende sinuosa verso Ramandolo, prima
all'ombra della foresta e, poi, con viste spettacolari sulla pianura
friulana e sulla sottostante valle disegnata dai filari delle viti.
Dall'alto, notiamo una bella stradina che, da Torlano, si insinua tra
i vigneti e, così, cambiamo il nostro itinerario per seguirla,
tornando a Tarcento da Nimis, anziché da Sedilis, come avevamo
pensato. Una deviazione ideale per una pedalata
rilassante nel dolce tepore del sole autunnale.
Tornati a Tarcento, ci arrampichiamo lungo la ripida strada che
sale ai ruderi del fortino, per ammirare il panorama a 360° che, da
lassù, si apre sul territorio circostante. Poi, girovaghiamo un po'
per le vie del paese, tra le ville liberty, che risalgono alla fine
dell'Ottocento (alcune ristrutturate, altre un po' decadenti), quando
questa località era un'ambita meta di villeggiatura estiva da parte
della nobiltà, grazie al piacevole clima che vi si godeva, ma che si
gode tuttora. Respiriamo anche noi quell'atmosfera da Belle Epoque,
percorrendo la passeggiata lungo il torrente Torre. Le panchine, i
lampioni, le magnifiche ville immerse in rigogliosi giardini, che si
affacciano sul corso d'acqua, il cielo limpido e azzurro … tutto ci
riporta ad un tempo passato, che rivive nel presente.
08/10/2017:
PIAN DEI CICLAMINI (Sentiero natura Valle Musi)
Ieri
sera ci siamo trasferiti all'area camper di Pian dei Ciclamini (Strada Statale di Uccea, Lusevera fraz. Vedronza - GPS: N46.305050, E13.322380), 800
metri di quota circa, attraversando l'Alta Valle del Torre e,
quindi, continuando verso la Val Mea, sulla SR646 per Uccea. Poco
prima del passo di Tanamea e della frontiera slovena, è stata
realizzata questa bellissima area, proprio nel Parco Naturale delle
Prealpi Giulie. C'è pure un albergo (al momento chiuso), una
foresteria e un sentiero didattico di 600 metri percorribile anche da
chi si muove sulla sedia a rotelle, oltre ad installazioni didattiche
fruibili dai non vedenti. E' un luogo di una bellezza unica,
rilassante; quando, poi, calano le ombre della sera e gli ultimi
raggi del sole illuminano le chiome degli alberi, diventa magico. Vi
sono stata attratta dal suo nome poetico e, ovviamente, dal
desiderio di scoprire un'altra zona a me sconosciuta, però, questa
volta, a piedi. Infatti, da qui, parte il sentiero n. 719, che si
snoda lungo la selvaggia Valle dei Musi, tra la catena rocciosa dei
Monti Musi ed il greto, ora asciutto, del torrente Mea, affluente del
Torre. E' una bella camminata di circa 9-10 km, non impegnativa
all'andata, un po' di più al ritorno, ma fattibile anche per noi che
non siamo alpinisti.
La meta odierna sono le sorgenti del Torre, presso le
quali c'è una trattoria, dove, eventualmente, potersi ristorare.
Seguendo i segnavia giallo/rossi, in circa 4 ore, con passo
regolare e fermandoci ogni tanto per osservare meglio il paesaggio,
leggere i pannelli illustrativi o scattare foto, percorriamo questo
bel sentiero, che un tempo collegava tra loro le casere e i pascoli
lungo il torrente Mea. Il sentiero Natura Valle Musi termina a Simaz,
dopodiché si continua fino alla frazione Musi, passando da Borgo
Sonoset, su una stradina asfaltata. Infine, si scende alle sorgenti.
Un giro facile, ma che ci ha regalato emozioni e ricordi
indimenticabili.
09/10/2017:
VALLE DELLO JUDRIO – MONTE KOLOVRAT
(64
km – 930 metri di dislivello+ in mountain bike)
Dal
Pian dei Ciclamini, ieri sera, siamo ritornati al fondovalle ed
abbiamo raggiunto l'area camper di Dolegna del Collio, Strada del valico di Vencò n. 18, località Sant'Elena, la quale, però,
era chiusa e, da quel che si vedeva, da tempo abbandonata. Peccato!
Così, dopo aver girovagato un po' con il camper in questa bellissima
zona di vigneti e dolci colline, a Prepotto abbiamo trovato un bel
parcheggio in Via XXIV Maggio, all'inizio del piccolo paese, dove
trascorrere la notte. Stamattina, inforcate le nostre mountain bike,
ci infiliamo subito nella Valle dello Judrio. Pedaliamo lungo un
falsopiano che sale dolcemente per 13 km, sulla Strada Turistica che
costeggia la sponda orografica destra del torrente, prima tra i
vigneti e, poi, all'ombra del bosco. Arrivati ad una biforcazione,
lasciamo alla nostra destra la strada per il valico sloveno e
prendiamo quella che procede a sinistra. Dopo un po' inizia lo
sterrato. Continuiamo a salire, in modo blando, per 8 km, tra
pietrume e piccole pozzanghere, immersi in una vegetazione
rigogliosa, a ridosso del confine con la Slovenia. Intorno al km 21,
improvvisamente, la pendenza si accentua sensibilmente.
Strappi
ripidissimi e fondo esageratamente sconnesso mi costringono, in un
paio di punti, a scendere dalla bici per spingerla a mano. Andiamo
avanti con grande fatica per 4,5 km, finchè sbuchiamo su una strada
asfaltata. Ci dirigiamo a destra, verso Clabuzzano, che raggiungiamo
in forte salita e, all'incrocio con la strada che proviene da
Cividale e Castelmonte, giriamo a destra, continuando a salire sempre
in modo abbastanza impegnativo. Dopo circa 5 km, raggiungiamo il
Rifugio Solarie, sul versante sud del monte Kolovrat, che fu triste
teatro della Prima Guerra Mondiale e della battaglia di Caporetto.
Alla quota di 1114 metri, in una zona molto panoramica, si trova un
museo all'aperto, con trincee, caverne, postazioni, ecc.
A
questo punto, iniziamo a scendere in territorio sloveno: 5 km di
curve e tornanti, strada deserta e asfaltata di fresco, panorami
splendidi … insomma, una goduria sublime!
Dopodiché, torniamo a
salire fino a Srednje, dove una lunga serie di dolci saliscendi ci
conducono al bivio per Britof, rimanendo sempre in quota e passando
per i paesini di Kambresko e Lig. Solo qui, iniziamo a perdere
dislivello, scendendo per circa 10 km verso il confine italiano e la
sponda sinistra orografica del torrente Judrio; superiamo lo stesso
grazie ad un ponticello e rientriamo in Patria, ritrovandoci sulla
medesima strada che avevamo percorso all'andata. Che bello poter
passare da uno Stato all'altro senza trovarsi davanti una sbarra che
divide le due frontiere o poliziotti che ti intimano l'alt!
Alla
fine, nonostante la fatica, è stato un giro molto piacevole, a
cavallo tra Italia e Slovenia, in un ambiente incontaminato e quasi
inviolato dall'uomo, dove il respiro della natura è profondo e lo
senti pedalata dopo pedalata. Abbiamo incontrato soltanto due
persone, che raccoglievano castagne nel bosco, ed un trattore lungo
tutto l'itinerario. Poche le case nei piccoli borghi baciati dal
sole, nessun tipo di esercizio commerciale. Silenzio e pace. Qualche
volo di rapace. Non c'è smog da queste parti, non c'è inquinamento.
Passeremo la notte ancora nel parcheggio di Prepotto, visto che è un
luogo tranquillissimo e si dorme da Dio.
10/10/2017:
CIVIDALE DEL FRIULI
E'
piovuto abbondantemente durante la notte e questa mattina il cielo è
nuvoloso. Così, oggi, andiamo a visitare Cividale del Friuli,
dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO. (Una nuova area camper è stata inaugurata nell'agosto del 2022 in Via Istituto Agrario n. 3 - GPS: 46.09604, 13.42186 - vicina al centro storico, alla stazione ferroviaria e a quella dei bus, recintata e videosorvegliata, aperta tutto l'anno con accesso tramite l'App InArea (16 stalli, tariffa: € 12 per 24 ore, comprensiva di allaccio alla corrente, camper service, servizi igienici con docce calde, bagni per persone con disabilità, postazioni per il lavaggio delle stoviglie, connessione Internet e convenzione con l'adiacente piscina. Animali ammessi).
Lasciamo il camper nel parcheggio gratuito in Via delle Mura (vi si accede dalla SS 54; 5 posti
per un massimo di 72 ore - GPS: N46.094390, E13.436250. Da qui, costeggiando il fiume Natisone,
sulle cui rive sorge questa piccola cittadina fondata dai Romani e
divenuta, poi, la capitale del primo Ducato longobardo in Italia,
raggiungiamo velocemente il centro storico. Proprio di fronte alla
chiesa di S. Biagio, notiamo l'ingresso al Tempietto longobardo (4
euro cad.), ma, lavori di restauro, obbligano ad entrarvi passando
dal monastero di Santa Maria della Valle. Il tempietto rappresenta
una rara, ma anche meglio conservata, testimonianza dell'architettura
longobarda e non possiamo non subirne tutto il fascino che emana.
All'uscita, presso la biglietteria, chiediamo le chiavi per accedere
all'Ipogeo Celtico, che dista poche decine di metri da qui. Lo
visitiamo per curiosità.
E' un luogo ammantato di mistero, la cui
funzione originaria è ancora sconosciuta: forse un uso funerario in
epoca celtica oppure carcerario in quella romana e longobarda o altro
… non si sa. Una ripida scala in pietra ci conduce in un ambiente
sotterraneo, che si sviluppa su vari livelli, collegati tra loro da
gradini scavati nella roccia; probabilmente è stato ricavato da una
caverna già esistente, chiudendone l'apertura che dava sul fiume.
Nelle pareti sono state create nicchie, panche e pilastri, oltre che
scolpite rozzamente tre maschere. Chissà cosa rappresentavano!
Una
volta riconsegnate le chiavi, ci dirigiamo verso il Ponte del
Diavolo, con le sue due arcate alte e imponenti, ma differenti nella
larghezza, attraverso il quale si entra o si esce dalla città. Fu
fatto esplodere nel 1917 - per cercare di rallentare l'avanzata degli
austroungarici, dopo la disfatta di Caporetto – e venne ricostruito
dagli Austriaci nel 1918.
Per celebrarne il centenario e come simbolo
di pace, nei prossimi giorni verrà realizzato sul ponte, da artisti
provenienti da Italia, Slovenia, Austria e Germania, uno stupefacente
capolavoro di “street art”: un trompe l'oeil sul piano di
calpestio e sui parapetti, che riprodurrà, attraverso un dipinto in
3D, la voragine apertasi in seguito al brillantamento ed il
sottostante greto del fiume. Si avrà, quindi, l'impressione di
camminare nel vuoto. Una bellissima iniziativa! Dopodiché, ci
perdiamo tra i vicoli dell'antica cittadina, ricca di begli edifici,
piazzette caratteristiche, botteghe e locali tipici.
Nel
frattempo il cielo si è aperto ed il sole è tornato a splendere.
Recuperiamo il camper e ripartiamo verso la valle del Natisone.
Raggiunto il confine con la
Slovenia, sulla SS 54, continuiamo fino a Caporetto. Tutti i 27 km
del percorso sono una meraviglia: la strada corre, per lo più
lineare, tra le montagne rivestite da bellissimi boschi di
latifoglie. Al ritorno saliamo ad Antro, per visitare la grotta di S.
Giovanni, la cui lunghezza, finora esplorata, supera i cinque
chilometri, ma l'unico giorno di apertura è la domenica ed oggi è
martedì. Visto che a Pulfero avevamo notato un ampio parcheggio
alle spalle del Municipio, senza divieto di sosta per i camper,
pensiamo sia una buona idea passare la notte lì, essendo un posto
tranquillo ed un punto ideale da cui partire per i giri in bici nella
zona.
11/10/2017:
UDINE
Loggia di S. Giovanni in Piazza Libertà |
Anche
stamattina il tempo è uggioso, ma non me ne dolgo, perchè siamo a
due passi da Udine e ne approfittiamo per visitarla. Ci tenevo
proprio a vederla prima di tornare a casa! Di lei dicono che sia una
città salotto, con piazze grandi ed accoglienti, infiniti portici,
caffè storici, antiche osterie, palazzi nobiliari, vie eleganti.
Beh, la curiosità è davvero tanta! Parcheggiato il camper nei
pressi del cimitero, in Via M.P. Luzzato (GPS: N46.063521, E13.219806), ci avviamo con entusiasmo
verso il centro, percorrendo Via Villa Glori fino al Parco Moretti,
che si estende accanto alla ditta Moretti, quella della nota birra.
Da qui si vede la cupola verde dell'immenso Ossario, sulle cui pareti
sono scritti i nomi dei 25.000 soldati morti durante la Prima Guerra
Mondiale. Quattro passi e siamo all'interno dello stesso, per un
doveroso tributo ai caduti.
Loggia del Lippomano |
Quando usciamo, alla rotonda prendiamo la
seconda via da sinistra (Via Poscolle), ritrovandoci in poco tempo
nella meravigliosa Piazza Libertà, “la più bella piazza veneziana
in terraferma”, con due logge che si fronteggiano: quella
quattrocentesca del Lionello - realizzata in fasce alternate di
pietra bianca e rosa - e quella rinascimentale di San Giovanni, con
il candido porticato ad archi, sovrastata dalla Torre
dell'Orologio. A questo punto, attraversiamo l'Arco Bollani,
disegnato dal Palladio, e c'incamminiamo lungo una strada
fiancheggiata dalla scenografica Loggia del Lippomano, che sale al
belvedere del castello cinquecentesco. Se oggi fosse una giornata
limpida, la vista spazierebbe fino alle Alpi Carniche e Giulie, ma
così non è.
Piazza Matteotti |
Perciò, scendiamo verso Piazza 1° Maggio, passando
davanti all'Ufficio Turistico, dove chiediamo indicazioni per
raggiungere il Duomo. Una volta usciti dalla cattedrale (risalente al 1236),
imbocchiamo la via che si apre di fronte a noi, arrivando in Piazza
XX Settembre, l'antico “Mercato dei grani”, pedonale e luogo
d'incontro per adulti e bambini. Svoltiamo subito a destra, in Via
Canciani, alla fine della quale sbuchiamo sulla bellissima Piazza
Matteotti, circondata su tre lati da edifici porticati di epoca
medievale; al centro vi troneggia una fontana del '500, opera di
Giovanni da Udine. In un angolo, la Chiesa di San Giacomo è, invece,
in restauro. Questo è un posto ideale per fare una pausa e
sorseggiare tranquillamente un caffè o un aperitivo, seduti ad uno
dei tanti tavolini dei bar all'aperto. Torniamo di nuovo in Piazza
Libertà e ci infiliamo in Via Mercatovecchio, continuando in Via
Sarpi, Via Valvason e Via Zanon.
Castello di Buttrio |
Passeggiamo a lungo sulle strade
silenziose del centro storico, curiosando nelle innumerevoli vetrine
dei negozi e godendoci questa giornata autunnale che, seppur
nuvolosa, è ancora piacevolmente calda. Ci ritroviamo, infine, in
Via Poscolle, quella che, stamattina, ci ha condotto in centro e che,
ora, ripercorrendola a ritroso, ci riporta al parcheggio del
cimitero, dove avevamo posteggiato il nostro camper.
Lascio
la città contenta, perchè, nonostante il maltempo ed il grigiore
del cielo, sono riuscita a coglierne tutta la bellezza. Un po' di
luce in più avrebbe sicuramente dato maggior risalto al suo
splendore e anche le foto scattate sarebbero risultate migliori. Ma
va bene così! Udine mi è entrata nel cuore: tranquilla, con molte
zone pedonali, che ti permettono di viverla lentamente e di
rilassarti.
Dintorni del castello di Buttrio |
Mi ha colpito positivamente il fatto che le persone si
spostino più in bici che in auto. Per favorire questa soft
mobility, sono stati installati, in più punti, servizi di
bike-sharing. E' risaputo che io non ami molto le città, ma questa è
davvero a misura d'uomo e mi ha catturato con il suo fascino. Di lei
mi rimarrà un piacevole ricordo.
Prima
di rientrare a Pulfero, facciamo una deviazione a Buttrio. Lasciato
il camper in centro paese, saliamo al castello, che conserva ancora
alcuni resti medievali. Ora è un hotel di charme, accoccolato sulla
cima di una collina rivestita di vigneti. Questa è una zona
tranquilla, ideale per fare passeggiate in bici o a piedi. Nei
dintorni vi sono altre dimore d'epoca, immerse nel verde e
visitabili.
12/10/2017: Giornata di relativo relax. Stamattina andiamo a curiosare alla Fiera Enogastronomica di S. Pietro al Natisone. Acquistiamo del formaggio, diversi tipi di “frico” (un piatto tipico friulano a base di formaggio, al quale si possono eventualmente aggiungere patate, salumi, verdure, noci, ecc.) e la famosa Gubana, dolce caratteristico di questa regione, che ci pappiamo a pranzo con grande soddisfazione. Per smaltire tutto questo ben di Dio, nel pomeriggio, da Pulfero, ci incamminiamo lungo una stradina che sale tra i boschi e, curva dopo curva, arriviamo al piccolo borgo di Erbezzo, che si affaccia sulla valle del Natisone e dal quale si ha un'ottima vista sul Monte Matajur, nostra meta ciclistica di domani, tempo permettendo.
13/10/2017:
MONTE MATAJIUR - VALLI DEL NATISONE
(46
km – 1261 metri di dislivello, in mountain bike)
Giornata
splendida per pedalare; la nostra pazienza è stata premiata.
Partiamo da Pulfero e percorriamo circa 1 km sulla SS54, lungo la
Valle del Natisone. A Linder, imbocchiamo la strada che si stacca
sulla destra in direzione del Passo Glevizza (997 m alt.), il quale
collega la Valle del Natisone alla Valle Alberone. Accidenti, qui non
si scherza! Le pendenze aumentano progressivamente ed inesorabilmente
per 1,5 km, mantenendosi, poi, per 4,5 km, tra il 10 ed il 12%.
Arrivati al piccolo borgo di Mersino, procediamo verso Montemaggiore
per altri 5,5 km impervi, con pendenze sempre a doppia cifra, ai
quali seguono 2 km in falsopiano. Il manto stradale è in buono
stato, eccetto un brevissimo tratto un po' sconnesso, ma la
carreggiata non supera mai i 3 metri di larghezza. Mi piace questa
strada, che s'inoltra nel cuore di una bella foresta dalle calde
tonalità autunnali. Quanta pace si respira quassù! Mi sento
veramente bene! Pedalare o camminare immersa nella natura mi ricarica
ogni volta di energia e di positività. A Montemaggiore
c'inerpichiamo su per una rampa al 22%, sbucando sulla strada
proveniente sia da Savogna che dalla Slovenia, ampia e a due corsie.
Continuiamo a sinistra per altri 4 km impegnativi, con panorami
mozzafiato che aiutano a stemperare la fatica. Nonostante si sia
ormai alla metà di ottobre, fa un caldo pazzesco, tanto che arrivo
al rifugio Pelizzo (1320 metri di quota) con il viso in fiamme,
neanche fosse ferragosto. Facciamo
uno spuntino sull'erba del prato e, poi, ci lanciamo in discesa,
ripassando da Montemaggiore per riempire le borracce e proseguendo
fino a Masseris. Qui, deviamo a destra, ritrovandoci su una stradina
tranquilla e deserta, anche se non in perfette condizioni, la quale,
snodandosi per 10 km all'ombra di un fitto bosco, si ricongiunge con
la SP11 nei pressi di Savogna.
A questo punto, seguendo le
indicazioni per S. Pietro al Natisone, dopo 7 km, arriviamo a Ponte
San Quirino. Una volta superato il ponte sul torrente, appena girato
l'angolo, inizia un percorso ciclabile, che ci consente, con altri 7
km di saliscendi, di tornare a Pulfero in modo rilassato,
costeggiando il Natisone ed evitando la SS54, peraltro non
trafficatissima. Un giretto breve, quello odierno, ma con una bella
salita di circa 16 km, che mi ha gratificata sia dal punto di vista
atletico che da quello paesaggistico. Quando mi trovo in zone
sconosciute, non sempre mi azzardo a pianificare giri lunghi in
mountain bike, perchè so che, poi, Marco si fa prendere dall'ansia e
inizia a brontolare. Del resto siamo venuti qui, in Friuli, per
scoprire posti nuovi e per goderci la vacanza, non per sottoporci ad
estenuanti tours de force. E, giorno dopo giorno, sto imparando a
conoscere ed amare questa piccola, ma variegata regione, che tanto ha
da offrire sotto ogni profilo.
14/10/2017:
GORIZIA
Sorpresa!
Stamattina ci svegliamo immersi nella nebbia. Che si fa? Rimandiamo
il giro in bici e cogliamo l'occasione per visitare Gorizia, un tempo
chiamata la Nizza d'Italia, per via del suo clima mite. Lasciamo il
camper nel parcheggio gratuito, con camper service, in Viale Oriani (GPS: N45.945730, E13.616220),
e andiamo ad esplorare questa cittadina situata proprio sul confine
tra Italia e Slovenia, sulla riva sinistra dell'Isonzo. Sono curiosa, innanzitutto, di vedere i
giardini di Palazzo Coronini Cronberg, di proprietà privata, ma
aperti al pubblico e gratuiti. Li raggiungiamo percorrendo Via
Cadorna fino all'incrocio con Viale XX Settembre e svoltando a
sinistra. Purtroppo, a causa di lavori di manutenzione, i sentieri
sono impraticabili. Che delusione! Ritorniamo sui nostri passi e, al
crocevia, procediamo sempre dritto su Via Santa Chiara, trovandoci,
al termine della stessa, in Piazza della Vittoria (senza farci
sfuggire, lungo la strada, il seicentesco Palazzo Werdenberg, oggi
sede della Biblioteca statale Isontina, all'interno del quale vi è
uno splendido scalone in stile barocco e pregevoli stucchi del '700).
La piazza è vastissima ed ospita la fontana di Nettuno, senz'acqua
che zampilla (sic!), nonché la Chiesa di Sant'Ignazio con i suoi due
campanili dai tetti a cipolla. Nel frattempo la nebbia si è
diradata, ma, a questo punto,
abbiamo accantonato il pensiero di uscire in bici, almeno per oggi.
Passiamo accanto alla Prefettura e ci infiliamo nell'elegante Via
Rastello, per poi salire a sinistra, in Viale d'Annunzio, ed arrivare
a Borgo Castello. Entriamo dalla Porta Leopoldina, sulla quale spicca
l'aquila bicipite asburgica, e ammiriamo subito la bella chiesetta di
S. Spirito. Alle sue spalle sorge, sulla cima della collina, l'antica
fortezza, alla quale accediamo per mezzo di un altro portone,
sovrastato, questa volta, dal leone di San Marco. Vista l'esiguità
del costo del biglietto d'ingresso (3 euro cad. gli adulti), vale
senz'altro la pena visitarlo, perchè il maniero è ben tenuto ed
arredato. Dopodiché, scendiamo verso Piazza Cavour e Piazza S.
Antonio, sulla quale si affacciano Palazzo Strassoldo e Palazzo
Lantieri. Queste antiche dimore, che nel passato accolsero reali,
scrittori ed altri ospiti illustri, sono state ristrutturate e
trasformate in hotel e ristoranti di charme, quindi accessibili a
tutti coloro che vogliono lasciarsi sedurre da atmosfere senza tempo
... purchè danarosi, presumo.
Ripassando
da Piazza Cavour e, appena girato l'angolo, ci troviamo davanti al
Duomo, la cui facciata in stile neoclassico, bianca e semplice,
tradisce un interno barocco, elegante e sfarzoso, con splendide
decorazioni in stucco bianco, che donano luminosità all'ambiente.
Bianchi pure l'organo, il pulpito e le arcate. Ammetto che mi ha
piacevolmente colpito. Dal Duomo, attraverso strade silenziose e
pulite, torniamo in Piazza della Vittoria per pranzare. Dopodiché,
percorrendo a ritroso Via Santa Chiara e Via Cadorna, andiamo a
recuperare il camper. Anche Gorizia è una bella cittadina, con meno
vie commerciali rispetto ad Udine, ma altrettanto tranquilla e poco
trafficata … insomma, vivibile.
E'
tardo pomeriggio, ormai, e con il camper ci spostiamo all'area
attrezzata di Capriva del Friuli (Via degli Alpini - GPS: N45.946389, E13.511111): gratuita, nel verde, con camper
service e corrente, a 10 km di distanza da Gorizia. In questa zona ci
sono diversi percorsi ciclabili, che conducono sulle colline del
Collio, tra vigneti e borghi arroccati. Non vedo l'ora di
percorrerli con la mia mountain bike!
15/10/2017:
COLLINE DEL COLLIO - GORIZIA - MONTE SAN MICHELE
(54
km – 504 metri di dislivello, in mountain bike)
Seguire
la traccia GPS sul Garmin, da me predisposta, oggi, sarà
fondamentale, perchè, pur avendo una mappa cartacea, la segnaletica stradale del percorso odierno è, in certi punti, piuttosto carente e, per noi
che non siamo del posto, diventa complicato destreggiarci nel
groviglio di strade della provincia di Gorizia.
Partendo
dall'area camper di Capriva del Friuli, ci dirigiamo verso S.
Floriano del Collio. Il ciclonavigatore ci porta, prima su sentieri
sterrati, che corrono ai piedi dei rilievi e, successivamente, su per
ripidi pendii. Ci troviamo nella zona del Collio, conosciuta in tutto
il mondo per la produzione di vini pregiati, racchiusa tra l'Isonzo e
lo Judrio. Per poter ammirare questo paesaggio di grande suggestione,
caratterizzato da colline segnate dai filari della vite e
punteggiate, qua e là, da bianchi casolari, si può percorrere, in
bici, ma anche in auto o in moto, l'itinerario della “Strada del
vino e delle ciliegie”, che si snoda tra Gorizia e Dolegno del
Collio.
Noi, oggi, ne esploriamo soltanto una parte, perchè, una
volta raggiunto il borgo di S. Floriano, scendiamo verso Gorizia per
continuare, poi, in piano, sulla SP8, in direzione di Trieste,
Sant'Andrea e Savogna d'Isonzo. Poco dopo, deviamo sulla SP13, che si
stacca alla nostra destra, e seguiamo l'Itinerario Storico del
Brestovec, su stradine tranquille ed immerse nel verde. Proseguiamo,
quindi verso il Monte S. Michele (passando per S. Michele del Carso e
S. Martino del Carso), dichiarato Zona Sacra, dove si trovano
strutture e monumenti risalenti alla Grande Guerra. Qualche
chilometro di discesa, un tratto pianeggiante e, superato l'Isonzo su
un lungo ponte ciclabile, arriviamo a Gradisca d'Isonzo, classificato
come uno dei Borghi più belli d'Italia: elegante, con un bel teatro,
due parchi delimitati da alberi d'alto fusto, i resti delle mura di
un'antica fortezza e una strada pedonale che si congiunge con la
passeggiata lungo il fiume.
Da qui, sempre fedelmente guidati dal
Garmin, ritorniamo a Capriva del Friuli e all'area camper da cui
eravamo partiti, con una piccola disgressione fino a Spessa, per
vedere, solo dall'esterno, il suo scenografico castello, ora
trasformato in resort di lusso. Anche oggi un breve, ma appagante,
oltre che interessante, giro d'esplorazione ed un'altra piccola fetta
di territorio scoperta e conosciuta.
16-17/10/2017:
TRIESTE E STRADA NAPOLEONICA
Castello di Miramare |
In
mattinata ci trasferiamo a Villa Opicina, sull'altopiano che domina
Trieste, presso il Camping Obelisco (Strada Nuova per Opicina n. 37,
euro 5 a persona più 6 per il camper, oltre 3 euro per l'allaccio
alla corrente elettrica, al giorno - GPS: N45.679661, E13.784231), dal quale si gode di una
meravigliosa vista sul golfo. Lo storico tram non è in funzione,
perciò, alla reception compriamo i biglietti per il bus (linee 2 e 4
- 1,25 euro, cad., valido per 60 m) e scendiamo subito in città. Il
capolinea è a Piazzale Oberdan. Qui, decidiamo di proseguire, con il
bus n. 6, per il Castello di Miramare, che si trova a circa 8 km di
distanza dal centro. Al porticciolo di Grignano, che è anche
l'ultima fermata della linea, smontiamo e ci avviamo verso l'immenso
parco, che si estende ai piedi del castello. Percorrendone i
vialetti, che serpeggiano tra le aiuole fiorite, arriviamo di fronte
al bianco maniero, che Massimiliano d'Asburgo, fratello
dell'imperatore Francesco Giuseppe, fece erigere proprio a picco sul
mare, sulla punta del promontorio che si protende nel golfo di
Trieste. Ci trastulliamo un po' in questo luogo fiabesco e, poi,
riprendiamo il bus per tornare in città.
Piazza dell'Unità d'Italia |
Da Piazzale Oberdan,
attraverso vie pedonali, raggiungiamo Piazza S. Antonio, con
l'omonima chiesa che si affaccia sul Canale di S. Giorgio ed il
Tempio Serbo Ortodosso di San Spiridione. Continuiamo, quindi, verso
Piazza della Borsa e Piazza dell'Unità d'Italia, quest'ultima
circondata su tre lati da edifici storici (che ora sono le sedi del
Comune, della Regione, del Governo, ecc.) mentre l'altro lato si apre
sul mare. Di fronte al Comune, sovrastato da una torre campanaria con
due mori che scandiscono il tempo ogni quarto d'ora, sorge la
settecentesca fontana dei Quattro Continenti (il quinto, l'Australia,
all'epoca non era ancora stato scoperto).
Passeggiando
sul lungomare, passiamo davanti all'acquario e, presi dalla
curiosità, entriamo (3 euro cad.). Nulla a che vedere con quello di
Genova, ma, a quel prezzo, cosa pretendevamo? Ci rifacciamo con
una gustosissima pizza napoletana ed, infine, transitando dai giardini della bella Piazza Hortis, come sempre, ci
perdiamo, nel vero senso della parola, per vie del centro.
Trieste
è una città aristocratica, sobria ed elegante. Pur essendo
circondata da strade trafficate, ha un cuore tranquillo e godibile.
Può piacere oppure no, ma, se ti abbandoni a lei senza riserve, alla
fine ti rivela la sua vera anima e ne rimani affascinato. E quando,
al calar della sera, ti trovi in Piazza dell'Unità d'Italia e,
all'improvviso, miriadi di luci si accendono intorno a te, bianche
quelle degli edifici, blu quelle della pavimentazione e viola quelle
sul molo di fronte, mentre il sole, che muore all'orizzonte, incendia
il cielo sopra la baia, non puoi che rimanere estasiato dalla magia
che sprigiona ed amarla.
L'indomani,
da Opicina torniamo di nuovo a Trieste e, passando dal quartiere
ebraico, imbocchiamo una ripida stradina che ci porta al castello
(ingresso: 3 euro cad.) e alla cattedrale di S. Giusto, entrambi
situati sulla collinetta che domina la città. Dopodichè,
percorrendo il Parco della Rimembranza e scendendo le rampe del
monumentale scalone dei Giganti, impreziosito da un'enorme fontana,
raggiungiamo il centro, dove acquistiamo un presnitz, una gubana ed
altre leccornie, che ci pappiamo in camper, prima di affrontare la
panoramicissima passeggiata lungo la Strada Napoleonica.
Quest'ultima, partendo dall'Obelisco, proprio a due passi dal
campeggio, e correndo ai piedi di un'alta falesia, collega, in 5 km,
Opicina a Prosecco.
Il paesaggio sottostante, oggi, è
incredibilmente spettrale, con vascelli fantasma che navigano in un
mare di nebbia. Quassù, sull'altopiano, invece, siamo baciati dai
raggi caldi e luminosi del sole, il quale, col trascorrere del tempo,
lentamente scende verso l'orizzonte, colorando il cielo di mille
sfumature gialle e rosse. Difficile dimenticare momenti emozionanti
come questi. Non potevamo concludere il nostro soggiorno a Trieste in
modo migliore.
18/10/2017: CASTELLO DI DUINO - SENTIERO RILKE - BOCCHE DEL TIMAVO - ISOLA DELLA CONA (Riserva Naturale della foce dell'Isonzo)
Lasciamo
Trieste in mattinata e ci dirigiamo verso Duino, percorrendo un
tratto della E70 e, poi, deviando sulla SP14. Parcheggiamo il camper
in un ampio piazzale, già occupato da diversi pullman, poco prima di
entrare in paese. C'incamminiamo, quindi, verso il castello, ma, a
causa dell'affollamento, rinunciamo alla visita. Torniamo indietro di
qualche passo e ci infiliamo nel sentiero Rilke, che prende il nome
dall'omonimo poeta, che qui trovò l'ispirazione per la stesura delle
Elegie Duinesi. Il percorso si snoda inizialmente all'ombra della
pineta, per continuare, poi, sulla costa assolata, a 60 metri di
quota. Oggi, la visuale non è limpida, a causa di una leggera
foschia, ma, dai vari punti panoramici, le vedute sulle alte falesie,
che si tuffano nel mare calmo, sono comunque uno spettacolo, come
pure meravigliosi sono gli scorci sul castello che, arroccato su uno
sperone roccioso, si affaccia sul golfo di Trieste.
La passeggiata è
breve: 4 km, con arrivo a Sistiana e ritorno a Duino, ma il paesaggio
naturale in cui si svolge è davvero rilassante e piacevole. I
profumi della macchia mediterranea, il tepore del sole sulla pelle ed
i cespugli scarlatti del sommaco, un arbusto tipico della zona, che
con i primi freddi inizia a colorarsi di rosso, mi rimarranno
impressi nella mente per sempre. Torniamo
al camper e, in meno di 2 km, arriviamo a San Giovanni al Timavo, per
vedere le Bocche del Timavo, un fiume affascinante e misterioso, che
nasce in Croazia e, dopo 40 km, si inabissa nelle viscere della
terra. Lo si ritrova, a 250 metri sotto terra, nelle grotte di San
Canziano, in Slovenia, all'interno delle quali percorre altri 2,5 km,
superando 25 cascate, per poi scomparire nuovamente nel sottosuolo
carsico.
Ancora lo si può sentire roboare nell'Abisso dei Serpenti,
nell'Abisso di Trebiciano e nel Pozzo dei Colombi, finchè, dopo 40
km di percorso quasi completamente ignoto, sgorga tranquillamente in
superficie, con tre sorgenti, proprio in questo luogo. Una volta
vista la luce, scorre in territorio italiano soltanto per 2 km, ma
con una gran portata d'acqua, andando a sfociare nel golfo di
Trieste, poco più a nord di Duino. Vale una sosta, anche perchè è
circondato da un bel parco, con maestosi cipressi, pioppi e platani.
Proseguiamo
il nostro viaggio d'esplorazione verso la Riserva Naturale Regionale
della Foce dell'Isonzo, che si estende lungo gli ultimi 15 km
dell'omonimo fiume. Questa zona costituisce l'habitat ideale per
numerose specie animali, in particolar modo di volatili, sia
stanziali che migratori.
Il cuore della riserva è l'Isola della
Cona, dotata
di strutture al servizio dei visitatori. Circondata dal mare, dallo
stesso fiume Isonzo
e
dal canale Quarantia, l'isola è
collegata alla terraferma attraverso una diga che ne consente
l'accesso. E' anche l'area della riserva più
frequentata dalla fauna selvatica e, proprio per questo, sono stati
allestiti osservatori armoniosamente inseriti nell'ambiente. Inoltre,
sono
stati qui introdotti alcuni cavalli Camargue, una razza adatta alla
vita nelle zone umide. I cavalli sono divisi in due gruppi: uno è
composto da animali addestrati, usati dal personale della Riserva e
per le visite guidate, l'altro gruppo è, invece, allo stato brado,
utile per il controllo della vegetazione.
Raggiungiamo
questo paradiso naturale, passando da Monfalcone e Passarano, appena
superato il quale inizia la segnaletica della Riserva; seguendola,
arriviamo a destinazione.
Visto
che sono in corso i lavori per la realizzazione di una nuova strada,
siamo costretti a lasciare il camper 2 km prima del Centro visite ed
a percorrere a piedi un passaggio alternativo, sopraelevato rispetto
al piano stradale. Nel frattempo, tra una cosa e l'altra, si sono
fatte le 15,45. Purtroppo, il sentiero di Punta Spigola, che conduce
alla foce del fiume, non riusciremo a percorrerlo, perchè è lungo
4,5 km e, tra andata, ritorno, soste nelle varie postazioni per
osservare la fauna locale, servono circa 3 ore.
Prima che faccia
buio, abbiamo soltanto 2 ore di tempo, senza contare i 2 km privi di
illuminazione per tornare al parcheggio. Quindi, una volta arrivati
all'Osservatorio del Biancospino, facciamo dietro front, immettendoci
sul percorso ad anello più breve, per il quale bastano 45 minuti.
Probabilmente la stagione migliore per una visita è la primavera,
essendo questa riserva sulle rotte migratorie di popolazioni di
uccelli provenienti sia dalle regioni dell'Europa
centro-settentrionale che dalla Siberia, oppure i periodi
riproduttivi. Nella mia immensa ignoranza, riconosco soltanto cigni,
aironi, germani e oche lombardelle. In compenso vi sono grosse
nutrie, simili a castori, che nuotano nelle acque paludose, oltre a
moleste, fastidiose zanzare. Niente volpi, caprioli, rapaci od altra
fauna veramente in grado di stupirci, pur essendo noi gli unici
esseri umani nella zona e nonostante l'assoluto silenzio.
La cosa positiva del nostro tirar tardi è che, alle 17,30, orario di chiusura del centro visite (i sentieri, invece, sono sempre aperti), i cavalli, che fino ad allora pascolavano liberi nella palude, al richiamo dello stalliere, si sono diretti al galoppo verso il recinto. E la luce calda del sole, ormai basso all'orizzonte, ha reso magica la loro corsa ed emozionante lo scenario che si è venuto a creare. E' bastato questo a rendermi felice. Attimi semplici, ma indimenticabili! Trascorriamo
la notte all'area camper di Staranzano (distante 7 km), in Via delle
Acacie (gratuita, con camper service; si paga, per l'eventuale carico
d'acqua, 2 euro per 100 litri, e 2 euro per 6 ore di elettricità, se
abbisogna - GPS: N45.806483, E13.489367).
19/10/2017:
AQUILEIA - STRASSOLDO - VILLA MANIN
Aquileia: basilica |
Siamo,
ahimè, arrivati al termine di questa vacanza. La nebbia, che ormai
sta diventando una costante giornaliera, soprattutto al mattino e
alla sera, ne ha decretato la fine. Due settimane vissute così
intensamente da avere, però, la sensazione di essere in giro da
molto più tempo. Per il rientro ho scelto un percorso che ci
consenta di poter visitare, strada facendo, altre località
interessanti. Pertanto, con il camper, partiamo da Staranzano alla
volta di Aquileia, antica colonia romana, passando per Grado e la sua
suggestiva laguna avvolta da una leggera nebbiolina, che
attraversiamo grazie ad un basso ponte, lungo 6 km e dotato di
ciclabile. Ad
Aquileia ci sono parcheggi riservati alla sosta diurna dei camper e
pure un'area attrezzata in Via Grandi - GPS: N45.765783, E13.369683 (10 euro per 24 ore), ma
indicazioni carenti sulla localizzazione dei monumenti, sicché la
ricerca delle testimonianze romane diventa una specie di caccia al
tesoro. La basilica è, invece, facilmente individuabile, grazie al
campanile, che, con i suoi 73 metri di altezza, è visibile anche da
lontano. Nel 1909, sotto il vecchio pavimento basilicale, ne fu
scoperto un altro più antico, a mosaico, straordinariamente vasto e
ben conservato, risalente al IV° sec. d.C. Uno spettacolo che lascia
a bocca aperta! Mi attengo al divieto di fotografare, ma c'è
sempre qualcuno che trasgredisce, approfittando della mancanza di
controlli.
Aquileia: foro romano |
Aquileia fu fondata dai romani nel 181 a.C. sulle rive del fiume
Natisone-Torre, sia per difendere i confini orientali che per
incrementare il commercio tra il Mediterraneo ed i paesi transalpini.
Fu uno degli scali marittimi più importanti dell'impero: nel suo porto attraccavano navi che trasportavano merci di ogni tipo,
destinate al consumo interno o ai mercati danubiani e, in poco tempo,
la città divenne molto florida. Purtroppo, a causa delle invasioni
barbariche, prima, e della deviazione del fiume, poi, iniziò la sua
lenta decadenza. Fu devastata e rapinata per secoli; quel che rimane
del suo antico splendore si trova, ora, due metri sotto terra o
conservato presso il locale museo archeologico. Alcuni scavi hanno,
comunque, riportato alla luce i resti del foro romano e dell'antica
struttura portuale, che si possono vedere gratuitamente.
Strassoldo: Mulino del Bosco |
Torniamo
al camper e proseguiamo, quindi, con la visita del borgo medievale di
Strassoldo e dei suoi due castelli: quello di Sopra e quello di
Sotto, che, però, non si trovano su due differenti livelli, come mi
ero immaginata. Qui, sono in corso i preparativi per la festa
“Autunno, Fiori, Acque e Castelli”, che si svolgerà il prossimo
fine settimana, in occasione della quale i manieri saranno aperti al
pubblico. Si potrà, quindi camminare tra vie, case e giardini
decorati con tutto ciò che sa d'autunno, assistere a mostre ed
acquistare i prodotti tipici della zona alle varie bancarelle. Scatto
qualche foto ricordo, nonostante il grigiore del tempo spenga un po'
i colori e non valorizzi la bellezza del posto.
Continuiamo,
poi, verso Palmanova, la città-fortezza rinascimentale a forma di
stella a nove punte, ma non troviamo un parcheggio per il nostro
mezzo e, perciò, a malincuore, andiamo direttamente a Passariano di
Codroipo, dov'è situata la bella Villa Manin, dimora dell'ultimo
doge di Venezia.
Passarano di Codroipo: Villa Manin |
L'area
camper (GPS: N45.946816, E13.008433 - Sp 65 - Strada Vicinale Molino della Sega) è gratuita ed è dotata anche di un camper service, con
scarico solo per wc a cassetta e allaccio alla corrente per mezzo di
gettoni forniti dai bar vicino a Villa Manin o dalla proloco. Villa
Manin, con i suoi 8500 metri quadri di stanze e i diciotto ettari di
parco all’inglese, è una delle più grandi ville venete d’Italia.
Peccato che parti di essa siano transennate ed in altre siano
in corso lavori di ristrutturazione, cosicché fotografo quel che
posso.
E
con questa visita termina davvero il nostro vagabondare nel sud-est
del Friuli Venezia Giulia. Torno a casa soddisfatta, perchè erano
anni che desideravo esplorare questa regione a fondo e, finalmente,
sono riuscita ad appagare le mie curiosità o, almeno, le più
importanti. Se tutto andrà bene, torneremo di nuovo per scoprire
quella parte della Carnia che ancora non abbiamo visto, ma anche
Pordenone e i suoi dintorni, oltre alla zona a nord di Udine, che
comprende Gemona e Venzone. Poi potremo dire di conoscere un po' di
più questa terra splendida, fatta di montagne, colline, laghi e
fiumi, coste sabbiose e rocciose, città d'arte, borghi antichi e
ciclabili meravigliose.
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