Parcheggio
Conad, ore 5,30. Quattro loschi figuri consultano l'orologio con un po’ di
apprensione. All'improvviso il buio della notte è
squarciato dal chiarore dei fari di un furgone bianco che si avvicina
velocemente, arrestandosi accanto alle uniche due vetture parcheggiate
nel piazzale deserto. Portiere che si aprono e si chiudono, un po' di
scompiglio tra i presenti. Poi il furgone riparte sgommando, seguito da una
piccola Ford Fiesta e infila il casello dell'autostrada A4 direzione
Venezia, venendo di nuovo inghiottito dalle tenebre. Due tocchi
sicuri e precisi dell'autista e nell'abitacolo del Fiat Ducato si
diffonde un bel tepore insieme ad una musica ritmata che tiene alto
il morale agli occupanti del veicolo, nella specie, la sottoscritta,
seduta tra il Presidente ed il Capitano. Ma quale onore!
Svincolo
di Piacenza. Penetriamo uno spesso banco di nebbia. Troppo presi dai
nostri discorsi, non ci accorgiamo del vuoto lasciato dietro di noi.
Solo il capitano, a distanza di tempo, se ne avvede. Per fortuna ci
sono i cellulari che consentono di ricompattare le fila. Più
tardi la nebbia si dirada rivelando un'alba spettacolare. Il sole, che sta
sorgendo all'orizzonte, preannuncia una giornata splendida. Ci
freghiamo le mani esultanti, pensando a coloro che stamattina hanno
dato forfait … oggi si mangeranno le mani.
Passo
della Cisa. I nostri sorrisi si tirano. Lo scenario che si presenta
davanti ai nostri occhi è a dir poco agghiacciante. Ma, dài, Roberto,
non preoccuparti, qui è sempre così; una volta scesi dall'altro
versante vedrai … vedrai ... Un cielo livido, da apocalisse, ci
accoglie a La Spezia. Non ci sono dubbi .. oggi sarà una
giornata memorabile.
La
Spezia, ore 8,30. La partenza è prevista per le 10,00. Mentre
raggiungiamo a piedi il punto di ritrovo per il ritiro dei pacchi
gara, Bruno ci dà indicazioni, nel suo solito modo chiaro e conciso,
sulla disposizione delle strade della città, tutte parallele alla
costa, cosicchè, secondo lui, sarebbe difficile perdersi. Uhm ..
forse non sa ancora con chi ha a che fare. Nel frattempo il cielo
pare aprirsi sopra di noi. Le speranze si accendono, il morale si
rialza. Torniamo al furgone e, prima che si cambi idea, ci cambiamo,
togliamo le bici e ci avviamo verso le griglie. Raggiungo la mia
proprio nel momento in cui lo speaker annuncia che mancano 10 minuti
alla partenza. Guardo con occhi sgranati una mia giovane collega.
Dieci minuti? Ammappete, mi devo sbrigare! Tolgo convulsamente il
k-way ed i guantini in lattice messi precauzionalmente sotto i guanti
felpati … tanto per ora non servono. La mia flebile speranza è
aggrappata a quei tre raggi di sole che sono riusciti a trafiggere la
spessa coltre di nubi sopra le nostre teste. Ancora pochi minuti,
durante i quali vengo a sapere che il percorso lungo è stato
annullato a causa di una frana. Massima attenzione anche su quello
corto, perchè le strade sono in pessimo stato. Maremma maiala,
questa gara è tutta un’incognita … Davvero in prima griglia c'è Francesco Renga? Il cantante? Tanto per rimanere in tema, potremmo cantare in coro “Un
giorno bellissimo … per stare insieme”. Ok, dài, sono
pronta. Tre … due … uno … avanti a tutta. A tutta dove? Dopo
neanche 3 km, una rampa stretta, ripida e tortuosa pone fine al
nostro slancio e ci ritroviamo a fare gli equilibristi con le bici,
quasi immobili. Mai sentite tante bestemmie tutte insieme. Non
mettere il piede a terra è soprattutto una questione di fortuna. C'è
chi ce l'ha e chi non ce l'ha, come il nostro povero presidente, che,
tra l'altro, maldestramente urtato, cade pure rovinosamente a terra.
Io cerco di resistere, sfruttando ogni centimetro libero, con giochi
acrobatici che mi fanno sudare freddo. Appoggio, non appoggio, sì,
no, aspetta ancora un secondo, forse ce la faccio, no non ce la
faccio. Aiuto! Panico, ansia. Solo la buona sorte mi permette di
superare il tratto d'imbuto senza fermarmi. Sollievo … Quando, infine, il grosso del branco è passato, posso
cominciare a guardarmi attorno. Ormai siamo saliti di quota e da qui
si gode un vasto panorama della città. Una luce diffusa e bianca illumina il
golfo di La Spezia, laggiù, in lontananza. Il mare ha lo stesso
colore grigio piombo del cielo. Uno spettacolo inquietante e
suggestivo allo stesso tempo.
Affronto
la salita di Costa di Murlo insieme ad un collega di Pisa, cercando
di capire la sensazione alle gambe. Anche a febbraio, come a gennaio,
non sono riuscita ad allenarmi più di tanto per via dell'influenza e
del tempo infausto. Cinque uscite in bici basteranno? Bah … spero di poter ancora beneficiare di un po' di rendita dell'anno
scorso per sopravvivere anche a questa Granfondo.
La
strada sale zigzagando per 4,5 km e 290 metri di dislivello in mezzo
al verde. Poi iniziamo a scendere. L’asfalto bagnato ed una serie
di curve e controcurve mi inducono a tirare i freni più del solito. Mi rassegno a rimanere sola, come sempre. La discesa è breve, poco più di un paio di
chilometri. Poi, all'incrocio, svolto a sinistra. Sono all’undicesimo
chilometro. Le nuvole intanto sono tornate a chiudersi. Continuo ancora, per un breve tratto, su falsopiano in
leggera discesa, attraversando i paesi di San Benedetto e Riccò del
Golfo. All'incrocio con la SP 38, devio di nuovo a sinistra,
iniziando una salita regolare e dalle pendenze molto modeste, che mi
condurrà, dopo 3 km, a Pignone e, successivamente, dopo altri 7,5
km, al Passo del Termine. Quest’ultimo collega la Val di Vara con
le Cinque Terre e si trova a ridosso di Monterosso e di Vernazza.
Finora
le gambe reagiscono bene. La strada corre in una splendida
valle, affiancata dal torrente Vara, che scende impetuoso alla mia
sinistra. Il luogo ha un suo fascino anche così, con il bosco ancora
nella sua veste invernale, gli alberi spogli e i bucaneve che
spuntano dalla terra umida con i loro piccoli campanelli bianchi; la
primavera, che dovrebbero preannunciare, quest'anno, ahimè, tarda ad
arrivare. Un susseguirsi di rivoli d'acqua e cascatelle solcano i
fianchi della montagna. Il cielo è sempre più cupo. Nuvole nere,
gonfie e pesanti, annunciano pioggia e tempesta. Umido che entra nelle ossa, negli abiti. Non sono più sola, adesso. Ho raggiunto
qualche collega e qualcun altro ha raggiunto me. Alcuni chilometri
prima di scollinare veniamo risucchiati da una fitta nebbia, che
riduce la visibilità a poco più di 3 metri. Intravedo i profili
sfumati di altri ciclisti che procedono lentamente verso il nulla.
Qualcuno, forse per rincuorarsi, chiama i propri compagni per nome,
chiedendo la loro posizione.
Un
ex biker mi affianca. E’ la sua prima gara su strada. Forse ha
bisogno di compagnia e così procediamo insieme, chiacchierando.
Scolliniamo al 31° km. Al ristoro non mi fermo, sto bene così e poi
non voglio disperdere il calore accumulato durante l’ascesa.
Dall’altro versante la situazione non è migliore. Oltre alla
nebbia, la strada è bagnata e disseminata di terriccio. Molti i
volontari lungo i 6-7 km di discesa verso Levanto a segnalare i
tratti peggiori e ad invitarci alla prudenza. Non c’è nemmeno
bisogno di dirmelo. Scendo praticamente a passo d’uomo, soprattutto
gli ultimi, ripidi e tortuosi chilometri. Perdendo quota, però, esco
anche dalle nuvole che avvolgevano la cima della montagna. Uno
scorcio meraviglioso e del
tutto inatteso mi appare davanti all’improvviso: uno squarcio di
cielo azzurro e una luce dorata che illumina un piccolo lembo di
costa … un contrasto molto pittoresco con le tinte fosche
del paesaggio circostante. Tanto
basta per scaldarmi il cuore e le membra intirizzite.
Sono
tapinata da un genovese che mi chiama “365”, un personaggio
estroso, che attacca bottone con tutti. Mi prende una furia omicida
quando mi fa i complimenti per le mie doti da discesista, chiaramente
una presa per i fondelli, ma la sua simpatia mi fa desistere dal mio
proposito. Arrivo in paese con un piccolo gruppo che si disgrega non
appena inizia la salita verso Montale. Siamo al 40° km. Qualcuno
rimane indietro, altri mi superano, come la ragazzina che si gira a
salutarmi con un sorriso dolce. Scollino dopo circa 5 km e 290
metri di dislivello, procedendo, poi, in piano. Mi sorpassa un ciclista, al
quale mi aggancio con prontezza poco prima di entrare nella galleria.
E' lunga soltanto un chilometro, ma la scarsa illuminazione e
l'asfalto, a tratti grezzo e ricoperto di ghiaietta, mi creano
qualche problema. Lungo il tunnel raccogliamo altri fuggitivi, ma,
all'uscita, il mio gregario si ferma e mi ritrovo, mio malgrado, a
tirare il gruppetto. La strada è leggermente in discesa, ma sento
tutto il peso di questa responsabilità. Mi impegno più che posso e,
quando, dopo pochi chilometri, la strada riprende a salire, mi
accorgo di essere rimasta sola con la dolce ragazzina. Continuiamo insieme verso Termine di Roverano. Anche lei mi fa i complimenti per
come ho affrontato la discesa. Ma che è, stamattina si sono messi
tutti d'accordo? Rido divertita. “Ma se continuavo a frenare ..”.
“Sì, però gli altri frenavano più di te”. Eh, già, al peggio
non c’è mai fine.
Dopo un chilometro e mezzo, al ristoro, lei si
ferma ed io proseguo da sola. La strada adesso scende di nuovo in
leggero falsopiano, attraversando un paesaggio gradevole. Mi accodo
ad un ciclista dell'Avis di Pistoia, sopraggiunto nel frattempo. Non
capisco se stia piovendo o se l'acqua che mi appanna gli occhi è
quella sollevata dalla sua bici. A bordo strada un cartello giallo mi
informa che mancano 30 km all’arrivo. Ariecco il genovese al
seguito di un gruppetto. Mi incita a seguirli. Facciamo un po' di
strada insieme. Al semaforo del senso unico alternato passiamo con il
rosso, suscitando le ire e gli strombazzamenti degli automobilisti.
Poi, piano piano, il gruppetto si scioglie. Rimaniamo il pistoiese,
io ed il genovese, quest'ultimo sempre al traino. Superiamo i centri
abitati di Pogliasca e Borghetto. Raggiunta Padivarma, procediamo
sulla statale fino alla Foce, dove svoltiamo a sinistra per
affrontare l’ultima salita di 2,4 km verso Viseggi,
con una pendenza massima dell'8%. Il pistoiese accusa crampi e
stanchezza, mentre il genovese s'invola e sparisce alla nostra vista.
Salgo piano anch'io. In coscienza mi dispiace per il ragazzo, che ci
ha tirati fin qua, anche se so che alla prossima e ultima discesa mi seminerà in un battibaleno, ma è giusto così. Di certo a lui non importa
nulla che io sia lì o meno, ma ho bisogno di sentirmi bene con me
stessa. Dopo la breve ascesa, la strada continua ancora con qualche
saliscendi per poi buttarsi, in modo deciso, verso La Spezia. Mentre
il pistoiese, come previsto, mi sorpassa, lo saluto. Non credo che lo
rivedrò ancora, anche se lui è convinto del contrario. Chissà …
Quest’ultimo
tratto è il peggiore di tutto il percorso. L’asfalto è in
condizioni davvero vergognose. I ciclisti che mi hanno preceduto e che procedevano in
gruppo devono essere stati davvero in gamba per essere riusciti a
scendere da qui senza farsi male. La manifestazione di per sé è
stata organizzata con attenzione e un forte dispiegamento di
volontari, ai quali va un grande ringraziamento, soprattutto per
averci assistito in una giornata da tregenda come questa, ma sarebbe
bello se, all’impegno e all’entusiasmo di tutti quanti, si unisse
anche quello delle varie amministrazioni comunali per rendere più
sicure le strade con un po’ di manutenzione. Dopotutto non ci fanno
proprio una gran bella figura ..
Ed
eccomi, dopo gli ultimi 8 km di martirio, finalmente sul viale del
traguardo. Il gonfiabile, il fotografo e lo speaker che annuncia il
mio arrivo: 972^ su 1023 partiti e 998 arrivati.
Ad
accogliermi con le chiavi del furgone nientepopodimeno che il mitico
capitano. Mai cosa è più gradita di quella di potersi togliere
subito gli abiti bagnati dopo una corsa. A dir il vero, non so come,
sono stata risparmiata dalla grandinata che ha colpito i miei
compagni di squadra, nonostante qualcuno di loro mi precedesse e
qualcun altro mi seguisse. Mi sono beccata soltanto due brevi
“annaffiate”.
Uno
scroscio violento accoglie, invece, il nostro grande presidente al
suo arrivo … Ma sì, dài, anche questa è andata, in barba a chi
stamattina si è girato dall'altra parte nel letto caldo e asciutto.
E
così, dopo un ottimo piatto caldo di pasta al pesto, una sosta in
autogrill per un brindisi ed una veloce merenda, spaparanzata sul
sedile del Ducato, mentre osservo rilassata il paesaggio inondato
dalla luce rosata del tramonto, ascolto il capitano che, con grande
competenza, mi accultura sul parassitismo di cova del cuculo e sulla nidificazione di altre
specie ornitologiche. Roberto sei unico!
I numeri:
Belotti Francesco: 2:41:21
Moraschini Stefano: 2:56:07
Seghezzi Roberto: 3:26:26
Tintori Emanuela: 4:06:43
Marchetti Bruno: 4:16:44
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