Finalmente
una giornata calda, soleggiata e senza vento; la prima dopo quella,
ormai lontana, di Laigueglia dello scorso marzo. Era ora! Vero che
nel cielo si stanno radunando un po’ di nuvole, ma sono
stratificazioni alte e apparentemente innocue. Comunque la
temperatura è gradevole e, anche se dovesse piovere, non credo
patiremmo il freddo.
Il
sole, la pace della tranquilla cittadina di Salice Terme, con il suo
parco, immenso e secolare, il profumo intenso del caprifoglio,
l’allegra confusione dei ragazzi del mio team … tutto fa sperare
in una lieta giornata. Ed è, quindi, con animo sereno che chiudiamo
il camper alle nostre spalle, la mente già rivolta verso la
Granfondo che inizierà tra poco più di mezz’ora, 6^ prova valida
per la Coppa Lombardia. All’improvviso vedo Marco impallidire; mi
ci vuole un attimo per afferrare la drammaticità delle sue parole:
“Le chiavi … sono rimaste nel camper!!!”. Nooooo …. E
adesso??? Beh, mica ci rovineremo la festa per una quisquilia
del genere! Ci penseremo al ritorno, ormai è tardi. Così Francesco,
Riccardo ed io ci avviamo verso le griglie di partenza, mentre Bruno,
Roberto, Pierino, Marco e la Patty, che hanno deciso di fare il
percorso fuori gara, ci precederanno. Risaliamo il bel viale alberato
fino alle terme, da dove parte la competizione. Francesco va ad
occupare la prima griglia, riservata ai primi di categoria; io e
Riccardo, invece, entriamo nella seconda.
E' tutto molto tranquillo. L’impianto stereo per ora non funziona, non c’è la
solita musica assordante, nessun suono a martoriare i nostri timpani;
soltanto il gioioso cinguettio degli uccellini che affollano le
ombrose chiome degli alberi che fiancheggiano la via. Inoltre,
stavolta, non siamo entrati in griglia con il solito, largo anticipo
e l’attesa sarà più breve. Mi guardo attorno: molti volti sono
ormai noti; corpi fasciati in completini variopinti, muscoli
guizzanti, bici costose e superleggere, con i chip verdi ben fissati
sulle ruote anteriori. Abbasso gli occhi e il sangue mi si congela
nelle vene. Il mio chip … è rimasto sul camper!!! Guardo
angosciata Riccardo. E adesso??? Mi chiede con partecipata ansia il
mio compagno. Una cosa è certa, è inutile che io rimanga qui. Esco
affranta dalla mia griglia. Come ho potuto essere così distratta?
Passo accanto a Francesco e con voce rotta gli chiedo come posso
rimediare al fatto. “Ma vai a noleggiarne uno!”. Geniale! Perché
non ci ho pensato? Ripercorro trafelata il viale fino all’ingresso
del parco, attraverso con la bici in spalla il prato, onde evitare
qualche inopportuna foratura, fino al Punto Chip e mi metto in coda.
Per fortuna, d’abitudine, porto sempre del denaro con me, anche se
in gara non servirebbe. Quando è il mio turno, spiego l’accaduto e
mi viene consegnato un chip bianco abbinato al mio numero di
pettorale. Quindi tolgo la vite dalla ruota, inserisco il chip,
rimetto la vite al suo posto e, bici in spalla, riattraverso il
prato.
Risalgo il viale alberato, faccio verificare a Francesco il
mio operato per evitare ulteriori guai e ritorno nella mia griglia,
ormai affollata. Rassicuro Riccardo, è tutto a posto. Pochi minuti e
lo speaker dà il via alle danze. Sono le 8,30 in punto. Puff, ce
l’ho fatta per un pelo e meno male che me ne sono accorta in tempo.
Pigio il pulsantino dello start sul Garmin. Niente, non parte. Provo
e riprovo. Nulla! Dopo anni di efficiente servizio, proprio oggi ha
deciso di fare le bizze. Perfetto! Non solo non conosco il percorso,
ma non avrò nemmeno la possibilità di sapere i chilometri macinati
e quelli mancanti all’arrivo. Alé, si va allo sbaraglio e che Dio
me la mandi buona. L’inizio non è stato dei migliori, ma non sia
mai che io perda l’ottimismo e la voglia di pedalare. Con mia
grande gioia il tratto iniziale in pavè non favorisce elevate
velocità e, dopo un paio di chilometri, la strada inizia subito a
salire, ragion per cui ci sono ancora tanti ciclisti tutt’attorno.
I cartelli, posti all’attacco delle salite, mi
permettono almeno di avere un’idea di dove mi trovo e di ciò che mi
aspetta. Ecco quello di Altacollina: 5 km ad una pendenza media del
3,6% e massima dell’11%. Il copione si ripete. Solite gambe legnose
per la partenza a freddo, solite imprecazioni a chi, nella foga di
superare, rischia di farmi cadere, solita attenzione a chi grida
“destra”, “sinistra” e solito, gradito scambio di saluti con
il mio omonimo del Team Tex.
Scollino abbastanza velocemente, dopo
aver superato un piccolo dislivello di 180 metri. Breve discesa verso
Godiasco, su asfalto un po’ sconnesso, seguita da un tratto
pianeggiante, che percorro con un gruppetto di ciclisti milanesi. Poi
la strada riprende a salire dolcemente verso Ponte Nizza e Casa
Ponte. Più che una salita, sembrerebbe, almeno inizialmente, un
lungo falsopiano; in effetti in 10 km si supera un dislivello di soli
340 metri e la pendenza media è del 3,2%, ma, nell’ultimo tratto,
s’inasprisce, toccando, in alcuni punti, il 10%. La strada è ampia e
in buono stato, il ritmo di pedalata regolare. Lungo il cammino
raccogliamo, prima, una ciclista vestita di rosa e, poco oltre,
un’altra col calzoncino rosso. Quando, verso la fine, la salita
comincia a farsi sentire nelle gambe, noi donne rallentiamo, mentre
gli uomini continuano con lo stesso passo, allontanandosi. Le mie
colleghe sono molto concentrate, pedalano a testa bassa, ognuna presa
dalla propria prestazione e, all'apparenza, un po' affaticate. Perciò
me ne sto nel mio brodo, tranquilla, guardando il paesaggio
circostante e ascoltando la musica del mio lettore MP3. Poco prima di
scollinare a S. Albano, m'imbatto in Marco, con la sua mountain bike
e insieme procediamo verso Calghera. Qui le due ragazze si riprendono
e si lanciano veloci nella discesa di Casamarchese. La strada è
stretta e l’asfalto in cattivo stato. Scendo alla mia maniera e,
curva dopo curva, perdo di vista le mie compagne. Nonostante
tutto, quando arrivo sul tratto pianeggiante, ho raggiunto sia loro
che altri ciclisti … mistero della fede.
Costeggiamo il lago
artificiale, formato dalla diga di Molato e, subito dopo, imbocchiamo
la stradina a sinistra che, serpeggiando dolcemente tra dorati campi
di grano, punteggiati da una miriade di tulipani rossi, conduce a
Pometo. Questa salita è chiamata “piccolo Stelvio”,
semplicemente perché sale tutta a tornanti per 3,9 km, ma le pendenze non
hanno niente a che vedere con quelle della mitica montagna valtellinese:
infatti ha un dislivello di soli 200 m, una pendenza media del 5,1% e
la massima del 9%. Le mie due colleghe sembrano gareggiare tra di
loro e salgono con una certa grinta, prendendo subito le distanze da
me. Io attacco bottone con un ciclista che avevo già visto in altre
gare e osservo il panorama, per molti versi simile a quello delle
Langhe in Piemonte: colline cosparse di vigneti a perdita d’occhio.
Quando scollino, il ragazzo è rimasto un po’ indietro. Giro a
destra e affronto un tratto di saliscendi molto bello, immerso nel
verde, prima di scendere a Crocetta, Francia ed arrivare a
Vallescuropasso. Intravedo non lontano i colori rosa e rosso con i
quali identifico ormai le due cicliste che mi precedono e, quando
imbocco la successiva salita al Passo Carmine dal versante di Rocca
de’ Giorgi, sono di nuovo con loro. Questa salita di 6,9 km e 380
metri di dislivello è quella più impegnativa di tutto il percorso
medio, con lunghi tratti al 10%, ma ciò che la rende più faticosa è
il tipo di asfalto, molto grosso e “grezzo”, che crea un forte
attrito con i copertoncini, rallentando maggiormente la velocità.
Non riesco a stare seduta e poi ho paura di forare, perciò la faccio
quasi tutta fuori sella, in compagnia della ragazza col calzoncino
rosso, mentre quella di rosa vestita è qualche metro avanti, ma
sempre in vista.
Alla fine della salita c’è il ristoro. La “rossa”
passa oltre, mentre io e la “rosa” ci fermiamo un attimo e poi
ripartiamo. La strada continua un po’ in piano, per poi scendere a
sinistra con ampie curve; spiana di nuovo, prima di risalire a S.
Albano, dove supero la ragazza col calzoncino rosso, in preda ad
un'evidente crisi. Poco più avanti raggiungo Bruno, che già sente
aria di vacanza e procede solo soletto, con passo tranquillo, i
pensieri ormai unicamente rivolti alle assolate spiagge ed agli
infuocati tramonti di Tenerife che l'attendono l'indomani. Verrò poi
a sapere che il gruppetto dei miei amici si disgregò strada facendo,
con la Patty che, sbagliando strada, finì a Monte Penice, mentre
Roberto, incantato dai dolci occhi della distributrice d’acqua, si
prese un'infinita pausa al ristoro. Solo Pierino sa quanto gli sia
costato trascinarlo via e convincerlo a ripartire. Saluto il mio
presidente con allegria e continuo fino a S. Albano, dove inizia il
lungo falsopiano in discesa, il medesimo percorso all’andata in
senso inverso. E qui perdo la “rosa”, che, con un allungo, va ad
agganciarsi ad un gruppetto che ci precede. Così mi ritrovo da sola,
in mezzo al traffico domenicale, a pestare, con inaspettata energia,
sui pedali.
Ecco Ponte Nizza. Passo nel centro del paese, facendo attenzione al via vai di
auto e pedoni. Giro a destra, ritorno su una tranquilla strada
secondaria fino ad Osteria Nuova
e affronto, con ritrovato slancio, l'ultima, bella salitella verso Pozzol Groppo. Scendo,
quindi, a Godiasco, ripercorrendo a ritroso la salita iniziale e,
superato Montealfeo, arrivo sul pavè di Salice Terme, passando a
tutta velocità sotto il gonfiabile, con le mani ancora in presa bassa. A
vedermi, sembra che abbia fatto chissà cosa, invece sono arrivata
552^ su 624. Vabbè, quel che conta, alla fine, è divertirsi.
Ma adesso
bisogna risolvere il problema del camper. Grazie alla cassetta degli
attrezzi recuperata sul furgone di Pierino, Marco riesce a togliere il
vetro di una finestrella della mansarda, lasciata fortunatamente
socchiusa, e a spingere all’interno uno smilzo ragazzino, assoldato
sul posto, che, coraggiosamente, si presta all’operazione di
recupero delle chiavi, togliendoci così dai pasticci. Attendiamo,
quindi, l’arrivo di Bruno e, poi, ci avviamo verso il parco, dove è
stato allestito il pasta party. Solo un piatto di pasta, ma
abbondante, cotta al punto giusto e per tutti, oltre a frutta e vino
a volontà.
Una successiva sosta al bar diventa l’occasione per
festeggiare la nascita del nipotino di Francesco e della Patty.
Abilmente, la barista ci alletta con l’assaggio di salame nostrano,
da annaffiare con un eccellente Pinot nero vinificato bianco
dell'Oltrepo' Pavese, fresco e profumato. La neo nonnina recupera
anche una golosa torta di mandorle, da lei preparata per celebrare il
felice evento e tutti insieme brindiamo al piccolo nascituro, al
quale diamo il benvenuto, augurandogli di cuore un futuro da campione
come quello del nonno.
32° Gavazzeni
Riccardo – 2:51:52 – 5° cat.
66° Belotti
Francesco – 2:55:36 – 2° cat.
552^ Emanuela
Tintori – 04:02:15 – 14° cat. su 17 (29^ su 35 class. Femm.)
Nessun commento:
Posta un commento