Sono le 3 e mezza e piove, piove
governo ladro ed ho pure il mestruo. Peggio di così … Vabbè,
inutile farsi le paranoie, tanto la situazione non cambia e tu sai,
cara Manu, che alle 8, caschi il mondo, sarai dentro la tua griglia
insieme a tanti altri scriteriati come te. Alle 5 raggiungo
l'abitazione di Riccardo. L'amico è già a bordo del furgone stivato di bici, che non tutti, oggi, avranno il “piacere” di
cavalcare, insieme a suo fratello Pierino e a Roberto. Bene, siamo pronti per
partire alla volta di Polpenazze del Garda, nei pressi di Salò, dove
stamattina si correrà la Gran Fondo 3 Laghi, terza prova valida per
il circuito della Coppa Lombardia. Con noi anche Francesco e la
Patty. Imbocchiamo l'autostrada e facciamo subito una sosta in
Autogril per un caffè. Si ride e si scherza già di primo mattino,
ma sentiamo la mancanza del nostro Presidente. Purtroppo ieri è
venuta meno sua mamma e oggi Bruno non sarà dei nostri, ma noi tutti
gli siamo vicino col pensiero. E' ancora buio quando giungiamo a
destinazione; la luce tarda ad arrivare. Nel cielo cupo si
intravedono grossi nuvoloni neri, gonfi di pioggia. Piano piano il
parcheggio si riempie, ma non troppo. Già si intuisce che stamattina
molti hanno dato forfait. Infatti, dei circa 1500 iscritti, ne
arriveranno soltanto 616. Con calma mi preparo e mi avvio verso la
griglia che anche stavolta condivido con Francesco e Riccardo. Al
nostro fianco, quattro vallette d'eccezione a ripararci con
l'ombrello dalla pioggia: io la Patty, Francesco la Roberta, Riccardo
beato tra la Pierina e la Federica, che ci ha raggiunti,
quest'ultima, con la vana speranza di un miglioramento del tempo.
Guardo sorpresa, ma con piacere, Riccardo che scambia battute
spiritose con altri ciclisti. In genere lo vedo serio e pensieroso,
ma è un bravissimo “ragazzo” di cinquant'anni, anche se ne
dimostra dieci di meno. Crede molto in quello che fa e non trascura
nulla. Pur avendone diritto, non si vanta mai dei suoi ottimi
risultati e, cosa rara nel genere umano, si fa sempre gli affari
suoi. Non l'ho mai sentito spettegolare o parlare di qualcuno, sia
nel bene che nel male. Però s'incacchia di brutto con coloro che
“fanno il gioco sporco” o giocano a fare i professionisti e si
lanciano, all'arrivo, in volate pericolose che non hanno alcun senso
nelle classifiche delle Gran Fondo. La partenza mi coglie alla
sprovvista; mi pare che lo speaker non l'abbia annunciata. O ero così
distratta da non averlo sentito? Do una gomitata al mio vicino,
anch’esso girato a chiacchierare coi suoi compari. Siamo in pole
position, non possiamo tirarci dietro le madonne di chi scalpita alle
nostre spalle. Ma oggi nessuno schizza via come un razzo. Sono tutti molto prudenti e attenti,
soprattutto nelle odiose rotonde. Però nei primi 4-5 chilometri in
leggera pendenza la velocità è sempre troppo alta per me e faccio
fatica a stare a ruota di qualcuno. A dir la verità non faccio
nemmeno lo sforzo di attaccarmici, non ne ho tanta voglia. Chi mi
precede solleva spruzzi d'acqua che mi schiaffeggiano il viso,
inondandomi dalla testa ai piedi. Ho i gambali inzuppati e nelle
scarpe già ci sguazzano i pesciolini rossi. Prendo atto, con
rammarico, che i nuovi copriscarpe impermeabili valgono zero. Maldestramente cerco di togliere le gocce di pioggia dagli occhi, non vedo quasi nulla, e, al primo
accenno di frenata, mi rendo conto che i freni non fanno proprio il
loro dovere. Massima concentrazione, dunque. Adesso devo pensare
soltanto a portare a casa la pellaccia e pazienza se arriverò
ultima. Percorro in 41 minuti i 24 km fino a Gargnano, dove inizia la
salita per la Valvestino, una valle che si trova tra il Lago di Garda
e il Lago di Idro. Poco prima del bivio, due bici a terra e
un'ambulanza in mezzo alla strada mi costringono ad un'improvvisa
inchiodata e mi convinco ancor di più che oggi la prudenza non sarà
mai troppa. Si comincia a salire: 25 km da qui a Capovalle, passando
dai 100 metri di quota ai 933. I primi 7 km non sono particolarmente
impegnativi, ma i muscoli freddi rispondono male e i piedi, bagnati e
ghiacciati, sono diventati insensibili. Butto lo sguardo sul
sottostante, immenso specchio d'acqua, che intravedo appena dietro il
velo di una sottile nebbiolina: l'umidità è alle stelle. La strada
piega, poi, verso l'interno, inoltrandosi in una valle cupa e un po’
angosciante. Pedalo avvolta dalle nuvole; sembra una malinconica
giornata autunnale. Non ci sono abitazioni, non c’è in giro
un’anima, a parte qualche sparuto ciclista. Ormai siamo rimasti in
pochi. Arrivo al lago artificiale di Valvestino, formato da una
grande diga e incastonato tra alte montagne. Mentre attraverso i due
ponti in ferro, osservo le sue acque color smeraldo che si insinuano
in ogni anfratto della valle, creando un suggestivo effetto fiordo.
La strada si restringe e sale alta sul lago; nessuna costruzione
sulle sue rive scoscese e boscose. Percorro un lungo falsopiano che
serpeggia lungo il fianco della montagna fino ad un bivio, dove
svolto a sinistra per Capovalle. Dopo 6 km abbastanza impervi, con
una pendenza media del 6,5% e massima dell’11%, scollino. Non mi
fermo al ristoro e mi lancio subito nei 10 km di discesa, verso il
Lago di Idro. Un cartello informa che la strada è pericolosa, con
pendenze al 13%. Scendo con molta cautela, ma soffro terribilmente il
freddo agli arti inferiori; i piedi sono “stinchi”, non li sento
più. Che tortura! Cerco di non pensarci, tanto non serve a niente.
Sicuramente sto meglio di quelli che, partiti senza k-way, in
maglietta e calzoncini, sono stati, poi, raccattati dall’ambulanza
in stato di ipotermia. Tutto sommato, la maglia tecnica invernale, la
felpina e il k-way da 10 euro, ormai collaudato, stanno mantenendo
abbastanza asciutta almeno la parte superiore del mio corpo. Passo
attraverso il paese di Idro e mi ritrovo sul provinciale trafficato.
Continuo di nuovo a sinistra per altri 10 km verso Lavenone e
Vestone, ma, nei pressi di Nozza, inizia il
calvario. La pioggia aumenta ancor più d'intensità e l'asfalto, che
sinora era in buone condizioni, comincia a presentare buche e crepe
più o meno profonde, che l'acqua trasforma in insidie occulte. Ogni
tanto qualche ciclista mi supera. Lo lascio andare, mi sento più
sicura se procedo da sola. Mancano 30 km pianeggianti al
traguardo, mi sembrano un'infinità. Sono circa le 11, il traffico è
caotico adesso e con gli occhi appannati dalla pioggia battente
fatico a mettere a fuoco i cartelli gialli con le frecce di
direzione. Barghe, Sabbio Chiese. Finalmente gli ultimi 10 km. Inizio
il conto alla rovescia, ormai ci siamo. Una fortuna non aver forato.
Saluto con allegria i volontari che presidiano le ultime rotonde e li
ringrazio; sono stati ore fermi sotto la pioggia e al freddo per noi ... davvero degli eroi. E' più o meno mezzogiorno quando imbocco la
bella stradina che corre in mezzo agli ulivi e che conduce al
traguardo. Passo sotto lo striscione rosso dell'arrivo mentre lo
speaker fa notare al pubblico presente il mio stato provato, subito
immortalato da una fotografa che mi apostrofa con un bel “brava”.
Sarà la stanchezza, sarà quel che sarà, ma mi commuovo. Forse sono
l'ultima arrivata, ma non importa, per me è come se avessi vinto. E che bello trovare la Patty ad attendermi con le chiavi del
furgone per consentirmi un cambio veloce degli abiti fradici. Oggi,
poi, mi ha premurosamente aiutata e viziata: quel bicchierone di the
fumante non lo dimenticherò mai, come non dimenticherò mai
l'espressione gioiosa del suo viso nel comunicarmi il mio 5° posto
di categoria. Grazie Patty, sei un’amica!
Anche oggi i
miei due compagni sono andati fortissimo. Francesco si è guadagnato
il 1° posto di categoria M6 che gli consente di mantenere la maglia
rosa ed è raggiante. Riccardo, invece è, giustamente, un po’
deluso: è arrivato 4° di categoria M5 e solo per un secondo non è
riuscito a salire sul podio, ma è sempre un grande!
Questi i numeri:
Riccardo: 49° - 2:49:27 - 4° cat.
Francesco: 55° - 2:52:06 - 1° cat.
Emanuela: 439^ - 4:06:55 - 5^ cat.
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