(percorso unico: 116 km – 2050 metri di dislivello)
Una
sera d’agosto, durante la mia abituale passeggiata in collina,
ricevo una telefonata da Francesco. Mi chiede se parteciperò alla
Gran Fondo Noberasco “E perché mai?”, ribatto io, pensando già
ad un rifiuto. Nella mia testolina avevo chiuso con le gare il 24
giugno, dopo la GF Giordana e mi stavo ormai da tempo rilassando con
i miei giri cicloturistici. La voglia di ributtarmi in pista era pari
a zero. “Perché sei iscritta, visto che la GF Città di La Spezia,
sospesa a suo tempo, è stata sostituita dalla GF Noberasco, che, a
questo punto, è valida sia per il brevetto del Giro delle Regioni
che per quello della Coppa Lombardia, oltre a far parte del Gran
Trofeo, dove tu sei quinta di categoria e siccome premiamo i primi
cinque ….”, mi spiega pazientemente Francesco, che, a differenza
della sottoscritta, è sempre informatissimo su tutto ciò che
riguarda le gare ciclistiche. La notizia mi getta nello scompiglio
più totale. Ma, dài … quinta … e neppure lo sapevo! Però, che
tentazione! I primi due brevetti me li sarei già aggiudicati, ma il
Gran Trofeo è un’occasione inaspettata, non posso lasciarmela
sfuggire così. La classifica è a tempo, rifletto, siamo rimaste
solo in cinque ... dunque non devo far altro che portare a termine la
gara. Quasi, quasi, ci provo. “Va bene, salvo imprevisti, ci sarò”,
rispondo un po’ preoccupata, pensando alla scarsa forma fisica del
momento ed al poco tempo a disposizione per allenarmi, vista
l’imminente partenza per le vacanze. Vabbè, farò quel che potrò
…
Ed
ora eccomi qui, sullo splendido lungomare di Albenga, a rivivere le
vecchie emozioni. A dir la verità, il mio battito cardiaco non
manifesta alcuna turbolenza; forse grazie al giro turistico, appena
compiuto con Bruno, nel magnifico centro storico della cittadina,
oppure alla sorpresa di vedere in griglia, accanto a me, la ragazza
che incrocio e saluto, ormai da anni, sui Colli di San Fermo, dove
entrambe ci alleniamo, ma con la quale non avevo mai avuto
l’occasione di parlare. Buffa combinazione! Il tempo passa veloce,
assorbito dalle nostre chiacchiere allegre. Non c’è nemmeno la
musica a manetta a mettere in circolo un po’ di adrenalina. Il
count down è scandito da un’adorabile nonnina di 80 anni. Partenza
soft, quindi, a velocità controllata per circa 10 km, ma la calma
dura poco. Ai primi spartitraffico e alle prime rotonde si scatena il parapiglia di sempre e qualche imprecazione vola pure ai danni
dell’organizzazione, che ci sta mandando verso l'autostrada. E vai
e corri e inchioda. Come da copione. Con le mani pronte sulle leve
dei freni, al solito, lascio che tutti mi sfilino ai fianchi,
compresi Mirko e Bruno, che, insieme a me e a Francesco, partecipano a
questa gara. Un unico pensiero: “Manu non fare caxxate, devi
soltanto riuscire a varcare il traguardo in bici ed incolume ... ora più ora meno, non ha importanza”.
Nella
baraonda mi par di udire alle mie spalle qualcuno fare il mio nome.
Mi giro, ma incrocio soltanto lo sguardo interrogativo di uno
sconosciuto. Bah, avrò sentito male! Ma ecco il mio nome ripetuto di
nuovo. Questa volta, la voce mi sorpassa e riconosco Hiroshi, del Team
Tex, che saluto ridendo, notando che la sua concentrazione è, se
possibile, ancora maggiore della mia, mentre con invidiata maestria
si insinua tra una bici e l’altra, dissolvendosi, infine, tra la
folla colorata.
Alla
rotonda dell’autostrada, imbocchiamo la strada per Castelbianco e,
dopo 200 metri, i cavalli, finalmente sciolti dalle briglie che li
trattenevano, possono dare libero sfogo alla loro potenza. Passata la
mandria indiavolata, nelle retrovie rimane sempre qualcuno che se la
prende con più tranquillità. Ormai l’ho sperimentato ed attendo
fiduciosa il mio piccolo pony, che si manifesta in un ciclista del
gruppo godiaschese. Marcia ad una velocità ideale per me. Mi metto a
ruota e lo seguo lungo il falsopiano che
introduce alla salita vera e propria e che non è per niente
impegnativa. Tuttavia, non è da sottovalutare, perché si scollinerà
dopo 28 km e circa 1300 metri di dislivello. La
strada piega verso l’interno. Stiamo abbandonando la costa per
dirigerci a nord, verso il Piemonte e la provincia di Cuneo.
Superiamo Cisano sul Neva e continuiamo, sempre dolcemente, fino a
penetrare in una bellissima valle, verde e tranquilla. Il cielo è
coperto, ma la temperatura è gradevole; ci sono circa 20 gradi. Via
via che si procede, la pendenza aumenta dal 2 al 4% per poi
mantenersi intorno al 7-8%. Il godiaschese ha una pedalata agile, ma
regolare e piano piano recuperiamo alcuni colleghi. Quando le gambe,
però, iniziano a farmi male, mollo la presa; ci sono oltre 2000
metri di dislivello da affrontare, oggi, e mi voglio gestire con buon
senso. Nel frattempo mi ha raggiunta Marco e saliamo insieme, in
compagnia di altri ciclisti. Verso Caprauna ci superano le ambulanze
e la macchina di fine gara, ponendo, così, termine alla chiusura del
traffico e dando luogo ad una colonna di vetture che avvelena l’aria e i nostri polmoni. Per fortuna non dura molto e, poco dopo, ritorna la calma. Strada
facendo, riprendo alcuni fuggitivi, tra cui Mirko e Bruno, ben
sapendo che, a loro volta, mi semineranno in discesa. Divertente
constatare che il numero di pettorale di Bruno, 456, è la
prosecuzione del mio, 321, vabbè, al contrario, comunque la cosa è
simpatica. Nel frattempo mi godo questo magnifico bosco di castagni
immerso nella nebbiolina. In effetti l'ambiente qui sembra già
quello autunnale, anche se siamo soltanto a settembre. Ad un chilometro
e mezzo dallo scollinamento incrociamo la Patty. Prima dell’inizio
della gara si era avviata con Marco lungo il percorso e adesso sta
scendendo nel senso inverso, decisa a tornare indietro, preoccupata
di non aver visto Francesco, suo marito, tra i ciclisti finora
transitati sul Passo. La convinco a venire con noi: se fosse successo
qualcosa a Francesco me ne sarei accorta, visto che era davanti a me.
Mentre i miei amici si fermano al ristoro, io proseguo in discesa.
L’asfalto è bagnato; deve aver piovuto da poco da queste parti.
Scendo adagio e con prudenza. Fa un freddo terribile; il k-way non è
sufficiente a calmare i brividi ed ho le mani ghiacciate. Mi supera
la Patty, che in discesa si muove con molta più sicurezza di me,
mentre Marco mi aspetta, paziente. Dopo 5-6 km riprendiamo a
salire per qualche centinaia di metri, finchè sbuchiamo su una
strada trafficata. Giriamo a sinistra, verso Ponte di Nava, che dista
2 km, rimanendo bloccati dietro una lunga coda di auto e moto, fino
ad un incrocio, dove continuiamo di nuovo verso sinistra,
attraversando il fiume Tanaro e affrontando un falsopiano, di circa 5
km, che termina al Colle di Nava. Mi lancio, quindi, nella lunga
discesa verso Pieve di Teco, sempre con grande attenzione e
concentrazione. E' quasi mezzogiorno ed il via vai di veicoli è
impressionante; se il gruppo di testa è a rischio per l’alta
velocità, noi delle retrovie lo siamo per il traffico, che, dopo
l’apertura delle strade, rimaste chiuse soltanto durante il
passaggio dei primi corridori, aumenta a dismisura, diventando ancora
più caotico e frenetico. Ormai ci sono abituata e, oggi più che
mai, scendo con molta attenzione. Mi supera Mirko e mi informa che
Bruno ha rotto un pedale, perciò è dovuto salire sul carro scopa.
Accidenti, questa non ci voleva! Mi dispiace davvero: non potrà
ottenere il brevetto del Giro delle Regioni, visto che una gara era
già saltata, purtroppo, quando è venuta a mancare sua madre. Con
tristezza raggiungo il fondovalle, percorro la preannunciata galleria
di 1,8 km, ben illuminata, e imbocco il bivio a sinistra per
Borghetto d'Arroscia. Mi supera il carro scopa, riconoscibile
dalle scope di saggina, tipo quelle delle streghe, sistemate più o
meno in corrispondenza degli specchietti anteriori. A bordo, il
nostro caro presidente, costretto a sorbirsi, proprio lui che vive la
bici all’insegna del divertimento e dello star bene in compagnia,
le imprese di altri sfortunati colleghi, esaltate ed esagerate al
pari di quelle dei pescatori, come ci racconterà più tardi al pasta
party, facendoci morire dalle risate. Lo vediamo, poco dopo, fermo al
bivio, tutto bello sorridente ed ironico. L’ha presa bene! C'era
da aspettarselo da un umorista come lui. Grande Bruno! Mi avvio su
per la salita di Gazzo più sollevata. Adesso che mi sono scaldata
posso anche togliere il k-way. Veramente qui fa un caldo
tremendo: saremo passati dai 10 gradi del Passo ai 30 della
pianura e questa salita ha delle belle
rampette, che accrescono ancor più la sensazione di calore. Ho le
guance infuocate e bevo come una spugna. La strada è stretta, ma è
un incanto, insinuandosi per 6 km all’interno di immensi e
argentati uliveti. Ci supera il carro scopa, che ritroviamo allo
scollinamento, dopo 450 metri di dislivello, dov’è collocato
l’unico tappetino di controllo dei chip ed il ristoro. Non è
rimasto nulla, nemmeno l’acqua. In compenso ritrovo la Patty e
Mirko. Quest'ultimo, in preda ai crampi, spera in un'ultima,
conclusiva discesa. Purtroppo per lui, qui inizia, invece, una serie
infinita di saliscendi fino ad Onzo, che raggiungiamo dopo circa 13
km. Un'altra sosta al ristoro, questa volta ben fornito, e poi,
finalmente, arriva la tanto agognata discesa verso Albenga. Mirko si
lascia andare e anche la Patty. Io tiro i freni. Da lontano intravedo
qualcuno del mio gruppo che non ha la corporatura di Mirko e,
infatti, avvicinandomi, riconosco Francesco. Incredibile, si è
sciroppato altri 18 km di falsopiano e salita per venirci incontro.
Oggi non stava bene, ancora reduce da una settimana di influenza,
eppure è riuscito a stare sotto le 4 ore di gara. Che tempra! Molto
generosamente mi aspetta, raggiungiamo la Patty e poi riagguantiamo
Mirko.
Che bello scendere tutti insieme! Però ci manca Bruno; con
lui sarebbe stato perfetto. Quando la strada spiana, Francesco si
piazza alla testa del gruppetto e, mantenendo una velocità di 32 km/h, per consentirci di stargli a ruota, ci porta al traguardo.
Fantastico!!! Grazie, grazie, grazie! E anche questa è fatta, non ci
posso credere! Caricate le bici sul camper, raggiungiamo il pasta
party, allestito nello stabilimento della Noberasco, a quest’ora
illuminato e riscaldato dai tiepidi raggi del sole, che penetrano
trasversalmente attraverso i grandi finestroni. Ormai è quasi
deserto: le premiazioni sono finite da un pezzo. L’atmosfera è
quella serena e tranquilla della festa che sta per finire, con i
volontari affaccendati nel riordino dei tavoli e nelle pulizie, ma
per noi c’è ancora un piatto di pasta fumante che ci attende e per
di più senza la scocciatura di fare la coda. Risate, battute,
quattro chiacchiere con i pochi rimasti e poi i saluti, con quella
leggera, piacevole malinconia che ti assale quando qualcosa di bello
sta per finire e sai che per un po’ vivrai di bei ricordi, fino
alla prossima … Chissà!
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