Certo che, non uscire in bici la domenica mattina ad orari antelucani, ha i suoi vantaggi. Se non altro si incontrano vari gruppi di ciclisti ai quali si può strappare gentilmente un passaggio per superare in modo più rapido i 40 e rotti chilometri che separano casa mia da Pisogne. Da questo grazioso paesino, situato sulla sponda settentrionale del lago d’Iseo, infatti, inizia l’ascesa al Colle San Zeno (che è anche un Passo visto che collega la Val Camonica alla Val Trompia). Adoro i miei colleghi ciclisti che, pur non conoscendomi, mi trattano con rispetto ed hanno mille riguardi per me. Mi sento protetta quando vengo intruppata nei loro gruppi, per non parlare della punta d’orgoglio che provo quando mi fanno i complimenti perché riesco a tenere le loro ruote. Io mi diverto a vedere le loro espressioni tra il sorpreso e l’ammirato. Alla fine del passaggio non dimentico mai di ringraziare e di elargire con generosità sorrisi e saluti: se li meritano proprio. Così, dopo aver costeggiato la sponda del lago d’Iseo in buona compagnia, eccomi, dunque, a Pisogne, dove seguo le indicazioni per la Val Palot. In corrispondenza della chiesa del paese iniziano i 17 chilometri di salita che conducono al Passo. La strada sale ad ampi tornanti e permette alla vista, almeno nel primo tratto, di spaziare su una buona parte del lago e sulle montagne circostanti. Dopo 4 km, al bivio, tiro dritto. Se pure svoltassi a destra non cambierebbe nulla, perché le due strade alla fine si ricongiungono pochi metri prima di scollinare. Continuo a pedalare con passo regolare, superando piccoli borghi, boschi e pascoli. Dopo 12 km di salita abbastanza impegnativa, la strada spiana per un chilometro in corrispondenza degli impianti da sci e, poi, riprende a salire per altri 4 chilometri fino al rifugio San Zeno, situato in posizione molto panoramica sulla Val Trompia. D’estate, il piazzale antistante il rifugio è invaso da una moltitudine di moto ed auto. Oggi, invece, non c’è quasi nessuno. Meglio così, visto che per me la montagna è sinonimo di pace e silenzio. Sbrano il mio panino con la marmellata, in piedi, leggendo il menu del giorno sulla lavagna posta all’esterno dell’edificio. Lo so, è una crudele, inutile sofferenza quella che mi sto infliggendo. Meglio allontanarsi da qui, da questi effluvi invitanti e stuzzichevoli: potrei svenire da un momento all’altro. Mentre mi preparo per la discesa, mi riprometto di tornarci in abiti civili per commettere un piccolo peccato di gola. Scendo lentamente i 17 km che, dai 1300 metri di quota, mi caleranno al livello del lago, godendomi il paesaggio ed assaporando ogni essenza della natura meravigliosa che mi circonda; 17 km di pura estasi, alla fine dei quali mi ritrovo sulla strada trafficata che costeggia il Sebino. Mi sarebbe piaciuto tornare a casa passando dalla sponda bresciana del lago, ma è impossibile, visto che, da oltre un anno, la pista ciclabile da Toline a Vello è impraticabile a causa di alcune frane. L’alternativa di percorrere la statale e di infilarmi in un budello di 5 km saturo del gas di scarico delle auto, non è nemmeno da prendere in considerazione. Quindi, non resta che rifare la stessa via delll’andata. Però sono fortunata, perché vengo subito raggiunta e superata da un collega ciclista, che aggancio al volo. Il vento è forte, ma ci diamo reciprocamente il cambio e così i 35 km fino a Sarnico scorrono velocemente sotto le nostre ruote. Due parole, un saluto, un sorriso e, poi, altri 10 km in solitaria fino a casa, fatti col paraocchi per non vedere quello schifo di vetture incolonnate in entrambi i sensi di marcia. Felice e soddisfatta della pedalata odierna, mi concedo una sosta in gelateria per un mega gelato. Ebbene sì, lo ammetto, sono proprio una golosona, ma perché fare tanta fatica se non per le gioie del palato?
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