Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

sabato 26 ottobre 2013

13/08/2013: anello PASSO DELLO STELVIO da Prato allo Stelvio, in bici da corsa (BZ)


(89 km e 1922 metri di dislivello)

Parcheggiamo i nostri mezzi qualche chilometro dopo Silandro, in un ampio spiazzo di fianco ad una chiesa. Siamo in Val Venosta, al cospetto di sua Maestà lo Stelvio. Bruno sostiene che i 6-7 km, risultati poi 13, che ci separano da Prato allo Stelvio (915 metri s.l.m.), ci serviranno per scaldare i muscoli. Verissimo, se non fosse che i tratti in discesa, al ritorno, ce li troveremo in salita e, a quel punto, saranno dolori. Ma non è il caso di pensarci adesso. Ci immettiamo, quindi, nella bella pista ciclabile e filiamo veloci verso la nostra meta. Il cielo non promette niente di buono; non riusciamo a capire se si stia aprendo o chiudendo. Alcune gocce bagnano l'asfalto, ma non ci badiamo. Per ora non è possibile fare previsioni. 

In paese, all'incrocio, giriamo a sinistra e procediamo in fila indiana verso il Passo dello Stelvio (2758 metri s.l.m.), che è il valico automobilistico più alto d’Italia. Ci aspettano 24 km di salita, 1.808 metri di dislivello e ben 48 tornanti. La temperatura è buona … l'umore ancor di più. Davvero non so dove trovino certe battute i miei compagni d'avventura. Di sicuro c'è solo una cosa: se continuano così non riuscirò mai ad arrivare in cima. La gregnarola ormai è partita. Con la mano sulla pancia che duole dal troppo ridere, cerco di tenere il ritmo, ma la vedo dura … Per fortuna ci pensa la fatica a spegnere lo spirito e il fiato corto a mettere a freno la lingua. Dopo circa 8 km pedalabili, infatti, superato il bivio per Solda, iniziano i tornanti e la pendenza aumenta all’8-9%. 
Piano piano il gruppetto si sfilaccia. Federico prende il volo, seguito a ruota da Roberto. Bruno mette la ridotta e perde un po’ terreno. Pierino mi scorta, da gran cavaliere, anche se potrebbe fare molto meglio. Pausa tecnica di Pierino a Trafoi. Lo aspetto e, nel frattempo, ci raggiunge Bruno. Ripartiamo tutti e tre tranquilli, rimanendo insieme per un buon tratto. Poi, quando la strada entra nel bosco, nel punto più ostico della salita, io e Pierino guadagniamo qualche metro su Bruno, che, comunque, resterà, più o meno fino alla fine, a portata di voce … o quasi. Oggi sta andando bene il nostro presidente. Ad un certo punto ci supera una ragazza, magrissima e agilissima. Ogni tanto si ferma, fa qualche scatto con la fotocamera e poi riparte veloce, senza mostrare fatica alcuna. Continuerà così per tutto il resto dell’ascesa. Io, invece, più salgo e più boccheggio come un pesce fuor d’acqua; sarà per l’aria che, oltre una certa quota, si fa più rarefatta, sarà per la pendenza che non molla mai, sarà che non ho più il fisico … o forse tutte e tre le cose. Ma quando Pierino, che evidentemente prova le mie stesse sensazioni, esprime verbalmente quello che io sto solo pensando, sorrido. Come si dice, mal comune, mezzo gaudio …. 
Foto di repertorio
Ed eccola lì, davanti a noi, la lunga e tanto fotografata sfilza di tornanti che si srotolano, uno dietro l’altro, sull’irta parete della montagna; infiniti ed incredibilmente belli. Cerco di mantenere passo e respiro regolari, concentrandomi sui tornanti che piegano verso destra, alcuni dei quali così stretti e ripidi da impedirmi di far scorrere le ruote sul margine della strada; con il via vai di auto e moto, non sempre riesco prenderli con una traiettoria più ampia e la curva si raddrizza. C’è da dire che, da queste parti, guidano tutti con molta prudenza ed hanno rispetto per noi ciclisti. 
Spesso e volentieri, però, mi ricordo anche di alzare gli occhi sullo splendido scenario circostante. Protagoniste incontrastate sono le cime innevate del massiccio dell’Ortles (3905 metri s.l.m.) che si estendono alla nostra sinistra, vicinissime ed abbaglianti. Vedo chiaramente anche il valico, lassù, al termine del lungo biscione. All’improvviso sento qualcuno gridare il mio nome. E’ Roberto, che m’incoraggia dall’alto della sua postazione. Altre voci si uniscono a quella del nostro compagno, le ovazioni aumentano. Ma chi è che fa tutto questo chiasso? Mentre mi avvicino, scorgo alcuni motociclisti che, presi dall’entusiasmo, ci stanno incitando a loro volta. Così, al Passo, io e Pierino ci arriviamo tra gli applausi della folla esultante. Rido divertita, con il poco fiato che mi è rimasto. Che bello il tifo degli amici! Chissà se anche il nostro presidente lo apprezza … Noi ce la mettiamo tutta per incoraggiarlo, mentre risale la china con il suo passo tranquillo. Dal nostro punto di osservazione lo seguiamo con lo sguardo, fiduciosi, finchè anche l’ultimo tornante è alle sue spalle, lo Stelvio conquistato. Grande Bruno … ce l’hai fatta anche stavolta! E certo non possiamo andarcene senza una foto ricordo. Grazie al cellulare di Federico, ci facciamo immortalare da un turista e pazienza se queste fotografie, come quelle scattate sul Mortirolo da Alessandro settimana scorsa, non avrò mai il piacere di vederle. Le belle emozioni rimangono nel cuore e sono indelebili. 
Indossiamo il k-way e scendiamo verso il versante opposto, ma soltanto per circa 3 km. Al primo bivio, infatti, giriamo a destra e risaliamo brevemente verso il Passo dell’Umbrail (2501 metri s.l.m.). O meglio io risalgo, mentre gli altri si fermano. Torno indietro anch’io, non si sa mai, magari hanno cambiato il programma. No, è tutto a posto. Bruno deve soltanto acquistare qualcosa. Allora io posso approfittarne per portarmi avanti nella lunga discesa che in 16 km mi depositerà a S. Maria in Monastero (1375 metri s.l.m.), in territorio Svizzero, e per godermi con calma questo paesaggio, selvaggio e magnifico. 
Curve e controcurve. Perdo velocemente quota e supero senza problemi un paio di chilometri sterrati. Una volta uscita dall’angusto canalone, la vista si allarga sulla splendida e luminosa Val Mustair. Che panorama! Dolci declivi ricoperti da pinete, prati verdissimi punteggiati da minuscoli e curati paesini con i tipici campanili a punta, il profilo di alte montagne che si staglia all’orizzonte. Sembra una cartolina e invece è una bellissima realtà dalla quale non riesco a distogliere lo sguardo. Anche qui, una lunga serie di stretti tornanti, ma questa strada è deserta, per fortuna, così li posso affrontare con tutta tranquillità. A S. Maria attendo una decina di minuti. Chissà dove sono finiti gli altri … 
Vabbè, Glorenza dista 14 km, posso continuare ancora un po’. I miei compagni mi raggiungeranno lungo la strada e non avranno misericordia. Svolto a destra e procedo in leggera discesa verso Sielva e Mustair. Rallento alla dogana, ma i funzionari non mi degnano di uno sguardo. Rieccomi in Italia. Poco dopo, lo spostamento d’aria, come sempre, mi annuncia l’arrivo di Bruno, seguito da Federico e Roberto. Pierino gentilmente mi aspetta, ma, improvvisamente, vengo investita da un vento impetuoso che mi fa traballare sulla bici. Riduco la velocità per mantenere l’equilibrio e Pierino non se ne avvede. Perdo terreno e mi ritrovo da sola a lottare contro le raffiche violente. Ma per poco. Gli amici si vedono nel momento del bisogno e Roberto, mosso a pietà, si ferma, mi attende e poi si piazza davanti a tagliare l’aria finchè non raggiungiamo gli altri. A Glorenza (907 metri s.l.m.), piccolissimo gioiello medievale, imbocchiamo la pista ciclabile ad una velocità da far rizzare i capelli ai poveri cicloturisti che superiamo. Così, giunti a Prato allo Stelvio, dopo 7 km di batticuore, conveniamo che forse sia meglio ritornare sulla statale. E’ trafficata e, com’era prevedibile, adesso i tratti in leggera salita, fatti a tutta per non perdere il gruppetto, mi fan tirare la lingua per terra. I miei amici devono avere una fame del diavolo per correre così. Il tempo si dilata, gli ultimi 13 km sembrano non finire mai. Anche Bruno è leggermente in crisi … l’energia ormai si sta esaurendo. Ma ecco la chiesa, il piazzale, il furgone. Alleluia! E’ fatta e il meteo ci ha graziati, regalandoci una giornata stupenda. Sono circa le due del pomeriggio quando, cambiati e rinfrescati grazie alla provvidenziale tanica d’acqua, munita pure di rubinetto, portata da Pierino, lasciamo il parcheggio per andare alla ricerca di un ristorante. Perché, va bene far fatica, ma è anche vero che, poi, ci vuole una giusta ricompensa e quella che soddisfa il palato ci trova sempre tutti d’accordo.



Nessun commento:

Posta un commento