Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

venerdì 9 novembre 2012

23/09/2012: GRAN FONDO NOBERASCO (Albenga - Liguria)





(percorso unico: 116 km – 2050 metri di dislivello)
Una sera d’agosto, durante la mia abituale passeggiata in collina, ricevo una telefonata da Francesco. Mi chiede se parteciperò alla Gran Fondo Noberasco “E perché mai?”, ribatto io, pensando già ad un rifiuto. Nella mia testolina avevo chiuso con le gare il 24 giugno, dopo la GF Giordana e mi stavo ormai da tempo rilassando con i miei giri cicloturistici. La voglia di ributtarmi in pista era pari a zero. “Perché sei iscritta, visto che la GF Città di La Spezia, sospesa a suo tempo, è stata sostituita dalla GF Noberasco, che, a questo punto, è valida sia per il brevetto del Giro delle Regioni che per quello della Coppa Lombardia, oltre a far parte del Gran Trofeo, dove tu sei quinta di categoria e siccome premiamo i primi cinque ….”, mi spiega pazientemente Francesco, che, a differenza della sottoscritta, è sempre informatissimo su tutto ciò che riguarda le gare ciclistiche. La notizia mi getta nello scompiglio più totale. Ma, dài … quinta … e neppure lo sapevo! Però, che tentazione! I primi due brevetti me li sarei già aggiudicati, ma il Gran Trofeo è un’occasione inaspettata, non posso lasciarmela sfuggire così. La classifica è a tempo, rifletto, siamo rimaste solo in cinque ... dunque non devo far altro che portare a termine la gara. Quasi, quasi, ci provo. “Va bene, salvo imprevisti, ci sarò”, rispondo un po’ preoccupata, pensando alla scarsa forma fisica del momento ed al poco tempo a disposizione per allenarmi, vista l’imminente partenza per le vacanze. Vabbè, farò quel che potrò …
Ed ora eccomi qui, sullo splendido lungomare di Albenga, a rivivere le vecchie emozioni. A dir la verità, il mio battito cardiaco non manifesta alcuna turbolenza; forse grazie al giro turistico, appena compiuto con Bruno, nel magnifico centro storico della cittadina, oppure alla sorpresa di vedere in griglia, accanto a me, la ragazza che incrocio e saluto, ormai da anni, sui Colli di San Fermo, dove entrambe ci alleniamo, ma con la quale non avevo mai avuto l’occasione di parlare. Buffa combinazione! Il tempo passa veloce, assorbito dalle nostre chiacchiere allegre. Non c’è nemmeno la musica a manetta a mettere in circolo un po’ di adrenalina. Il count down è scandito da un’adorabile nonnina di 80 anni. Partenza soft, quindi, a velocità controllata per circa 10 km, ma la calma dura poco. Ai primi spartitraffico e alle prime rotonde si scatena il parapiglia di sempre e qualche imprecazione vola pure ai danni dell’organizzazione, che ci sta mandando verso l'autostrada. E vai e corri e inchioda. Come da copione. Con le mani pronte sulle leve dei freni, al solito, lascio che tutti mi sfilino ai fianchi, compresi Mirko e Bruno, che, insieme a me e a Francesco, partecipano a questa gara. Un unico pensiero: “Manu non fare caxxate, devi soltanto riuscire a varcare il traguardo in bici ed incolume ... ora più ora meno, non ha importanza”.
Nella baraonda mi par di udire alle mie spalle qualcuno fare il mio nome. Mi giro, ma incrocio soltanto lo sguardo interrogativo di uno sconosciuto. Bah, avrò sentito male! Ma ecco il mio nome ripetuto di nuovo. Questa volta, la voce mi sorpassa e riconosco Hiroshi, del Team Tex, che saluto ridendo, notando che la sua concentrazione è, se possibile, ancora maggiore della mia, mentre con invidiata maestria si insinua tra una bici e l’altra, dissolvendosi, infine, tra la folla colorata.
Alla rotonda dell’autostrada, imbocchiamo la strada per Castelbianco e, dopo 200 metri, i cavalli, finalmente sciolti dalle briglie che li trattenevano, possono dare libero sfogo alla loro potenza. Passata la mandria indiavolata, nelle retrovie rimane sempre qualcuno che se la prende con più tranquillità. Ormai l’ho sperimentato ed attendo fiduciosa il mio piccolo pony, che si manifesta in un ciclista del gruppo godiaschese. Marcia ad una velocità ideale per me. Mi metto a ruota e lo seguo lungo il falsopiano che introduce alla salita vera e propria e che non è per niente impegnativa. Tuttavia, non è da sottovalutare, perché si scollinerà dopo 28 km e circa 1300 metri di dislivello. La strada piega verso l’interno. Stiamo abbandonando la costa per dirigerci a nord, verso il Piemonte e la provincia di Cuneo. Superiamo Cisano sul Neva e continuiamo, sempre dolcemente, fino a penetrare in una bellissima valle, verde e tranquilla. Il cielo è coperto, ma la temperatura è gradevole; ci sono circa 20 gradi. Via via che si procede, la pendenza aumenta dal 2 al 4% per poi mantenersi intorno al 7-8%. Il godiaschese ha una pedalata agile, ma regolare e piano piano recuperiamo alcuni colleghi. Quando le gambe, però, iniziano a farmi male, mollo la presa; ci sono oltre 2000 metri di dislivello da affrontare, oggi, e mi voglio gestire con buon senso. Nel frattempo mi ha raggiunta Marco e saliamo insieme, in compagnia di altri ciclisti. Verso Caprauna ci superano le ambulanze e la macchina di fine gara, ponendo, così, termine alla chiusura del traffico e dando luogo ad una colonna di vetture che avvelena l’aria e i nostri polmoni. Per fortuna non dura molto e, poco dopo, ritorna la calma. Strada facendo, riprendo alcuni fuggitivi, tra cui Mirko e Bruno, ben sapendo che, a loro volta, mi semineranno in discesa. Divertente constatare che il numero di pettorale di Bruno, 456, è la prosecuzione del mio, 321, vabbè, al contrario, comunque la cosa è simpatica. Nel frattempo mi godo questo magnifico bosco di castagni immerso nella nebbiolina. In effetti l'ambiente qui sembra già quello autunnale, anche se siamo soltanto a settembre. Ad un chilometro e mezzo dallo scollinamento incrociamo la Patty. Prima dell’inizio della gara si era avviata con Marco lungo il percorso e adesso sta scendendo nel senso inverso, decisa a tornare indietro, preoccupata di non aver visto Francesco, suo marito, tra i ciclisti finora transitati sul Passo. La convinco a venire con noi: se fosse successo qualcosa a Francesco me ne sarei accorta, visto che era davanti a me. Mentre i miei amici si fermano al ristoro, io proseguo in discesa. L’asfalto è bagnato; deve aver piovuto da poco da queste parti. Scendo adagio e con prudenza. Fa un freddo terribile; il k-way non è sufficiente a calmare i brividi ed ho le mani ghiacciate. Mi supera la Patty, che in discesa si muove con molta più sicurezza di me, mentre Marco mi aspetta, paziente. Dopo 5-6 km riprendiamo a salire per qualche centinaia di metri, finchè sbuchiamo su una strada trafficata. Giriamo a sinistra, verso Ponte di Nava, che dista 2 km, rimanendo bloccati dietro una lunga coda di auto e moto, fino ad un incrocio, dove continuiamo di nuovo verso sinistra, attraversando il fiume Tanaro e affrontando un falsopiano, di circa 5 km, che termina al Colle di Nava. Mi lancio, quindi, nella lunga discesa verso Pieve di Teco, sempre con grande attenzione e concentrazione. E' quasi mezzogiorno ed il via vai di veicoli è impressionante; se il gruppo di testa è a rischio per l’alta velocità, noi delle retrovie lo siamo per il traffico, che, dopo l’apertura delle strade, rimaste chiuse soltanto durante il passaggio dei primi corridori, aumenta a dismisura, diventando ancora più caotico e frenetico. Ormai ci sono abituata e, oggi più che mai, scendo con molta attenzione. Mi supera Mirko e mi informa che Bruno ha rotto un pedale, perciò è dovuto salire sul carro scopa. Accidenti, questa non ci voleva! Mi dispiace davvero: non potrà ottenere il brevetto del Giro delle Regioni, visto che una gara era già saltata, purtroppo, quando è venuta a mancare sua madre. Con tristezza raggiungo il fondovalle, percorro la preannunciata galleria di 1,8 km, ben illuminata, e imbocco il bivio a sinistra per Borghetto d'Arroscia. Mi supera il carro scopa, riconoscibile dalle scope di saggina, tipo quelle delle streghe, sistemate più o meno in corrispondenza degli specchietti anteriori. A bordo, il nostro caro presidente, costretto a sorbirsi, proprio lui che vive la bici all’insegna del divertimento e dello star bene in compagnia, le imprese di altri sfortunati colleghi, esaltate ed esagerate al pari di quelle dei pescatori, come ci racconterà più tardi al pasta party, facendoci morire dalle risate. Lo vediamo, poco dopo, fermo al bivio, tutto bello sorridente ed ironico. L’ha presa bene! C'era da aspettarselo da un umorista come lui. Grande Bruno! Mi avvio su per la salita di Gazzo più sollevata. Adesso che mi sono scaldata posso anche togliere il k-way. Veramente qui fa un caldo tremendo: saremo passati dai 10 gradi del Passo ai 30 della pianura e questa salita ha delle belle rampette, che accrescono ancor più la sensazione di calore. Ho le guance infuocate e bevo come una spugna. La strada è stretta, ma è un incanto, insinuandosi per 6 km all’interno di immensi e argentati uliveti. Ci supera il carro scopa, che ritroviamo allo scollinamento, dopo 450 metri di dislivello, dov’è collocato l’unico tappetino di controllo dei chip ed il ristoro. Non è rimasto nulla, nemmeno l’acqua. In compenso ritrovo la Patty e Mirko. Quest'ultimo, in preda ai crampi, spera in un'ultima, conclusiva discesa. Purtroppo per lui, qui inizia, invece, una serie infinita di saliscendi fino ad Onzo, che raggiungiamo dopo circa 13 km. Un'altra sosta al ristoro, questa volta ben fornito, e poi, finalmente, arriva la tanto agognata discesa verso Albenga. Mirko si lascia andare e anche la Patty. Io tiro i freni. Da lontano intravedo qualcuno del mio gruppo che non ha la corporatura di Mirko e, infatti, avvicinandomi, riconosco Francesco. Incredibile, si è sciroppato altri 18 km di falsopiano e salita per venirci incontro. Oggi non stava bene, ancora reduce da una settimana di influenza, eppure è riuscito a stare sotto le 4 ore di gara. Che tempra! Molto generosamente mi aspetta, raggiungiamo la Patty e poi riagguantiamo Mirko. 
Che bello scendere tutti insieme! Però ci manca Bruno; con lui sarebbe stato perfetto. Quando la strada spiana, Francesco si piazza alla testa del gruppetto e, mantenendo una velocità di 32 km/h, per consentirci di stargli a ruota, ci porta al traguardo. Fantastico!!! Grazie, grazie, grazie! E anche questa è fatta, non ci posso credere! Caricate le bici sul camper, raggiungiamo il pasta party, allestito nello stabilimento della Noberasco, a quest’ora illuminato e riscaldato dai tiepidi raggi del sole, che penetrano trasversalmente attraverso i grandi finestroni. Ormai è quasi deserto: le premiazioni sono finite da un pezzo. L’atmosfera è quella serena e tranquilla della festa che sta per finire, con i volontari affaccendati nel riordino dei tavoli e nelle pulizie, ma per noi c’è ancora un piatto di pasta fumante che ci attende e per di più senza la scocciatura di fare la coda. Risate, battute, quattro chiacchiere con i pochi rimasti e poi i saluti, con quella leggera, piacevole malinconia che ti assale quando qualcosa di bello sta per finire e sai che per un po’ vivrai di bei ricordi, fino alla prossima … Chissà!

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