Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

giovedì 8 marzo 2012

04/03/2012: GRAN FONDO VAL DI CECINA (Toscana) così come l'ho vissuta io (km 87 – 1.050 metri di dislivello)

Sono a Cecina, in Toscana, con l’allegra brigata dell’Asd O.M.P.G., per la prima gara ciclistica di stagione. Ebbene sì, dopo tre anni di assenza, mi ributto in pista. Il ritrovo è in Corso Matteotti. Mancano 50 minuti alla partenza quando entro nella gabbia dei leoni, ma il tempo passa in fretta, tra una battuta e l’altra con il capitano, alias Roby il Barbaro (così chiamato per la sua somiglianza con Attila, dopo essere stato fotografato con due lunghe corna di bue all’ultima “riunione”), una pasta d’uomo, già in menopausa e in preda a vampate di calore che lo portano a gareggiare con maglietta e calzoncini, mentre io sembro pronta per una spedizione al Polo Nord. Ci sono anche Luis il Moro, simpatico chiacchierone, nonché competente e informatissimo meccanico di bici, che ne sa una più del diavolo e che attacca bottone con tutti; Mirko, che stamattina ha fatto felici tutti, offrendo una, pare, squisita e dagli effetti miracolosi, torta di mele preparata da sua moglie e che non ho fatto in tempo ad assaggiare. Da che sono entrata in questo gruppo ho capito una cosa fondamentale: le opportunità vanno colte al volo. Infine Federico, alla sua prima gara, ma, all’apparenza, tranquillo, tranquillo. Nella griglia davanti alla nostra, quasi in pole position, ci sono Francesco, la “moto” e Riccardo “la gazzella”; e non serve aggiungere altro. Poco prima della partenza anche Bruno, il nostro paziente presidente e coordinatore, che suda sempre le fatidiche sette camicie per ottenere un minimo di disciplina da questa sorta di Armata Brancaleone, passa a farci un “in bocca al lupo”, prima di scendere in coda al serpentone, in quanto oggi partirà con il n. 1545. Infatti i partecipanti alla competizione sono circa 1800, di cui 500 affronteranno il percorso lungo di 130 km e 2200 metri di dislivello. Ci sono soltanto 11 gradi stamattina e il cielo è nuvoloso. Speriamo che tenga. Non sono per niente tesa, del resto non devo fare altro che pedalare, cercare di sopravvivere fino al traguardo e arrivare nel tempo limite. Non ho aspettative di vincita e nemmeno di essere tra le prime di categoria. Intorno a me un mucchio di giovani, agguerrite cicliste. Penso che potrei benissimo essere la mamma di molte di loro. Mi sento un po’ fuori posto. Che ci faccio io qui? Di preciso non lo so. Mi sono iscritta d’impulso a ben due circuiti:  il Giro delle Regioni e la Coppa Lombardia. Forse la voglia di giocare ancora un po', forse perchè, visto che mi piace pedalare, tanto vale farlo per un obiettivo, ma penso che, più di ogni altra cosa, in questa decisione abbia influito lo spirito con cui partecipano alle gare i “ragazzi” del mio nuovo gruppo. E’ vero che tutti gareggiano, se non per vincere, almeno per dare il meglio di sé, e così pure io, anche se poi arrivo ultima, ma alla fine lo si fa soprattutto per divertirsi, animati da una passione che ci accomuna, facendo insomma qualcosa che ci piace, tant’è che a gara conclusa le classifiche e i tempi per noi passano in secondo piano e altri bisogni, più materiali e immediati, prendono il sopravvento, donandoci ben più gustose soddisfazioni. Adesso, però, vorrei proprio partire. Ecco ci siamo, finalmente. Squilli di trombe e rulli di tamburi. I cavalli scalpitano, le griglie si aprono, lo speaker dà lo start. Pronti, via, si parte. 1800 paia di tacchette si agganciano ai pedali con un suono metallico, 1800 bip sul tappetino e poi più nulla. Non sento più nulla, se non il fruscio delle gomme sull'asfalto, i battiti sordi del mio cuore e il mio respiro affannato. La velocità è impressionante. Nei primi due chilometri di pianura mi supera mezzo mondo, eppure sto pestando come una forsennata sui pedali, tanto che arrivo all’imbocco della salita per Guardistallo con le gambe già inchiodate. Sembra che tutti se la cavino meglio di me e, pur senza voltarmi indietro, ho la sensazione di essere il fanalino di coda. Non mi perdo d'animo, anche se, la partenza a freddo, il fatto di non conoscere il percorso e di non sapere cosa mi aspetti, non giocano a mio favore. Cerco di salire con passo regolare, ma il ritmo è molto superiore a quello cui sono abituata. Le gambe fanno male, però, piano piano, recupero qualche posizione. Scollino dopo circa 9 km. Questa è la prima “asperità”, se così la si vuol chiamare, del percorso. Da qui in avanti è tutto un saliscendi spezzagambe. Non sono allenata per questi continui cambi di ritmo, per queste pseudo salite e pseudo discese, dove si deve sempre e comunque pedalare. Però, ad un certo punto, trovo l'ispirazione: metto il rapporto lungo, prendo la rincorsa in discesa e mi lancio sulla salita successiva; e poi ancora giù e di nuovo su, come sulle montagne russe. Comincio a divertirmi e ad accorgermi del paesaggio che mi sta intorno. Recupero altre posizioni e, durante un tratto in pianura, riesco persino ad agganciarmi ad un trenino che marcia ad una velocità perfetta per me. Non ci posso credere! Infatti, dopo pochi minuti, un rumore sospetto alla ruota anteriore mi costringe a fermarmi. E' la solita ruota che da un mese a questa parte, nelle lunghe uscite domenicali, sistematicamente si buca. Per evitare che accadesse anche in gara, avevo cambiato il copertone e la guaina, ma, a questo punto, mi viene da pensare che abbia il malocchio. Beh, ormai mi devo rassegnare. La mia corsa finisce qui. Mi ci vorranno almeno 15 minuti per sostituire la camera d'aria e, comunque, adesso mi è passata la voglia di gareggiare. Passo il dito sulla gomma e la sento ancora bella turgida e gonfia. Perchè non va a terra? Provo a ripartire e il rumore si ripete. Ma che accidenti le prende? Ispeziono con cura la ruota e mi accorgo che un involucro di plastica trasparente, tipo quelli delle crostatine, non so come, si è incastrato tra il pattino del freno e la ruota. Mavaffan … Però che sollievo! Evvai, posso ripartire. Peccato che mi superi la macchina di fine gara e che, proprio prima di salire a Castagneto Carducci, il vigile dia il via libera ad un pullman puzzolente e a tutta una coda interminabile di vetture che mi accompagneranno su, per oltre 2 km, fino al paese. Scongiurata la morte per asfissia, procedo, poi, in falsopiano, per una manciatina di chilometri. Mi supera un giovanissimo ciclista e mi metto a ruota fino all'inizio della salita di Monteverdi, bella, dolce, in mezzo al verde. Sorpasso alcuni ciclisti in evidente difficoltà. Adesso che le gambe si sono scaldate, riesco a salire con più scioltezza quest'altra “asperità” di circa 10 km. La strada continua, quindi, in falsopiano. Sono sempre a ruota del ragazzino e di un ciclista più “maturo”. Al ristoro loro si fermano, io tiro dritto. Stranamente non ho nè fame nè sete, né caldo né freddo. Non provo più nulla. Sono diventata insensibile. Penso solo a pedalare e ad arrivare. Scendo a Canneto, dove c'è la deviazione a destra per il percorso lungo. Io giro a sinistra e continuo a scendere. Intorno al 50° km, un meteore mi passa accanto alla velocità della luce: è Bruno, il presidente. Accipicchia, non riesco ad agganciarlo. Generosamente rallenta, mi aspetta e, premurosamente, mi chiede se va tutto bene. Procediamo insieme, poi, lungo un interminabile rettilineo. Soffia un vento spietato, ovviamente contrario. Si accodano altri ciclisti. Bruno propone ai colleghi di darsi il cambio e così i poveri diavoli, visibilmente affaticati, si alternano alla testa del gruppetto. Io ignobilmente mi defilo, … non potrei mai tirare a 35 km orari come loro, neanche col vento a favore, non ci provo nemmeno, e col mio passo arriveremmo al traguardo a notte fonda.
Ecco il bivio per Pozzatelli. Bruno, con delicatezza, quasi con timore, mi informa che tra poco ci troveremo davanti un “muro” e mi indica un cartello giallo. Ci sarà scritto “qui inizia l'inferno” come allo Zoncolan? No, ci informa che la nostra ultima sofferenza durerà soltanto 3 km. Ognuno salirà col proprio passo. Mi metto d'impegno e dò tutto quello che mi è rimasto. Ormai, mi dicono, siamo sulla dirittura d'arrivo. Riusciamo, Bruno ed io, a scollinare insieme e insieme ci fiondiamo nella lunga “discesa” (davvero non riesco a chiamarla così) di 12 km. Ancora un paio di bivi, ancora un ultimo sforzo sul rettilineo di Cecina e passiamo in volata sotto lo striscione dell'arrivo. Il bip del tappetino segna la fine della nostra immane fatica. Grazie Bruno, sei un grand’uomo! Bello? Sinceramente non lo so. E' un percorso molto veloce, tanto veloce che il tempo è letteralmente volato, ma la velocità non fa per me. Però, nell’insieme è stato divertente e, alla fine, che sorpresa! Non ero proprio il fanalino di coda, ma la 928^ su 1013 arrivati e un bel numero di ritirati. Nella classifica generale femminile, 45^ su 64. Beh, tutto sommato non è andata così male come pensavo; tra l'altro ho realizzato una media che non credevo possibile: 26 km/h. Per qualcuno potrà sembrare ridicola, ma per me è un risultato insperato. In compenso ho accumulato tanta di quell’adrenalina da averne a sufficienza anche per la settimana a venire. Per la cronaca: Francesco 2° di categoria e Riccardo 8° (entrambi a circa 8 minuti di distacco dal primo assoluto). Per Federico uno splendido esordio: ha bagnato il naso anche a Luis, Mirko e Roberto, che, comunque, hanno fatto un’ottima prestazione. Insomma .. una bella soddisfazione per tutti quanti. Salvo imprevisti, ci si rivede a Laigueglia il prossimo 25 marzo.


Nessun commento:

Posta un commento