Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

sabato 11 febbraio 2012

20/08/2011: Col de Sommeiller (2993 metri alt.) in mountain bike da Bardonecchia (Piemonte) (km 26 x 2 – 1700 metri di dislivello)




Avevo già affrontato questa salita nell’estate del 2006 con Luca e Marco, ma era stata un’esperienza diversa. All’epoca ero una “principiante”, nel senso che avevo iniziato da poco a pedalare e mi limitavo a salire e scendere dalla collina che si estende alle spalle di casa mia. Quel giorno avevamo percorso insieme i primi 15 chilometri fino al rifugio Scarfiotti e poi i miei due compagni di avventura mi avevano consigliato di attenderli lì, mentre loro avrebbero continuato fino al colle per gli ultimi 11 km più difficoltosi. Pochi minuti dopo la loro partenza, però, già mi ero pentita di aver accondisceso. Con grande incoscienza ero risalita in sella ed ero partita anch’io, incurante dei grossi nuvoloni neri che si stavano raggruppando nel cielo, dicendomi “dove arrivo, arrivo”. Allora mi dovetti fermare un paio di volte per riposare e riprendere fiato. Ancora non ero abituata a quelle altitudini e la mancanza di ossigeno si faceva sentire. A metà percorso fui tentata di tornare indietro: la stanchezza, il freddo, il cielo cupo, ma soprattutto la totale solitudine e la desolazione di quel luogo mi inquietavano non poco. Invece prevalse la mia curiosità e la mia testardaggine. Continuai a pedalare per altri quattro chilometri in quel paesaggio lunare, finchè, un chilometro prima di scollinare, incrociai Marco e Luca che scendevano. Decisi di ritornare con loro, mancando, quindi, per poco, la conquista del colle. 




Ma questa volta i presupposti sono migliori. La giornata è splendida, caldissima ed io ho un po’ di esperienza in più. Vedremo come andrà.
Intanto c’è da dire che la strada che da Bardonecchia porta al Colle di Sommeiller (2993 m) è la seconda strada carrozzabile (ma, ovviamente, non adatta a tutti i veicoli a motore) più alta d’Europa dopo quella del Pico de Veleta (3400 m), nella Sierra Nevada in Spagna. E’ lunga 26 km, di cui i primi 7 asfaltati ed i successivi 19 sterrati, con un dislivello di circa 1700 metri. Fu costruita nel 1961 per permettere agli sciatori di raggiungere il ghiacciaio Sommeiller, che, a quei tempi, era il più esteso delle Alpi Cozie. Vi era un centro di sci estivo con tre impianti di risalita, un rifugio ed una scuola di sci. Poi il ghiacciaio cominciò a ritirarsi e negli anni ’80 gli impianti, la scuola di sci ed il rifugio cessarono la loro attività, iniziando, così, una lenta decadenza degli stessi. Nel 2004 la Regione Piemonte fece rimuovere i ruderi del rifugio e smantellare gli skilift ed i piloni che deturpavano l’ultima lingua di nevaio rimasto al Colle, riportando i luoghi al loro stato originario.
Dal 2007 il Comune di Bardonecchia ha, inoltre, preso la felice iniziativa di chiudere al traffico motorizzato, nei mesi di luglio e agosto, dal venerdì alla domenica, dalle 9.00 alle 17.00, la strada che dal Rifugio Scarfiotti sale al Colle del Sommeiller, restando, così, questo, regno incontrastato di marmotte, camosci, bikers ed escursionisti.
Pur non essendo le pendenze particolarmente accentuate, ciò che rende questa salita impegnativa è la sua lunghezza, le condizioni della strada negli ultimi chilometri e l’altezza da raggiungere. Ma vuoi mettere il fascino di arrivare in mountain bike ad una simile quota? Di certo non capita tutti i giorni di poterlo fare! 
Lasciato il camper in un ampio parcheggio all’ingresso di Bardonecchia, Marco ed io partiamo alla conquista del colle. Siamo a 1300 metri sul livello del mare, eppure fa già molto caldo, anche se non c’è l’afa della nostra pianura. Due giri di pedale e svoltiamo a destra, entriamo nel paese, percorriamo un sottopassaggio e sbuchiamo sulla strada che sale lungo il Vallon de Rochemolles.
Dopo un tratto di falsopiano, la strada si restringe ed entra, ripida e tortuosa, nel bosco. Superata una breve rampa al 15%, continuiamo con pendenze intorno al 7% per circa 6 km fino al piccolo borgo di Rochemolles, costruito ai piedi della montagna e sulla riva di un bel torrente. Ancora poche centinaia di metri e la strada diventa sterrata, ma sempre abbastanza ampia. L’unico problema sono i fuoristrada che, salendo, sollevano nuvole di polvere e ci impediscono di respirare. Le pendenze sono moderate e, comunque, mai superiori al 9-10%: Entriamo in un bellissimo bosco di conifere, aggiriamo il fianco della montagna e superiamo un ponte su una spettacolare cascata. 



Siamo intorno ai 2000 metri di quota. Procediamo in falsopiano su buon fondo fino alla diga di Rochemolles; costeggiamo il lago artificiale, con le sue verdi acque, fino alla testata della valle e poi, uscendo dal bosco, riprendiamo a salire con più decisione, raggiungendo, dopo 9 km da Rochemolles, un’ampia, verde conca ed una biforcazione della strada.




A sinistra si perviene, dopo alcune centinaia di metri, al rifugio Scarfiotti, situato nei pressi di un piccolo laghetto e di un’alta cascata. A destra inizia l’ultimo troncone più impegnativo della salita, ma anche il più esaltante, lungo circa 11 km. La strada si restringe, il fondo peggiora leggermente, ma non troppo, e la pendenza s’inasprisce. 



Saliamo una serie di stretti, ripidi tornantini, ai margini dei quali si sono formati cumuli di sabbia che cerco di evitare per non scivolare. Poco dopo sbuchiamo al Pian dei Morti (2400 m), dove procediamo quasi in piano fino ad una selletta, superata la quale accediamo al Vallon du Fond (2600 m), selvaggio e desolato. E’ a questo punto che le condizioni della strada peggiorano sensibilmente. Gli ultimi tre chilometri sono da infarto. E’ vero che la cima va conquistata con il sudore e la fatica, ma penso di non aver mai tribolato tanto come adesso. Il fondo è invaso da pietre e detriti di ogni forma e dimensione. 



Qui la tecnica serve a poco. Bisogna avere gambe forti per far sì che le ruote non si blocchino tra un sasso e l’altro. Aguzzo la vista per trovare qualche passaggio più agevole, ma non sempre riesco a schivare i sassi. Cerco di superarli con disperata energia, ma un paio di volte perdo l’equilibrio e cado di lato come un salame. Ripartire e riagganciare i pedali su questo fondo pietroso richiede un’abilità che io non possiedo; soltanto la buona sorte mi consente di riuscirci al primo colpo. Riprendo a pedalare, quasi con rabbia, ma non mollo. Manca poco al colle e voglio arrivarci seduta in sella. Percorro gli ultimi, ripidi e accidentati tornanti sotto la Rognosa d'Etiache e, finalmente, raggiungo la mia meta … quota 3000!!! O poco meno. 


Ho la sensazione di essere salita in cielo, la mia felicità è incontenibile. Questo luogo è di una bellezza assoluta. Valeva la pena fare tanta fatica per arrivare sin quassù … e poi scendere, con l'adrenalina che schizza da tutti i pori della pelle. Che senso di libertà!     Emozioni forti, che durano attimi, ma lasciano un segno indelebile.

 

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